Sto imparando a rivalutare le domande invece che le risposte.
Dubito delle risposte. Dubito di chi ha troppe risposte: o millanta o si nasconde.
La domanda è più pericolosa ma è più sincera.
Può essere usata come pippa mentale, come fumo negli occhi, per evitare un'altra domanda.
Ma la domanda giusta è la mappa che ti guida in ogni giornata.
"Perchè mi devo alzare?" o "Per chi mi devo alzare?"
"Troverò?" o "Saprò cercare?"
Perchè ho iniziato questo post così? Mah... forse questa è una pippa.
Sarà che la notte è stata fottuta da "l'esplosione" dell'impianto idraulico.
Ok, non era tutto l'impianto idraulico, solo un vaso di espansione. Però è uscita un sacco di acqua.
Va ben, non è nemmeno esploso, ha iniziato a sputare che pareva un capodoglio con la diarrea e in 5 secondi mi ha completamente lavato mentre cercavo di chiudere l'acqua.
Ok, non era tutta la notte, all'una eravamo a letto... l'autore non può colorare un po' la realtà?
Stavo tranquillizzando Marichan che si era svegliata e mi fa:"Dov'è la mamma?"
"Tranquilla, amore, senti che la mamma sta facendo la doccia?"
Scendo e trovo Silver dove l'avevo lasciata: a studiare in cucina. "Non ti stavi facendo la doccia, cara?" (il cara lo aggiunto ora, mica che a casa siamo tutti così cicci-coccò)
"Non la stavi facendo tu"
Santi e madonne a profusione
Apro la porta del garage e mi arriva un gavettone.
Il resto più o meno l'ho descritto prima.
Stamane all'alba sembravamo una famiglia di campeggiatori: asciugamano in spalla e spazzolino in mano, faccia incartapecorita per attraversare il cortile e lavarsi in lavanderia dai suoceri.
L'idraulico è passato prima. Io non ero a casa. Passate di qui domani, se sentirete odore significa che non è riuscito a riparare l'impianto.
giovedì 27 settembre 2012
martedì 25 settembre 2012
Mia madre non aveva poi sbagliato a dir che un laureato...
conta
più di un cantante.
Cantava
il burattinaio di parole perdendosi nel primo sole.
Ma
anche i grandi poeti, per efficacia del messaggio, per necessità di
sintesi, devono lasciare al lettore/ascoltatore un margine di
interpretazione.
Guccini,
secondo me, ha omesso il verso successivo perchè altrimenti non
sarebbe riuscito a far entrare nell'album l'intera canzone. Ha tolto
la parte dove spiega che, più ancora del laureato, contano gli
elettricisti, l'idraulico e il falegname.
Non
dite che non è vero. È sufficiente passare la domenica a montare i
paletti per le tende per rendersi conto che quei cinque/sei anni
della nostra vita non vi hanno insegnato nulla di fondamentale per la
sopravvivenza dell'umanità.
Vi
siete mai chiesta il perchè del successo dell'Ikea? Vasto
assortimento? Prezzi imbattibili? Fine design? Ampio parcheggio?
Convenienza? No!
Nulla
di tutto questo. Non per gli uomini, per lo meno. Vi siete mai
chieste, voi donne, perchè il vostro compagno vi porti sempre
volentieri ad acquistare dagli svedesi?
Ve
lo dico io: in quei nomi così poco romantici c'è il richiamo della
foresta. Quella brugoletta insignificante, quelle viti a stella, quel
fottuto manuale di istruzioni riposizionano il maschio in una
dimensione ancestrale di superiorità fallocrate: Ho montato Svenka!
Ma
è effimero. È come il Viagra: ti sei divertito ma sotto sotto sai
che non è proprio tutto merito tuo. Inspiegabilmente, però, le
donne solo raramente si cimentano e, salvo casi eccezionali,
dichiarano di non riuscire a montare i mobili Ikea. Donne, credeteci,
ce la potete fare. Il mobile Ikea segnerà l'emancipazione femminile
di questi anni 10. Unite al grido di “Bjiorne è mio e me lo monto
io”
Ma
quando si fa sul serio sono in pochi a non calare le braghe. Io le
calo, ad esempio.
Ieri
però sono riuscito a montare i paletti delle tende nelle camere dei
bimbi. E ci sono riuscito nonostante il gradevole mantra di Silver
che non mancava di sottolineare ogni leggera defaillance con un
simpatico “Non te si bon”.
