Come musicista sono sempre stato talmente scarso e sfigato che non posso nemmeno definirmi ex musicista.
Soprattutto perché, a conti fatti, io continuo comunque a suonare.
Come non lo sapevate?
Certo che si: una prova ed una esibizione a settimana. Cose corte, 5-6 brani al massimo. Ma è raro che si salti.
Non ho più gli orari da rocker, non li reggerei. Ma l'ora dell'aperitivo è perfetta anche per i runner che il giorno dopo si svegliano presto come me (che mi sveglio presto ma non potrei definirmi runner più di quanto non possa definirmi musicista).
Perché suono a messa.
Cosa c'è da ridere?
Siete contro la messa beat? La musica del diavolo durante la liturgia?
Siete atei?
Semplicemente snob?
Beh, se siete atei non ho la pretesa di convertirvi. Ho già da fare al bisogno ad evitare che voi convertiate me.
Se siete contro la messa beat facilmente avete più di 80 anni. Non lo dico per schernirvi, non è intenzione, ma la chitarra in chiesa ha fatto passi da gigante ed ora come ora c'è gente che suona a livelli qualititativi che gli organisti di vent'anni fa si sognavano.
Non io, anche se rispetto anche solo a chi suonava la chitarra venti anni fa non c'è paragone. Se non altro perché 20 anni fa, suonavo già io e non ero bravo come adesso.
Se siete snob, potrebbero anche essere solo cazzi vostri, perché dalla liturgia è nata grande musica, da Bach al Soul, per capirci. E poi vi voglio dire la mia, perché io mica volevo parlare di chitarra in chiesa.
Ultimamente capita di suonare ai funerali.
Fa molto Bregovic, a dire il vero.
Sarà che ci siamo dati al folk ebraico, saranno fisarmonica, violino, corde in nylon e campagna sconfinata, non so, ma pare di essere in un film di Kusturica, mancano solo le galline che girano per casa.
Mi sono sempre chiesto perché Bregovic avesse chiamato il suo gruppo "Wedding and Funeral Band" ma ora inizio a capirlo.
Non so se sarei ingrado di spiegarlo, ma è come se matrimonio e funerale fossero i momenti della vita in cui sei protagonista assoluto. Anche se sei una persona comune. Volendo ci starebbe anche il battesimo, ma è già più prettamente religioso (matrimoni e funerali possono essere anche laici) e poi forse il nome della band diventava troppo lungo.
E la musica è da contorno, da abbellimento, com'è giusto che sia.
In cambio puoi ascoltare le storie, sempre nuove, sempre diverse. Diverse di volta in volta, e spesso diverse dalla realtà. Nei funerali soprattutto, dove a volte sono sempre stati tutti un po' troppo buoni.
E vedere che la gente, in fondo, piange davvero, perché è tutto molto soggettivo: c'è chi piange se muore il bisnonno 140enne e chi resta impassibile anche se gli muore l'amico ventenne. Non è mica detto che soffra di meno.
E vedere che più si invecchia più le persone partecipano con assiduità. Pensavo fosse perché il momento si avvicina ed allora si va ad accompagnare gli altri, sperando che ci sia qualcuno, quando toccherà a noi.
Ma può anche essere che si inizino ad apprezzare le storie.
"Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale", cantava Iannacci. Io ci penso ogni volta, dico sul serio, tra una canzone e l'altra.
Ma non vorrei che si parlasse di me, al mio funerale. Quello che sarò stato avrà senso solo per chi mi ha conosciuto e per tutti gli altri, poco cambierà.
Invece vorrei che raccontassero il senso di tutto questo, di questo impegnarsi per tornare alla polvere tra albe di corsa e tramonti che si spengono in un sonno stanco.
Vorrei che lo spiegassero al mio funerale ed in quel momento, credo, saprò che sarò l'unico a capire fino in fondo e, ridendomela, col cacchio che vi svelo il finale.
venerdì 30 gennaio 2015
martedì 27 gennaio 2015
Eppure deve esserci un modo
Eppure
deve esserci un modo...
