Sempre
così deve iniziare la lettera a Babbo Natale.
Io
personalmente non l'ho mai scritta. Dirò la verità: non credo di
aver mai creduto veramente a Babbo Natale. D'altro canto, quando ero
piccolo (arridaje che parte con la lagna de “ai miei tempi”) non
esiteva Babbo Natale. Fisicamente, dico, lo si vedeva in tv, non
capitava mai di incrociarlo per strada, alla Standa o al vivaio.
Forse non c'era nemmeno il vivaio concepito come oggi, con il
mercatino di Natale e tutto il resto.
Nemmeno
i mercatini di Natale c'erano. Forse in Alto Adige. Ma noi non ci
s'andava mai.
Anche
le luci, ricordo, hanno iniziato a metterle in paese che già ero
grandicello. Una cosa tristissima ad ogni modo: il negozio pagava il comune per
la sua decorazione che veniva appesa sopra la strada davanti alla
vetrina. Solo che c'erano tipo tre negozi, l'uno a 150 metri
dall'altro. Immaginatevi voi che Ville Lumiere.
Adesso
invece, ammesso che un bimbo ci creda davvero, Babbo Natale probabilmente può passare per l'unica entità al mondo con un
comprovato dono dell'ubiquità. È ovunque.
E
nell'epoca del risparmio energetico ci sono delle luminarie che
potrebbero fare notare da Marte anche il paese più sperduto e
sfigato della val di qua*.
Anche
i mercatini, con tanto di capanna in stile tirolese, si possono
trovare, credo, perfino di fianco al chiosco di piadine di Cesenatico.
A
casa nostra il Natale si fa sentire, eccome.
Per
la prima volta in vita mia abbiamo fatto il presepe in novembre. Due
sabati fa. Pioveva e vaffanculo.
In
compenso ha continuato a piovere per tutta la settimana successiva; grazie tante, gli altri anni si e no che si riuscisse ad allestire
qualcosa per la vigilia.
I
bimbi erano entusiasti e l'hanno personalizzato a modo loro: sembra
che qualcuno abbia fatto un attentato con il gas nervino a Betlemme.
L'albero,
invece, è inspiegabilmente salvo.
Poi
c'è il Santa Claus che ha preso il posto del lupo nelle minacce dei
nonni: “Guarda che se non mangi Babbo Natale non ti porta la
chitarra”. “ll Bouzouki, allora!” ha risposto Jack dal suo
imperturbabile sorriso cicciottello.
Quest'anno
abbiamo anche il Carro di Babbo Natale dei genitori dell'Asilo che
gira per il paese nottetempo (verso le 7 di sera) a cantare la Stella
e raccoglie offerte pro.
“El Caro dea Stea” come si dice qui.
L'abbiamo
sempre scampata gli anni scorsi. Avevamo la scusa dei bimbi troppo
piccoli, della distanza, del gomito che a contatto col piede.
Quest'anno però bisogna.
A turno i papà fanno i Babbo Natale
(potranno credere a Babbo Natale i bimbi se a turno lo vedono fare da tutti i
papà? Mah?).
El Caro è un misto di sacro e profano con i Babbi
rossovestiti e le maxi statue di Gesù, Maria ed un inedito Giuseppe
fresco fresco di una seduta di peeling, imberbe e figaccione.
Ieri
sera abbiamo fatto la prima uscita. Verso la fine del giro, i bimbi
sul carro, Silver si è scapicollata contro il marciapiede.
Trauma
contusivo del piede destro con microfrattura particellare dello
scafoide tarsale. 12 giorni di prognosi e bendaggio rigido all'ossido
di zinco.
Ci
è costato... Caro il mio Babbo Natale
*
espressione relativista per indicare la nostra valle in
contrapposizione a quella che sta “di là”
Questo
post partecipa al blogstorming di Genitori Crescono