Certo,
anche l'osservatore più distratto si sarebbe accorto che nel piano
di studi universitari non c'era l'esame di “Valutazione della punta
da trapano” o di “Pianificazione di inteventi in quota (sulla
scala)”. Ma è il risultato che conta. O no?
La
mia tecnica comunque, nonostante una certa difficoltà iniziale, esce
alla distanza: fatti i buchi, posizionati i supporti e assicuratisi
che il paletto sia “in bolla” non resta che fissare le viti.
Autofilettanti da legno. Mi piace avvitarle a mano, scandendo ogni
colpo di cacciavite con un “Puttana”. Fatelo anche voi. Vi
sembrerà che i paletti si montino da soli.
giovedì 20 settembre 2012
Avevo promesso...
di postare anche un filmatino sul primo piano della casa.
Non è facile fare 30 secondi di riprese con un audio non inquinato da urli, per cui bisogna un po' accontentarsi.
Anche del fatto che si fanno le scale e tutte le finestre di sopra sono chiuse (per cui serve stoppare il filmato) bisogna accontentarsi.
Insomma, forse scrivo meglio di Moccia ma come regista sono pari pari.
si nota il famoso box doccia protagonista di un concorso di idee lanciato tempo fa (idee tutte bocciate dal progettista, mannaggia a lui)
Poi le camere.
Insomma ecco.
Non volevo tirarla troppo in lungo. Mi sembrava giusto far vedere tutto. Anche perchè era abbastanza in ordine e valeva la pena approffittarne
Non è facile fare 30 secondi di riprese con un audio non inquinato da urli, per cui bisogna un po' accontentarsi.
Anche del fatto che si fanno le scale e tutte le finestre di sopra sono chiuse (per cui serve stoppare il filmato) bisogna accontentarsi.
Insomma, forse scrivo meglio di Moccia ma come regista sono pari pari.
Poi le camere.
Non volevo tirarla troppo in lungo. Mi sembrava giusto far vedere tutto. Anche perchè era abbastanza in ordine e valeva la pena approffittarne
martedì 18 settembre 2012
Scampoli...
In
questo post uso dei nomi di fantasia ma me possino cecà se i fatti
non sono veri.
La
settimana scorsa si parlava di andare a scuola ed io proponevo delle
idee romantiche su come sarebbe bello recuperare alcune belle
abitudini di una volta.
Sapete
che non sono un paladino del “si stava meglio quando si stava
peggio” anzi... la storia di oggi vorrebbe confermare proprio
questo. O forse no.
Alle
elementari uno dei miei migliori amici era Bepi.
Bepi
viveva in una casa in mezzo ai campi, un paio di chilometri fuori dal
paese (che già non è che fosse sta metropoli). Un posto
meraviglioso si direbbe ora. In tanta mona*, si diceva all'epoca.
Assieme
ad altri ragazzi che abitavano lungo la stessa strada Bepi partiva
tutte le mattine in bici, anche quando pioveva, a volte, e veniva a
scuola da solo.
Per
arrivare in paese doveva farsi almeno un chilometro di strada non
illuminata, con il ciglio cedevole (così recitavano i cartelli) e
talmente stretta che due macchine, incrociandosi, avrebbero dovuto
rallentare per evitare di incocciare gli specchietti.
C'erano
fossi alti parte per parte. I furgoncini ed i camion non potevano
passare ma non era raro che Bepi arrivasse a scuola bagnato o sporco
perchè qualche deficiente con il furgoncino decideva di accorciare
il viaggio mandando lui ed i compagni di viaggio a farsi una nuotata
assieme ai sorse**
Quando
andavamo a trovarlo in bici, per tornare a casa, la mamma gli
diceva:”Giuseppe accompagna a casa tu i tuoi amici che loro non
sono pratici della strada” (dei bambini di otto anni con un
babysitter coetaneo)
Bepi
aveva un vicino che era una specie di eremita pazzo. Tagliava l'erba
con la falce, nudo, con solo le pudenda coperte da un sacco di
mangime per le galline. Se il pallone finiva nel suo campo, solo Bepi
poteva andarlo a riprendere. Sennò ti lanciava dietro il forcone.