Si,
mi sto ancora arrovellando sulla questione della settimana scorsa.
No, non la spalla, che va un po' meglio, grazie a tutti quelli che
hanno manifestato solidarietà, ma la mia voglia di raccontare ai
ragazzi qualche cosa sulla giornata della memoria.
Ho
provato qualche “abbocco”, buttando lì una frase a cena tipo:
“domani è la Giornata della Memoria, certo che è pazzesco quello
che hanno fatto i nazisti nei lager”. Niente continuano a
giochicchiare con il piatto e la minestra.
Eppure
se dici a mezza voce “Certo che la taldeitali è proprio una
grandissima zoccola” immediatamente Marichan parte con “Chi?
Mamma chi? Papà chi? Di chi parlate?”
“Ma
niente, Maria, di una compagna di scuola della nonna che abita
lontano”
Eppure
deve esserci un modo...
Tempo
fa non riuscivo a spiegarmi perché non ci fosse un'inica giornata
della memoria, per le vittime di tutte le dittature e lo incorniciavo
nella solita difficoltà ad elevare lo sguardo al di sopra della
classica divisione “di destra” e “di sinistra” .
Ma
sbagliavo, al netto della politicizzazione che c'è indubbiamente
stata, forse di giorni della memoria ne servirebbero ben di più e
dovrebbero essere così tanti da non riuscire più a distingure la
destra dalla sinistra, proprio come le dittature che, alla fine,
finiscono per assomigliarsi anche se sono partiti da assunti
completamente differenti.
Eppure
deve esserci un modo...
Da
quanto tempo sento parlare della Shoah? Quando ero piccolo
sicuramente non se ne parlava. Credo che non sia mai capitato alle
elementari (poi il ricordo è molto sfumato, se vogliamo lasciare il
beneficio del dubbio). So per certo che per la gita di terza media a
Vienna (ho fatto le scuole in centro, c'erano li ricchi) si era
ipotizzato un passaggio a Mauthausen ma poi non ci si è andati.
C'era la canzone di Guccini, si, che si capiva quasi solo dal titolo,
se nessuno te la spiegava.
E
basta, non ho memoria di giorni della memoria. Quindi, mi dico, se
anche non comincio subito, ora che hanno cinque anni, non può
succedere nulla di male.
Eppure
deve esserci un modo...
Se
nonostante tutto, nonostante siano anni che si vedono film e
documentari, si leggono storie, ancora ci lascia di sale, conoscere
quello che è stato, quello che ancora è in molte parti del mondo e
a volte ho l'impressione che preferiamo pensare all'orrore passato
per non dover affrontare quello presente ma comunque non ci lascia
indifferenti, mai.
Eppure
deve esserci un modo...
Per
quei bimbi là, che sono passati per quei campi ed hanno vissuto la
morte. Saranno riusciti quelle mamme e quei papà a spiegare ai loro
figli tutto quell'atrocità?
Io
non ne sarei capace, sono sincero. Perfino ora, con il culo al caldo,
non riesco a trovare le parole.
venerdì 23 gennaio 2015
Il Monco
Scusami Stratobabbo, che ti trascuro un po'.
Mi auguro tu non me ne voglia, nemmeno per i pensieri più cattivi, che ad un certo punto ho pensato perfino di chiuderti.
No, non di sostituirti, come qualche web-amica ha fatto, proprio chiudere baracca e burattini.
Poi ho pensato che ci conosciamo da quasi quattro anni e qualche settimana di silenzio non poteva essere tutto questo dramma.
Il punto è che scrivo solo se ne ho voglia e, nel caso, se capita di avere tempo. Due condizioni che non sempre capitano in contemporanea.
In più non sto tanto bene, sai?
Ho una spalla che fa malissimo, e da un po' sto facendo delle terapie che portano via un po' di tempo e, per il momento, fanno ancora più male.
