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mercoledì 5 dicembre 2012

Caro Babbo Natale

Sempre così deve iniziare la lettera a Babbo Natale.
Io personalmente non l'ho mai scritta. Dirò la verità: non credo di aver mai creduto veramente a Babbo Natale. D'altro canto, quando ero piccolo (arridaje che parte con la lagna de “ai miei tempi”) non esiteva Babbo Natale. Fisicamente, dico, lo si vedeva in tv, non capitava mai di incrociarlo per strada, alla Standa o al vivaio. Forse non c'era nemmeno il vivaio concepito come oggi, con il mercatino di Natale e tutto il resto.
Nemmeno i mercatini di Natale c'erano. Forse in Alto Adige. Ma noi non ci s'andava mai.
Anche le luci, ricordo, hanno iniziato a metterle in paese che già ero grandicello. Una cosa tristissima ad ogni modo: il negozio pagava il comune per la sua decorazione che veniva appesa sopra la strada davanti alla vetrina. Solo che c'erano tipo tre negozi, l'uno a 150 metri dall'altro. Immaginatevi voi che Ville Lumiere.
Adesso invece, ammesso che un bimbo ci creda davvero, Babbo Natale probabilmente può passare per l'unica entità al mondo con un comprovato dono dell'ubiquità. È ovunque.
E nell'epoca del risparmio energetico ci sono delle luminarie che potrebbero fare notare da Marte anche il paese più sperduto e sfigato della val di qua*.
Anche i mercatini, con tanto di capanna in stile tirolese, si possono trovare, credo, perfino di fianco al chiosco di piadine di Cesenatico.
A casa nostra il Natale si fa sentire, eccome.
Per la prima volta in vita mia abbiamo fatto il presepe in novembre. Due sabati fa. Pioveva e vaffanculo.
In compenso ha continuato a piovere per tutta la settimana successiva; grazie tante, gli altri anni si e no che si riuscisse ad allestire qualcosa per la vigilia.
I bimbi erano entusiasti e l'hanno personalizzato a modo loro: sembra che qualcuno abbia fatto un attentato con il gas nervino a Betlemme.
L'albero, invece, è inspiegabilmente salvo.
Poi c'è il Santa Claus che ha preso il posto del lupo nelle minacce dei nonni: “Guarda che se non mangi Babbo Natale non ti porta la chitarra”. “ll Bouzouki, allora!” ha risposto Jack dal suo imperturbabile sorriso cicciottello.
Quest'anno abbiamo anche il Carro di Babbo Natale dei genitori dell'Asilo che gira per il paese nottetempo (verso le 7 di sera) a cantare la Stella e raccoglie offerte pro. 
“El Caro dea Stea” come si dice qui.
L'abbiamo sempre scampata gli anni scorsi. Avevamo la scusa dei bimbi troppo piccoli, della distanza, del gomito che a contatto col piede. 
Quest'anno però bisogna. 
A turno i papà fanno i Babbo Natale (potranno credere a Babbo Natale i bimbi se a turno lo vedono fare da tutti i papà? Mah?). 
El Caro è un misto di sacro e profano con i Babbi rossovestiti e le maxi statue di Gesù, Maria ed un inedito Giuseppe fresco fresco di una seduta di peeling, imberbe e figaccione.
Ieri sera abbiamo fatto la prima uscita. Verso la fine del giro, i bimbi sul carro, Silver si è scapicollata contro il marciapiede.
Trauma contusivo del piede destro con microfrattura particellare dello scafoide tarsale. 12 giorni di prognosi e bendaggio rigido all'ossido di zinco.
Ci è costato... Caro il mio Babbo Natale

* espressione relativista per indicare la nostra valle in contrapposizione a quella che sta “di là”

Questo post partecipa al blogstorming di Genitori Crescono

lunedì 26 marzo 2012

Il Sacro RAL (capitolo 1)

Siamo tornati dal pomeriggio Week End benessere col botto.
Il botto in particolare è stato quello che ha fatto Marichan cadendo dall'altalena circa 10 minuti dopo che eravamo rientrati. Ci ha quasi lasciato i denti, ha perso un bel po' di sangue, non ha pranzato, tutta scossa dal pianto com'era, ha avuto il labbro superiore che per tutto il pomeriggio sembrava quello di Bart Simpson e ha vanificato in mezz'ora gli effetti del massaggio antistress, della sauna e del paio di pasti in solitaria che ci eravamo davvero gustati.
Pazienza.
Poi in serata la gengiva si è rimarginata, i denti hanno smesso di ballare ed è tornato il buonumore. 

Ci siamo ributtati sul lavoro e sulla casa.
In particolare voglio lanciare un concorso di idee
L'ingegnere che ci segue è davvero bravo e disponibile ed ha ottimizzato gli spazi alla grande.
Ad esempio ha pensato di creare un'apertura sul muro del bagno al primo piano e di andare a posizionare il box doccia in uno spazio "morto": un pezzetto del pianerottolo. Sulla carta ci era sembrato geniale.
Ora però ci accorgiamo che, per non coprire le travi a vista che sono la chicca del piano superiore, il "vano" doccia risulta, dalle scale, uno scatolone di due metri per uno. Un ascensore, praticamente.
Posterò una foto, appena posso.
L'umanità ha problemi più grandi, ed anche io... e mi occupo di questo proprio per non pensare al resto.
Per mitigare l'impatto visivo l'inge ha pensato di mettere delle luci sopra che illuminino i travi (o le travi? Mah!)
Silver ha suggerito, invece, di valorizzarlo con uno specchio.
Poi abbiamo pensato: certe cose, invece che nasconderle, bisogna sbatterle in faccia al mondo.
Allora ci sono venute due idee:
1. Lo coloriamo come un gigantesco cubo di Rubik
2. Disegniamo una cabina telefonica inglese, quelle rosse, e poi tutte le pareti delle scale con i poster dei Rolling Stones, i Beatles, i Led Zeppelin... qualche vinile. Magari anche le chitarre appese al muro (così Silver non se le trova sempre tra i piedi in camera)
Vediamo chi fa meglio, dai... stupitemi