Bepi
non era bravo a scuola. Faceva un sacco di errori. Probabilmente ora
direbbero che era dislessico. Ma la nostra vecchia maestra Maria,
siciliana doc, non ha mai fatto pesare questa cosa a nessuno. Bepi
sapeva un sacco di altre cose: quando vanno in calore i conigli, dove
le rane andavano a deporre le uova, quanto tempo ci mette una mucca a
partorire, quando è ora di tagliare il grano. E lo sapeva anche se i
suoi non erano contadini. La maestra gli chiedeva di portare a scuola
queste cose e Bepi non era lo sfigato dislessico, era un fico.
Bepi
non aveva il papà e nemmeno il telefono. Per andare a giocare a casa
sua ci si metteva d'accordo alla mattina e le mamme si fidavano. Una
volta ho detto a mia mamma che ero d'accordo con Bepi di andare a
casa sua e lei mi ci ha portato, anche se non era vero. Lui ha retto
il gioco e ci siamo divertiti un sacco.
I
giochi erano incredibili: andare lontano in mezzo i campi, fino alla
recinzione dell'autostrada e poi attraversarla da sotto, dentro al
tupo di scolo dell'acqua.
Catturare
le rane, lanciarle forte contro il muro di casa. Vinceva chi faceva
la macchia più grande.
Una
volta abbiamo preso delle trote e le abbiamo messe nella vasca (el
lavandaro) che c'era sull'aia di casa. Poi Bepi è uscito con una
prolunga elettrica con i fili spellati e l'ha gettata nell'acqua. È
partita una specie di bomba. Le trote galleggiavano a pancia
all'aria. Bepi fortunatamente si è alzato.
Qualche
settimana fa ci siamo reincontrati dopo tantissimo tempo. Ero in bici
con i piccoli nella zona di casa sua e lui era a spasso con il suo
bambino ed il cane. Ha sistemato la casa dei genitori ed è tornato a
vivere lì, con la famiglia. “Chi era quel bel ragazzo?” mi ha
chiesto Silver dopo che ci eravamo salutati. “Quello è Bepi” ed
è ancora un fico.
* in tanta mona: (dialettale) luogo lontano e difficilmente raggiungibile.
** Sorse: (ricordate che la seconda s si pronuncia come quella di josè): sorci, pantegane.
giovedì 13 settembre 2012
Invicta mia
Ieri sono iniziate le scuole.
È pazzesco come questo sia un giorno speciale per tutti, anche per chi non ha figli o per chi ce li ha piccoli ed è già qualche settimana che si è ripreso con l'asilo.
Per strada c'è il delirio: macchine parcheggiate in doppia fila, cappannelli di persone che si salutano dopo tre mesi davanti ai cancelli, nonni vigili (nel senso del servizio di attraversamento, non di nonni svegli) che hanno lavato e stirato il gillet arancione.
Ci sarebbe da scrivere un libro sulla fenomenologia del genitore-accompagnatore di bambino a scuola.
C'è il classico, è quasi stereotipo, genitore (di solito si dice mamma col suv ma sappiamo bene che non è solo la donna e nemmeno solo il suv) che se potesse entrerebbe in classe con la macchina. E se c'è la fila per entrare in classe scandisce l'attesa a colpi di clacson. L'anno scorso mi è capitato di trovarmi in coda davanti alle scuole: un senso unico con ciclabile/pedonale sul lato passeggero. Ora: se faccio scendere i bimbi a destra e gli faccio fare 20 metri a piedi, cosa succederà mai? No, sembrava una catena di montaggio, tipo "Tempi Moderni": ogni macchina avanzava un metro, si posizionava davanti al cancello, faceva scendere il pargolo, chiudeva la portiera e ripartiva. E via così.
Poi c'è il Pedibus: iniziativa egregia, a mio modo di vedere. Ma poco attuabile dove abito ora che le case sono sparse e per arrivare a scuola ci sono i chilometri. Poi gli istituti comprensivi eliminano le scuole delle frazioni e quelli per andare a scuola a piedi devono partire alla cinque di mattina. Ai miei tempi facevamo il pedibus. Da soli, però ,senza genitori. Qualcuno lo lascia fare ancora, ho visto. Spero che resistano.
Poi c'è il genitore biker: caschetto, valigetta e almeno due figli con bici davanti. Se ci sono le ciclabili credo che sia la soluzione migliore... Anche qui, io spero sempre che ci sia ancora la possibilità per i ragazzi di trovare degli spazi di autonomia. Non dico che debbano fare come T, il mio amico che partiva in bici, assieme ad altri sventurati, dalla campagna più selvaggia per arrivare alla scuola elementare**.