Ho un braccio quasi immobilizzato. Mi sembra di essere "Il monco", il personaggio di Sergio Leone interpretato da Clint Eastwood in "Per qualche dollaro in più". La barba c'è, l'iride chiara pure, le rughette attorno agli occhi anche. Come magrezza ci stiamo lavorando.
Manca la pistola da estrarre, unico movimento che il solitario cowboy riusciva a fare con il braccio destro.
Caspita, nemmeno quella soddisfazione.
Meglio: di notte dormo pochissimo per il male, così al mattino non mi alzo per correre e tutto l'insieme mi fa girare i coglioni a pala eolica; meglio non avere una pistola a portata di mano quando lo statod'animo è così.
La cosa peggiore è che è un male da vecchio. Periartrite, pare. E Maria l'abbiamo iscritta alla prima elementare, il tempo passa. Non mi manca quand'era piccola e cicciottella ma mi fa effetto pensare che quei momenti sono passati. Semplicemente passati. Mi consola pensarli vissuti.
L'altra sera ha voluto sapere la storia delle Torri Gemelle e dell'11 settembre.
Tra qualche giorno è il Giorno della Memoria; ho pensato che qualcosa, in qualche modo, mi piacerebbe riuscire a raccontarle.
Ti lascio, Stratobabbo, vado a pensare a come fare. Se funziona, torno a raccontartelo.
Mi auguro tu non me ne voglia, nemmeno per i pensieri più cattivi, che ad un certo punto ho pensato perfino di chiuderti.
No, non di sostituirti, come qualche web-amica ha fatto, proprio chiudere baracca e burattini.
Poi ho pensato che ci conosciamo da quasi quattro anni e qualche settimana di silenzio non poteva essere tutto questo dramma.
Il punto è che scrivo solo se ne ho voglia e, nel caso, se capita di avere tempo. Due condizioni che non sempre capitano in contemporanea.
In più non sto tanto bene, sai?
Ho una spalla che fa malissimo, e da un po' sto facendo delle terapie che portano via un po' di tempo e, per il momento, fanno ancora più male.
Ho un braccio quasi immobilizzato. Mi sembra di essere "Il monco", il personaggio di Sergio Leone interpretato da Clint Eastwood in "Per qualche dollaro in più". La barba c'è, l'iride chiara pure, le rughette attorno agli occhi anche. Come magrezza ci stiamo lavorando.
Manca la pistola da estrarre, unico movimento che il solitario cowboy riusciva a fare con il braccio destro.
Caspita, nemmeno quella soddisfazione.
Meglio: di notte dormo pochissimo per il male, così al mattino non mi alzo per correre e tutto l'insieme mi fa girare i coglioni a pala eolica; meglio non avere una pistola a portata di mano quando lo statod'animo è così.
La cosa peggiore è che è un male da vecchio. Periartrite, pare. E Maria l'abbiamo iscritta alla prima elementare, il tempo passa. Non mi manca quand'era piccola e cicciottella ma mi fa effetto pensare che quei momenti sono passati. Semplicemente passati. Mi consola pensarli vissuti.
L'altra sera ha voluto sapere la storia delle Torri Gemelle e dell'11 settembre.
Tra qualche giorno è il Giorno della Memoria; ho pensato che qualcosa, in qualche modo, mi piacerebbe riuscire a raccontarle.
Ti lascio, Stratobabbo, vado a pensare a come fare. Se funziona, torno a raccontartelo.
venerdì 16 gennaio 2015
Di corsa
Il tempo per scrivere è sempre poco anche perché un po' va via sua altre cose.
Una di queste è un blog in cui io personalmente non ho ancora scritto una riga ma sul quale sto mettendo un po' la testa.
È il blog Folgorante
Nasce dalla voglia di condividere la strada, dove strada è qualsiasi percorso, viaggio o pensiero che ci porti da qualche parte.
Non aspettatevi di trovare tante tabelle di allenamento, tempi e metodi.
