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venerdì 23 maggio 2014

Votantoniovotantoniovotantonio


Si vede, dal titolo, che ho iniziato a capire cosè il SEO?
O che almeno penso di aver capito...
In sostanza devo prendere un post anche banale e riuscire a metterci il titolo, le paroline ed i grassetti giusti per fare in modo che google lo trovi anche uno sta cercando un profumo.
Oggi che è l'ultimo giorno di campagna elettorale scrivere un titolo come votantonio, farà impennare le statistiche del mio blog che manco l'uccello di Lino Banfi mentre osservava dal buco della serratura la Fenech nuda.

Ultimo giorno di campagna elettorale, dicevo. La domanda che mi resta senza risposta non è tanto “chi vincerà?” o “chi voterò?” ma “come cazzo fa a votare la gente se non si informa?”
Questo mi restava irrisolto.
Ho diligentemente assistito alla presentazione di quasi tutte le liste che sono in corsa nel mio comune. In tutti i casi c'era un centinaio di persone a fronte di quasi tremila votanti.
Le platee erano così composte: un 80% di irriducibili della lista (che pure se civica ha sempre uno zoccolo duro che si può identificare come “di destra”, “di sinistra” o “leghista” ed un 20% di infiltrati delle altre compagini. Risibile la presenza di persone incerte e, soprattutto, praticamente nessuno che partecipa a tutti gli incontri.
Su Facebook poi non ne parliamo.
Pare che mettere un “mi piace” su Facebook sia più vincolante che il matrimonio in chiesa. Io capisco, pure a me ha fatto impressione mettere “mi piace” sotto il simbolo della Lega, ma in qualche modo bisognerà capire questi che programma hanno, chi sono e cosa faranno?
Curando io la pagina facebook della lista a me più congeniale (qualcuno ricorderà che ero perfino un possibile candidato), ho provato a chiedere anche a qualche amico di “mipiacciare” qualche contenuto, così, per capire anche che aria tirava... “No no, vi voto, ma non chiedermi di mettere il “mi piace” su Facebook”.
Vabbè, cos'altro aggiungere?
Dico solo che a me piace sentire, vedere, annusare. Forte della convinzione di riuscire sempre a capire quando qualcuno non me la racconta giusta.
Poi magari sbaglio anche io, non c'è dubbio.
Ma è sicuramente meglio che votare per abitudine, per pregiudizio o peggio, sicuri che tanto sono tutti uguali.

venerdì 18 gennaio 2013

Gae e i gay


Quanti omosessuali conoscete?
Se me lo aveste chiesto qualche anno fa, vi avrei detto uno o due, tirandomela anche un po', come se fosse una nota di merito che gli altri non potevano vantare.
Ora forse direi che non lo so.
Perchè, in fondo, non ho informazioni sulla vita sentimentale di un sacco di persone che incontro durante la giornata, e, in ogni caso, non mi importa un granchè. 
 
È pazzesco come ci siano degli argomenti che ti si parano davanti solo da un certo punto della vita in poi, come se prima non fossero mai esistiti.
L'omosessualità è uno di questi.
Credo di aver iniziato a sentir parlare di omosessualità solo in adolescenza, di solito con parole offensive usate contro chi tutto era meno che omosessuale.
Beh! Nulla di strano, la stessa sorte di “Singano”, “Teròn”, “Mongolo”, “Anticapato” (di solito da chi offendeva in questo modo non ci si aspettava il 7 nel tema di italiano)

Ora, in campagna elettorale, pare impossibile, sembra che si possano scucire alcune centinaia di voti in più parlando di omosessualità in un modo o nell'altro...
Di per sé non c'è nulla di male, ognuno è libero di esprimere le proprie idee...
Fa un po' più incazzare che tutto ciò venga fuori in campagna elettorale quasi che le uniche due cose che contino davvero siano i matrimoni omosessuali e l'IMU così che i poveri amici gay rischiano di non potersi sposare ma, in compenso, possono pagare una follia di tasse sull'abitazione.
Va ben, era una battuta.
Ma quella sulla campagna elettorale, no.
Onestamente non sopporto questa tendenza a tirare giù il livello: vuoi colpire l'elettorato cattolico? Dì che sei contrario ai matrimoni gay. 
Se sei davvero bravo e riesci anche a far percepire questo come una minaccia al modello tradizionale di famiglia anche meglio. 
Perchè è questo che devi riuscire a dire, senza dirlo: che il matrimonio gay dopo l'eventuale approvazione sarà l'unico possibile: 
E forse la legge sarà anche retroattiva, tua moglie dovrà cambiare sesso, pena la separazione coatta. 
 
E nessuno, dico nessuno, nemmeno di quelli a favore, che si sforzi di elevare lo sguardo, di invogliiarci a ragionare, a capire il senso profondo delle cose. 
 
Nessuno che ci inviti a capire le ragioni degli altri, che ci chieda di accoglierne la sofferenza (qualcuno si è mai chiesto quanto difficile è accettare la differenza* di un figlio? E vederla su di se, e sentirsela addosso? 
Queste domande riescono in qualche modo a oltrepassare gli scudi, crociati e non, che fanno bella mostra di sé sui manifesti elettorali? 
 
Faccio mia questa riflessione del teologo Alberto Maggi in risposta a chi pone come unica argomentazione alle proprie convinzioni il vecchio adagio “Da che mondo è mondo”. 
 
"Da che mondo è mondo", è la frase magica usata per difendere un modello di famiglia che si vuole far risalire alle origini dell'umanità. Penso che adoperare questa formula sia molto rischioso, perché il modello di famiglia si è evoluto nel tempo e ancora si evolverà. Da che mondo è mondo vuole richiamarsi forse alla poligamia largamente esercitata dai patriarchi, con tanto di benedizione divina? Speriamo di no! A una famiglia dove i figli, specialmente le femmine, non avevano alcuna dignità e valore? Dove la donna era soltanto la serva del marito, padrone indiscusso dei suoi familiari? Penso proprio di no. Allora bisognerebbe sapere dicendo "da che mondo è mondo" a quale epoca ci si vuole riferire, e forse, con sorpresa, ci ritroveremo in tempi molto vicini ai nostri. Il "da sempre", pertanto, non sembra essere poi così sicuro.

* uso non a caso la parola differenza, che sottende ricchezza, al posto di diversità, che troppo spesso assomiglia a divisione.