Però nemmeno che si arrivi alle superiori senza mai essere partiti una volta da casa da soli con la cartella sulle spalle, per dio.
Ma mi veniva da lanciare un'idea. Incentiviamo il risparmio energetico, l'aria pulita e l'utilizzo dei mezzi pubblici o, se proprio no, almeno il car sharing.
Tenetevi forte perchè la proposta è populista fuor di misura:
Mensa gratis a chi va a scuola a piedi, in bici o dimostra che è arrivato in macchina con almeno altri 4 bimbi (purchè sia chiaro che guidava mamma o papà).
Mi piacerebbe fare un conto di quanto paga un'amministrazione comunale di multa se supera il tetto delle PM10* e quanto invece ci perderebbe di contributo alla mensa scolastica.
Si, lo so che non bastano le macchine che portano i bimbi a scuola per ridurre le polveri sottili.
Ma da qualche parte bisognerà pur cominciare, no?
* le polveri che dovrebbero stare sopra al limite al massimo 35 giorni l'anno e noi a marzo qui a Vicenza siamo già fuori norma, di solito
**Ne parlerò di T. Credo che meriti.
È pazzesco come questo sia un giorno speciale per tutti, anche per chi non ha figli o per chi ce li ha piccoli ed è già qualche settimana che si è ripreso con l'asilo.
Per strada c'è il delirio: macchine parcheggiate in doppia fila, cappannelli di persone che si salutano dopo tre mesi davanti ai cancelli, nonni vigili (nel senso del servizio di attraversamento, non di nonni svegli) che hanno lavato e stirato il gillet arancione.
Ci sarebbe da scrivere un libro sulla fenomenologia del genitore-accompagnatore di bambino a scuola.
C'è il classico, è quasi stereotipo, genitore (di solito si dice mamma col suv ma sappiamo bene che non è solo la donna e nemmeno solo il suv) che se potesse entrerebbe in classe con la macchina. E se c'è la fila per entrare in classe scandisce l'attesa a colpi di clacson. L'anno scorso mi è capitato di trovarmi in coda davanti alle scuole: un senso unico con ciclabile/pedonale sul lato passeggero. Ora: se faccio scendere i bimbi a destra e gli faccio fare 20 metri a piedi, cosa succederà mai? No, sembrava una catena di montaggio, tipo "Tempi Moderni": ogni macchina avanzava un metro, si posizionava davanti al cancello, faceva scendere il pargolo, chiudeva la portiera e ripartiva. E via così.
Poi c'è il Pedibus: iniziativa egregia, a mio modo di vedere. Ma poco attuabile dove abito ora che le case sono sparse e per arrivare a scuola ci sono i chilometri. Poi gli istituti comprensivi eliminano le scuole delle frazioni e quelli per andare a scuola a piedi devono partire alla cinque di mattina. Ai miei tempi facevamo il pedibus. Da soli, però ,senza genitori. Qualcuno lo lascia fare ancora, ho visto. Spero che resistano.
Poi c'è il genitore biker: caschetto, valigetta e almeno due figli con bici davanti. Se ci sono le ciclabili credo che sia la soluzione migliore... Anche qui, io spero sempre che ci sia ancora la possibilità per i ragazzi di trovare degli spazi di autonomia. Non dico che debbano fare come T, il mio amico che partiva in bici, assieme ad altri sventurati, dalla campagna più selvaggia per arrivare alla scuola elementare**.
Però nemmeno che si arrivi alle superiori senza mai essere partiti una volta da casa da soli con la cartella sulle spalle, per dio.
Ma mi veniva da lanciare un'idea. Incentiviamo il risparmio energetico, l'aria pulita e l'utilizzo dei mezzi pubblici o, se proprio no, almeno il car sharing.
Tenetevi forte perchè la proposta è populista fuor di misura:
Mensa gratis a chi va a scuola a piedi, in bici o dimostra che è arrivato in macchina con almeno altri 4 bimbi (purchè sia chiaro che guidava mamma o papà).
Mi piacerebbe fare un conto di quanto paga un'amministrazione comunale di multa se supera il tetto delle PM10* e quanto invece ci perderebbe di contributo alla mensa scolastica.
Si, lo so che non bastano le macchine che portano i bimbi a scuola per ridurre le polveri sottili.