C'è solo un po' di vita, quella che ci capita di avere la fortuna di spendere, da soli o in compagnia, facendo quello che ci piace fare: correre o camminare.
Buon fine settimana a tutti e buone corse, di qualsiasi tipo siano.
Una di queste è un blog in cui io personalmente non ho ancora scritto una riga ma sul quale sto mettendo un po' la testa.
È il blog Folgorante
Nasce dalla voglia di condividere la strada, dove strada è qualsiasi percorso, viaggio o pensiero che ci porti da qualche parte.
Non aspettatevi di trovare tante tabelle di allenamento, tempi e metodi.
C'è solo un po' di vita, quella che ci capita di avere la fortuna di spendere, da soli o in compagnia, facendo quello che ci piace fare: correre o camminare.
Buon fine settimana a tutti e buone corse, di qualsiasi tipo siano.
mercoledì 14 gennaio 2015
Curiosity Killed the Cat
Sarà che fa un freddo cane ed i neuroni si rifugiano nelle sicurezze ataviche (chissà se questa frase ha un significato?), sarà che io quando entro in un tunnel non ci esco facilmente ma, dopo aver difeso la pigrizia come un valore, questa settimana elogio la curiosità.
Chi di voi considera la curiosità una virtù?
Io!
Anche se in effetti un sacco di persone la usano in modo improprio.
Mi ricordo l'anziana zitella che portava la spazzatura al cassonetto ogni volta che nel quartiere c'era un movimento inconsueto. Che so? Una macchina diversa parcheggiata in strada davanti alla casa della bella della contrada poteva essere di un potenziale pretendente, un rumore di piatti poteva essere un litigio tra i coniugi del quarto piano e così via.
Credo che le vecchie zitelle impiccione abbiano contribuito sensibilmente al consolidamento della raccolta differenziata: più sacchetti, più giri, più informazioni.
La razza rischia l'estinzione ora che da noi c'è il porta a porta.
Stessa accezione negativa per l'ansia da controllo che porta a controllare i cellulari. Non sputo sentenze perché i miei figli non hanno il cellulare, dio sa se sarò un padre che legge di nascosto i loro sms (scoprirò gran poco se non mi rassegno al fatto che gli sms stanno scomparendo).
Peggio ancora se lo si fa con quello della moglie. Posto che io sono della teoria che è meglio rimanere nell'ignoranza o, se proprio hai dubbio, di chiarirlo in altro modo.
Ma, detto questo, mi stupisce il contrario. La poca curiosità positiva.
Cos'é?
È tipo il colesterolo buono: quella capacità di farsi domande, di cogliere i particolari e chiedersi da dove sono nati.
Siamo anestetizzati da un sacco di stimoli e perdiamo la curiosità.
Se metto un cartello sulla porta non lo legge nessuno.
Non funziona neppure più l'espediente che usò un vecchio compagno di università per ritrovare il suo libro smarrito: "Sesso gratis" scritto in grande e sotto "scusate ho perso il libro, sapete dov'è?"
Oppure leggiamo per strada "non pagare le tasse" su una decina di cartelli e mai che ti venga in mente di andare a leggere a cosa si riferisca.
Così domenica abbiamo fatto un giro, io ed un amico, seguendo delle freccette rosse che vediamo da anni e mai una volta che abbiamo pensato che potessero avere un senso. 25 km per strade conosciute, ma anche sentieri mai fatti ed ora, finalmente noti.
Il secondo augurio che faccio ai miei figli, quando dovessero vincere la pigrizia, è quello di essere curiosi.
Chi di voi considera la curiosità una virtù?
Io!
Anche se in effetti un sacco di persone la usano in modo improprio.
Mi ricordo l'anziana zitella che portava la spazzatura al cassonetto ogni volta che nel quartiere c'era un movimento inconsueto. Che so? Una macchina diversa parcheggiata in strada davanti alla casa della bella della contrada poteva essere di un potenziale pretendente, un rumore di piatti poteva essere un litigio tra i coniugi del quarto piano e così via.
