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venerdì 5 aprile 2013

Kovic


Se esce un po' di sole, la moglie lo porta sempre allo stesso posto: di fianco a quella panchina sul viale alberato. Credo che gli piaccia guardare le macchine che passano, salutare la gente e, se qualcuno si ferma, e qualcuno ogni tanto si ferma, raccontargli qualche storia incomprensibile. Perchè anni fa “el ga fato on itus” che si è portato via l'uso delle gambe e gran parte delle parole.
Le pie donne del paese dicono che il male glielo ha mandato il Signore come punizione per le innumerevoli eresie che soleva pronunciare. 
Ma evidentemente il Signore non è dotato di strumenti di precisione, oppure era un pezzo che non si cimentava con le maledizioni perchè le bestemmie sono l'unica cosa ancora intelleggibile in quell'eloquio tutto smozzicato e sputazzoso.
Non conosco la sua storia ma a me, a vederlo così, in carrozzina, con quei folti baffi, i lunghi capelli bianchi racconti in una coda di cavallo ed il cappellino sempre in testa, ricorda un reduce del Vietnam
Ho scoperto da poco il suo vero nome; io l'ho sempre chiamato Kovic.
E così, ad una prima e superficiale impressione, mi sta simpatico.
Non mi sono mai fermato a chiaccherare, perchè per lui sono uno sconosciuto, ma lo saluto sempre, sia quando passo in bici che quando la mia corsa incrocia quel viale. E lui ricambia sorridendo.

L'altro giorno siamo passati in passeggiata con i bimbi e lui era lì, al solito posto, come un guardiano. Maria ha tolto incerta la mano dal manubrio per ricambiare il saluto. Jack invece si è messo a piangere disperato e per poco non finiva in mezzo alla strada nel tentativo di evitarlo.
Silver ed io ci siamo vergognati tantissimo della scenata e ci siamo allontanati in fretta.
Ma per tornare a casa era necessario ripassare per lo stesso posto e Jack non ne voleva sapere di risalire in bicicletta.
Così ho iniziato a raccontargli la storia del “Nono Bepi”, il papà del nonno.
Anche lui era in carrozzina perchè aveva male alle gambe. Ed era sempre vicino alla finestra, che guardava le macchine che passavano e mi diceva “Bocia, portame na cica”. Ed era buono e mi ha regalato la bicicletta.
E Jack, titubante è risalito sul suo “cavallo” ed ha ripreso la via di casa. E anche se, poco prima di girare l'angolo e trovarselo davanti si è visibilmente irrigidito ed ha rallentato la sua già potente pedalata, ha continuato a dire che voleva salutarlo. 
Sfortunatamente Kovic era rientrato a casa, la moglie aveva buttato la pasta e se l'era venuta a riprendere.
Ed ora piove, e sono 4 giorni che aspettiamo il nostro saluto
"Dov'è Kovic? Ciao Kovic” dice Jack ogni mattina guardando fuori dalla finestra della sua cameretta.

Questo post cade proprio a fagiuolo perchè gli amici di PescePirata stanno promuovendo questa che è, secondo me, una bella iniziativa culturale, oltre che un concorso letterario.
Non essendo all'altezza di partecipare, faccio quanto posso per promuoverla.