Ma da qualche parte bisognerà pur cominciare, no?
* le polveri che dovrebbero stare sopra al limite al massimo 35 giorni l'anno e noi a marzo qui a Vicenza siamo già fuori norma, di solito
**Ne parlerò di T. Credo che meriti.
lunedì 10 settembre 2012
Telefucken
Avremmo potuto stupirvi con effetti
speciali. Invece no.
Chi se lo ricorda il tormentone anni
80?
Se siete della mia generazione o appena
appena un po' più giovani non fate finta di non ricordare solo per
tirarvela. Potrebbe essere scambiata per demenza senile.
Scherzo... dai... mi viene l'umorismo
acido al lunedì.
Abbiamo fatto un weekend al mare, più
o meno.
Avevo un fine settimana di lavoro
(sempre più o meno)in un'isola della laguna: Ca'Roman. Oasi della
Lipu, dove si riproducono i volatili. Effettivamente un volatile è
piuttosto presente: la zanzara. Da qui il termine Lipu-suzione.
In realtà è stato bello perchè si
potevano portare le famiglie ed io possi.
C'erano vari momenti liberi che si
potevano passare nella bellissima spiaggia naturale. Sapete com'è
una spiaggia naturale? È una schifezza.
Prima di venire denunciato dalla Lipu,
però, vorrei ribadire il concetto che mi è piaciuta. Solo che al
naturale non ci siamo più abituati e fare lo slalom tra i tronchi, i
cumuli di alghe e di conchiglie ci fa dire che la spiaggia è
sporca.
Invece in mezzo a tutte quelle sterpaglie fanno il nido i
fratini ed i fraticelli e potete trovare insetti che sono estinti
nella maggior parte delle altre spiaggie.
Lo stesso dicasi della vegetazione. La
biodiversità, all'occhio non abituato, appare come uno sterminato
roveto. Eppure...
Ribadisco, comunque, da vedere assolutamente. Ed una volta fattoci l'occhio ti sembrano stonate le distese di ombrelloni tutti uguali.
Ribadisco, comunque, da vedere assolutamente. Ed una volta fattoci l'occhio ti sembrano stonate le distese di ombrelloni tutti uguali.
I bimbi, poi, si sono divertiti: il
bagno in mare vince sempre (acqua splendida, oltretutto).
Poi domenica abbiamo passeggiato fino
alla vicina (vicina? 3Km, li mortacci..) Pellestrina. Bel borghetto
marinaro che, a tratti ha ricordato a Silver e me il bel viaggio nel
nord della Francia. Si, ok, la Laguna non è l'Oceano ma, come dicono qui: In austerità ci si
accontenta di quello che si ha.
E poi il meraviglioso viaggio nel
Bragozzo Ulisse (il mezzo che era compreso nell'inscrizione al convegno)... Non è tanto l'aspetto un po' decadente e nemmeno
gli schizzi che ti arrivano quando accelera. È il jingle che ti
sparano a tutto volume durante il viaggio che fa la differenza
(soprattutto se Marichan lo impara a memoria e te lo canta per due
giorni). Indimenticabile.
In ogni caso è più divertente del vaporetto di linea: 7 euro a corsa. Per fortuna i bimbi erano gratis perchè stavo già chiedendo ad un Onassis che passava di lì se mi vendeva il suo 12 metri.
venerdì 7 settembre 2012
Nello Paese che io abito
Nello paese che io abito lo vassallo aperse la caccia al saracino.
Non già a quell'individuo che, pur senza scimitarra, ma armato sol di lena e di notevole appetito, visto che magari nella landa sua affamata, poco pane ha ingerito, non si trovi in contingenza ad aver le carte a posto.
Che già qui, mi permetterete, si potrebbe disquisire per un'intera settimana, se sian davvero questi li nemici da combattere.
Ma il vassallo s'è inventato una nuova cortesia: diam la caccia tutti assieme al regolare magrebino che, da ciò che s'apprende da valvassori e valvassini, nonchè da burocratici apparati, fan contare in un sol colpo troppa gente nella contea.
Che gl'importa? Dirà lo lettore meno informato. Importa eccome, risponde lo strillone: sopra i MMMMM (non si tratta di balbuzie ma di numero romano) il vassallo trovansi a corrispondere allo stato maggiore tassa in grano.
Così la colpa è negra, perchè negro è, per definizione, colui che si dimentica di avvisare se, per qualche tempo, in altri lidi si trova a soggiornare.