Credo che le vecchie zitelle impiccione abbiano contribuito sensibilmente al consolidamento della raccolta differenziata: più sacchetti, più giri, più informazioni.
La razza rischia l'estinzione ora che da noi c'è il porta a porta.
Stessa accezione negativa per l'ansia da controllo che porta a controllare i cellulari. Non sputo sentenze perché i miei figli non hanno il cellulare, dio sa se sarò un padre che legge di nascosto i loro sms (scoprirò gran poco se non mi rassegno al fatto che gli sms stanno scomparendo).
Peggio ancora se lo si fa con quello della moglie. Posto che io sono della teoria che è meglio rimanere nell'ignoranza o, se proprio hai dubbio, di chiarirlo in altro modo.
Ma, detto questo, mi stupisce il contrario. La poca curiosità positiva.
Cos'é?
È tipo il colesterolo buono: quella capacità di farsi domande, di cogliere i particolari e chiedersi da dove sono nati.
Siamo anestetizzati da un sacco di stimoli e perdiamo la curiosità.
Se metto un cartello sulla porta non lo legge nessuno.
Non funziona neppure più l'espediente che usò un vecchio compagno di università per ritrovare il suo libro smarrito: "Sesso gratis" scritto in grande e sotto "scusate ho perso il libro, sapete dov'è?"
Oppure leggiamo per strada "non pagare le tasse" su una decina di cartelli e mai che ti venga in mente di andare a leggere a cosa si riferisca.
Così domenica abbiamo fatto un giro, io ed un amico, seguendo delle freccette rosse che vediamo da anni e mai una volta che abbiamo pensato che potessero avere un senso. 25 km per strade conosciute, ma anche sentieri mai fatti ed ora, finalmente noti.
Il secondo augurio che faccio ai miei figli, quando dovessero vincere la pigrizia, è quello di essere curiosi.
venerdì 9 gennaio 2015
Pigro, come un gatto e di più
"Non è facile rendersi conto che la propria madre è una persona poco intelligente" mi ha detto tanti anni fa il figlio di una signora che sguivo per lavoro.
Si chiama consapevolezza.
Tra tutte le fortune che so di avere avuto nella vita c'è anche questa, sapere che i miei genitori non mi hanno "tradito", nel senso che tali pensavo che fossero e tali si sono sempre rivelati, mostrandomi anche il mondo esattamente per come è o, per lo meno, per come lo vedevano loro, in maniera molto onesta.
Certo, c'era un certo bisogno di apparire e di salvare la faccia quando c'era il confronto con i figli degli amici (nessuno dei quali è stato bocciato a scuola, tanto per dirne una) ma con una sorta di orgoglio filiale ho sempre apprezzato la sofferenza silenziosa di mia madre e di mio padre che non mi hanno mai rinnegato per non essere il figlio che forse si aspettavano (anche come scelte di vita) e che sicuramente aveva disatteso le aspettative degli inizi.
In cuor mio, mi auguro che il tempo abbia dato loro ragione.
Ma se sono quello che sono, dico, non è per merito mio.
Oggi in radio parlavano di occasioni perse e la maggior parte di chi interveniva telefonando, parlava di storie amorose non realizzate.
Cristo santo, ho pensato, potrei chiamare e tenerli al telefono una mezz'ora.
E mi sono ricordato di quella ragazza della quarta G che, di ritorno dalla serata danzante durante la gita scolastica a Siena (avevamo perso l'autobus del rientro) mi aveva tenuto per mano per tutto il tempo. Era buio ed io nemmeno ricordo che faccia avesse. Onestamente forse non mi ha detto neppure il nome. Ma se oggi avesse chiamato dicendo che aveva tenuto per mano un ragazzotto per dieci km e questo pirla nemmeno l'aveva guardata, le avrei dato ragione (sul pirla).
