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venerdì 16 dicembre 2011

Because the pranaunsescion iz verry importantt


(così diceva la prof d'inglese al liceo)

Ed eccoci al secondo, attesissimo sequel di Post in Traslation. Come tutti i secondi capitoli avrà molta fortuna al botteghino e sarà stroncato dalla critica. Per questo sarà l'ultimo della serie. Se la produzione vorrà andare avanti dovrà farlo senza di me.
Se vi state chiedendo se sto uscendo di testa la risposta è no. Sono già uscito da un po'. E ho lasciato dentro le chiavi. 



Ma veniamo a noi.
La cosa più divertente che ti può capitare approcciando un veneto è farlo parlare in italiano. Come dicevo parliamo praticamente tutti in dialetto e siamo convinti che tutte le parole che usiamo appartengano solo al nostro vocabolario. Per cui, quando abbiamo a che fare coi “foresti” traduciamo tutto. Anche parole che, inconsapevolmente,  diciamo già in italiano.
Alcuni esempi:

La segretaria di mio cognato che lavora nei trasporti:”Si si, non si preoccupi, i nostri camion montano anche i cazzoni da 12 metri” (trad. da cassoni)

“Abito sui monti Rotoloni” (loc. geografica. Rugoloni)

“Con questo caldo ci vorrebbe un bigolo di aria” (trad. on filo de aria)

Oppure non ci viene la parola e ci si lancia sul neologismo
Mia mamma: “Guarda Moe, il camion delle scopazze” (le Scoasse sono la spazzatura)

Mio suocero:”Mi sono dismenticato di chiederti una cosa” (dismentegà significa dimenticato)

Oppure non le pronunciamo bene.
Ad esempio la “z” finisce sempre per assomigliare alla “s” (quella di Josè, per capirci). Per cui “Lo Zelo” diventa “Lo selo”. Solo che “l'oselo” è l'uccello, e l'uccello sapete tutti cos'è. È celebre l'episodio della messa di Natale dove la prima lettura si chiude con “tutto questo farà lo selo del Signore”.

Ma ancora meglio sono i plurali delle parole di origine straniera.
Provate ad indovinare il singolare di queste parole espresse al plurale:

naili, camii, yoghi, moniti, computi

martedì 13 dicembre 2011

Post in translation (1)


tanto par essare ciari: dire de essare veneti e de parlare veneto e de essare contenti de farlo non vol dire essare leghisti.
tred.
(disclaimer: essere veneti, parlare veneto ed esserne fieri non ha nulla a che vedere con l'essere leghisti)

Che sono veneto penso si fosse capito. In realtà la mia venetezza o venetitudine è parecchio mitigata dalla parola scritta che risparmia all'interlocutore per lo meno l'accento (che credo si senta in modo deciso) e le scivolate sulle bucce di banana dialettali che, quando parlo, escono ogni tre parole: sole, cuore e amore tanta bona gente .*
Di solito per trovare la frase corrispondente in italiano è sufficiente che mi fermi un attimo, faccia un bel respiro, giro su me stesso, ancora, mi tocco i piedi con le mani, gambe belle dritte e voilà.
Non sempre però esiste una corrispondenza. Alcuni concetti sono davvero intraducibili ed un peccato non poterli trasmettere.
Il veneto è una lingua viva (ci sono differenze di pronuncia e anche di termini anche solo a pochi km di distanza), solo orale (alcuni suoni sono impossibili da riportare e comunque non sono codificati) ma soprattutto, ed è qui che la vicenda diventa drammatica per i foresti (quelli da fuori), parlata praticamente da tutti (da molti anche esclusivamente). Qui riusciamo a fare un incontro con il direttore delle Ulss, i sindaci e i medici di base, tutta in dialetto.
Ma ora veniamo a noi: in futuro potrei non riuscire sempre a concentrarmi e tradurre per bene i concetti. Per cui riporto alcune espressioni che potrebbero ricorrere nei futuri post. Intanto qualcuna, poi in futuro, magari se mi ricordo, integro. O forse faccio una pagina a se.

Iniziamo dai classici:
Mona: letteralmente significa vagina. Viene usato anche come sinonimo di tonto o cretino. Famosa la canzone dei Pitura Freska: “So mato par la mona pi mato dei cavai”
Casso: lett. pene. È però un tipico intercalare delle persone anziane che ormai ha perso la connotazione volgare. I miei nonni lo dicevano spessissimo ed ho scoperto solo da grande la correlazione con il “cugino” italiano.
Smonamento o esare smonà: tipo esempio di parola transgender: basta cambiare il sesso... Scazzo, essere scazzati
Boresso (essere imboressà): euforia incontrollata tipica dei bambini ma non esclusivamente.
Cueo: è facile = culo. Però è per far capire la pronuncia: la “e” è un po' l ed un po' assente. Chiaro no?
Puteo: bambino piccolo
Tosi: ragazzini, ragazzi. Tosetti è sinonimo di putei
Vecio: vecchio, usato anche per chiamare un amico con cui si è in confidenza “Ciò, vecio”
Pare: Padre
Mare: Madre. Legati a questi ultimi due ci sono delle “frasi fatte” carinissime che riporto: “la roja de to mare, el beco de to pare”
Roja: (la J si legge come la i). Femmina del maiale (che si dice mas-cio)
Becco: Stambecco, caprone, animale con le corna (come to “pare”)
Per il momento è tutto gente. 

* (è un gioco di parole veneto che parte dal fatto che “a more” significa muore. “a” serve a sottolineare la fatalità)