Si chiede il sottoscritto se altrettanto cura sia stata regalata a tutti i figli dei notabili che, vanto della contadina comunità, si trovano a lavorare all'estero sul conto di papà*
Come sia come non sia, diverte l'assunto basilare: chi finisce i biscotti che stan dentro al bussolotto? Non già chi mangia tutto il pacco ma chi, meschino, si accontenta dell'avanzo.
Non vi dico, in ogni caso, in questo medioevo, la mia soddisfazione nel portare in un sol colpo cinque nomi nuovi all'anagrafica iscrizione.
* in realtà non è detto che siano sul conto di papà, e probabilmente molti (alcuni dei quali sono dei cari amici) non figurano più come residenti. Sono abbastanza sicuro che la verifica non sia stata fatta, in ogni caso e che, è questo che mi da più fastidio, sia il solito inutile populismo che contribuisce solo ad impoverire la cultura.
E non mi riferisco tanto all'azione del sindaco quanto al titolo terribile del Giornale di Vicenza
** ma secondo voi, per un post così, mi possono denunciare?
Non già a quell'individuo che, pur senza scimitarra, ma armato sol di lena e di notevole appetito, visto che magari nella landa sua affamata, poco pane ha ingerito, non si trovi in contingenza ad aver le carte a posto.
Che già qui, mi permetterete, si potrebbe disquisire per un'intera settimana, se sian davvero questi li nemici da combattere.
Ma il vassallo s'è inventato una nuova cortesia: diam la caccia tutti assieme al regolare magrebino che, da ciò che s'apprende da valvassori e valvassini, nonchè da burocratici apparati, fan contare in un sol colpo troppa gente nella contea.
Che gl'importa? Dirà lo lettore meno informato. Importa eccome, risponde lo strillone: sopra i MMMMM (non si tratta di balbuzie ma di numero romano) il vassallo trovansi a corrispondere allo stato maggiore tassa in grano.
Così la colpa è negra, perchè negro è, per definizione, colui che si dimentica di avvisare se, per qualche tempo, in altri lidi si trova a soggiornare.
Si chiede il sottoscritto se altrettanto cura sia stata regalata a tutti i figli dei notabili che, vanto della contadina comunità, si trovano a lavorare all'estero sul conto di papà*
Come sia come non sia, diverte l'assunto basilare: chi finisce i biscotti che stan dentro al bussolotto? Non già chi mangia tutto il pacco ma chi, meschino, si accontenta dell'avanzo.
Non vi dico, in ogni caso, in questo medioevo, la mia soddisfazione nel portare in un sol colpo cinque nomi nuovi all'anagrafica iscrizione.
* in realtà non è detto che siano sul conto di papà, e probabilmente molti (alcuni dei quali sono dei cari amici) non figurano più come residenti. Sono abbastanza sicuro che la verifica non sia stata fatta, in ogni caso e che, è questo che mi da più fastidio, sia il solito inutile populismo che contribuisce solo ad impoverire la cultura.
E non mi riferisco tanto all'azione del sindaco quanto al titolo terribile del Giornale di Vicenza
** ma secondo voi, per un post così, mi possono denunciare?
martedì 4 settembre 2012
F
Scrivo pochino ultimamente. Sono un po'
preso al lavoro. Le pause pranzo se le sta ottendo la spending review
(che mi costringe a riunioni ad orari assurdi, mannagg') e le
incombenze burocratiche legate alla nuova casa.
Inoltre mi è partita la f.
No non ho iniziato a parlare come
Vendola, io la f non riesco più a scriverla.
Salvo dare una botta al tasto che manco
Van Damme.
Quando inzio a buttare giù qualcosa,
alla terza parola con la f mi indispongo e lascio perdere. Ma va' in
iga, va.
Chissà perchè, poi, proprio la f?
Che cos'è che ti otte la f?
Orse la uso troppo? orse c'è un
piccolo olletto che mi vuole punire, essendo io un morto di iga?
Lui è lì, dentro alla tastiera e aspetta il momento giusto per
intervenire.
Si apposta sotto al tasto e quando io
provo a schiacciarlo, lui si mette in mezzo. Poi, quando carico il
colpo, si sposta. È urbo il olletto.
Comunque è un vero peccato perchè ho
materiale bastevole per un mese di post. Sarebbe sufficiente un po'
di tempo.
E la f.
A presto
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