Poi quella volta, sempre in gita scolastica, dove un gruppo di compagni rubò da uno scatolone delle magliette dell'Università di Ferrara. Quando gliele vidi indosso chiesi se ne avevano presa una in più e loro mi dissero, vattela a prendere. Non ci andai. Per paura, credo.
Fatto sta che sono stati beccati un attimo dopo e ricordo con lo stesso disagio di allora, gli occhi del prof di inglese che diceva: "Gaetano, e tu? Sicuro?"
Ed io non avevo rubato niente ma glielo avrei detto che se Andrea ne avesse rubata una in più sarei stato colpevole tanto quanto lui.
Poi a pensarci Andrea ha due lauree e anche gli altri non hanno passato la vita in riformatorio.
Ho saputo anni dopo che i professiori mi hanno sempre considerato colpevole e che nella mia bocciatura di quell'anno c'era anche la frustrazione per non avermi beccato con le mani nel sacco.
Se fosse vero, e le insufficienze che avevo non hanno aiutato, e posto che non ho nessun tipo di rimpianto, ho pagato decisamente più di quella che era la mia colpa. Un po' come se mia moglie mi mollasse perché penso che la sua amica potrei trombarmela.
Però, insomma, sono tutti episodi che in qualche modo hanno determinato il mio futuro (che poi è il presente).
Non ho mai rubato nulla, non mi sono mai fumato una canna, non ho mai tradito mia moglie.
Ma non mi considero virtuoso. Penso di essere pigro, soprattutto. O forse, a voler darsi un tono a tutti i costi, non le ho mai considerate cose importanti al punto di alzarsi dal divano per farle.
Oggi come oggi, l'unico valore che vorrei trasmettere ai miei figli è la pigrizia.
Buon week end a tutti
Si chiama consapevolezza.
Tra tutte le fortune che so di avere avuto nella vita c'è anche questa, sapere che i miei genitori non mi hanno "tradito", nel senso che tali pensavo che fossero e tali si sono sempre rivelati, mostrandomi anche il mondo esattamente per come è o, per lo meno, per come lo vedevano loro, in maniera molto onesta.
Certo, c'era un certo bisogno di apparire e di salvare la faccia quando c'era il confronto con i figli degli amici (nessuno dei quali è stato bocciato a scuola, tanto per dirne una) ma con una sorta di orgoglio filiale ho sempre apprezzato la sofferenza silenziosa di mia madre e di mio padre che non mi hanno mai rinnegato per non essere il figlio che forse si aspettavano (anche come scelte di vita) e che sicuramente aveva disatteso le aspettative degli inizi.
In cuor mio, mi auguro che il tempo abbia dato loro ragione.
Ma se sono quello che sono, dico, non è per merito mio.
Oggi in radio parlavano di occasioni perse e la maggior parte di chi interveniva telefonando, parlava di storie amorose non realizzate.
Cristo santo, ho pensato, potrei chiamare e tenerli al telefono una mezz'ora.
E mi sono ricordato di quella ragazza della quarta G che, di ritorno dalla serata danzante durante la gita scolastica a Siena (avevamo perso l'autobus del rientro) mi aveva tenuto per mano per tutto il tempo. Era buio ed io nemmeno ricordo che faccia avesse. Onestamente forse non mi ha detto neppure il nome. Ma se oggi avesse chiamato dicendo che aveva tenuto per mano un ragazzotto per dieci km e questo pirla nemmeno l'aveva guardata, le avrei dato ragione (sul pirla).
Poi quella volta, sempre in gita scolastica, dove un gruppo di compagni rubò da uno scatolone delle magliette dell'Università di Ferrara. Quando gliele vidi indosso chiesi se ne avevano presa una in più e loro mi dissero, vattela a prendere. Non ci andai. Per paura, credo.
Fatto sta che sono stati beccati un attimo dopo e ricordo con lo stesso disagio di allora, gli occhi del prof di inglese che diceva: "Gaetano, e tu? Sicuro?"
Ed io non avevo rubato niente ma glielo avrei detto che se Andrea ne avesse rubata una in più sarei stato colpevole tanto quanto lui.
Poi a pensarci Andrea ha due lauree e anche gli altri non hanno passato la vita in riformatorio.
Ho saputo anni dopo che i professiori mi hanno sempre considerato colpevole e che nella mia bocciatura di quell'anno c'era anche la frustrazione per non avermi beccato con le mani nel sacco.
Se fosse vero, e le insufficienze che avevo non hanno aiutato, e posto che non ho nessun tipo di rimpianto, ho pagato decisamente più di quella che era la mia colpa. Un po' come se mia moglie mi mollasse perché penso che la sua amica potrei trombarmela.
Però, insomma, sono tutti episodi che in qualche modo hanno determinato il mio futuro (che poi è il presente).
Non ho mai rubato nulla, non mi sono mai fumato una canna, non ho mai tradito mia moglie.
Ma non mi considero virtuoso. Penso di essere pigro, soprattutto. O forse, a voler darsi un tono a tutti i costi, non le ho mai considerate cose importanti al punto di alzarsi dal divano per farle.
Oggi come oggi, l'unico valore che vorrei trasmettere ai miei figli è la pigrizia.
Buon week end a tutti
mercoledì 7 gennaio 2015
L'alba di un nuovo anno
Finalmente
si torna a lavorare.
No
no, guardate, non voglio fare quello che la casa e la famiglia lo
asfissiano, perché non è proprio così.
È
che ci siamo fatti una settimana buona da reclusi per via di
influenze varie che hanno colpito tutti tranne me e non è che ci
siamo goduti proprio le ferie. Praticamente dalla vigilia di Natale
fino al primo dell'anno c'è stato in casa qualcuno di malato, con
picchi di 5 persone (abbiamo adottato mio cognato con 40 di febbre
per qualche giorno).
Sicché
alla fine di giorni buoni ce ne sono stati pochi pochi e al massimo
ci siamo concessi qualche passeggiata.
Io
invece sono riuscito a correre molto, anche in orari umani, che ogni
tanto vedere bene dove si appoggiano i piedi non è neppure una
brutta cosa, perché il lebbrosario dalle 13,30 alle 16 era tutto a
letto e potevo andare a zompettare allegro in giro per la collinetta
e gli argini.
Su
twitter mi lasciavo andare ad un'esternazione poco costruttiva: meno
male che è arrivato il 2015 perché tutta la merda, oramai, nel 2014
non ci stava più.
Non
sono mai stato bravo a fare bilanci di fine anno e credo che non ne
valga nemmeno la pena. Ci sono date da ricordare perché si ha voglia
e date che non te le scordi neppure se vuoi. Ci sono eventi belli ed
eventi brutti, nemmeno questo si può cambiare e neppure prevedere
più di tanto. In entrambi i casi possono cambiarti la vita per
qualche istante, per alcuni giorni o per tutta la vita. Nel bene e
nel male.
Ai
propositi credo ancora meno.
Non amo particolarmente Roberto Albanesi
(runner un po' troppo sgureggione per i miei gusti) ma ho apprezzato
il suo twit di auguri: “I sogni aiutano a rimanere nella
mediocrità, sono gli obiettivi che ti fanno andare avanti”. È
vero!
Anche
le scadenze, però, almeno nel mio caso, anche se le rincorro, più
che altro, soprattutto al lavoro.
Gli
unici obiettivi che provo a darmi sono sulla corsa, giusto per
trovare le energie e la motivazione per saltare giù dal letto mentre
fuori è ancora buio e per terra è tutto ghiacciato.
MI
faccio bastare questo.
In
ogni caso non avrei neppure grandi sogni da proporre, se non un
auspicio che il tempo non stringa troppo velocemente la borsa per
nessuna delle persone che ho più care. Ma è un auspicio fragile
sulla quale nulla posso e possiamo.
Buon
anno in ritardo, a tutti.
Alba vista dal colle vicino a casa |
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