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martedì 17 febbraio 2015

Grasso

Fino allo scorso anno giocavo molto con la terminologia carnevalesca arrivando a dire che il martedì grasso era il mio onomastico.
Non posso più dirlo.
Fa niente, una battuta che sarebbe stata comunque logora, come quelle dei vecchietti che ripetono sempre le stesse barzellette.


Ieri per la prima volta, una persona che non mi conosceva sei mesi fa e che ha saputo della mia traformazione, mi ha detto che non riesce ad immaginarmi a quasi 100 kg.
Poi mi hanno mandato una foto su whatsapp: sono con la chitarra in mano, vestito tutto bello elegante alla cresima di mia nipote. Non sembro nemmeno io.
Caz.. pita! Ho passato tutta la vita a pensarmi più magro di quello che ero e a scoprirmi grasso nelle foto, per dimagrire in qualche mese e vedermi più magro di quello che credo di essere.
Il punto è che io dimostro meno chili di quelli che ho, un po' come la Ferilli dimostra meno anni di quelli che ha, per cui nessuno crede che io sia ancora sugli 80 chili, proprio come non credeva che due anni fa fossi 99.

Ma questo non c'entra nulla.
Sto mettendo a punto una strategia per la gara dell'anno: la Ultrabericus.
La cosa che mi piace di più di questa nuova passione, il trail, è che è difficilissimo trovare delle grandi verità.
Perché per le maratone su strada leggi un milione di metodi ma sono tutti molto simili (soprattutto se, come me, si tende poi a personalizzarli). Nei trail no; l'unica cosa che tutti ribadiscono è che si fa una fatica troia, il resto è estremamente personalizzato.
Il trail è biologico, a km zero, pulito. Il trail ascolterebbe musica folk irlandese, danzerebbe kletzmer, indosserebbe birkenstock.
Il trail è progressista senza il radicalchickismo della sinistra. 
Cazzarola, io ed il trail siamo fatti l'uno per l'altro e non ci siamo mai incontrati prima.
Così sto andando a braccio seguendo i consigli di qualche amico che me li può dare.
Nel week end voglio sperimentare una personalissima ricetta per la polenta da poter mangiare in gara: ipercalorica ma mangiabile. Direi che dopo le riununce alimentari del carnevale posso permettermela (più che altro se in un gara di 66 km non mangi non arrivi in fondo).
Devo trovare un nome, però, per poterla brevettare. Tipo turbo-polenta o cose così. Dai dategli un nome... io in cambio la settimana prossima vi allungo gli ingredienti e vi dico anche se funziona.

Buon carnevale a tutti.





venerdì 11 luglio 2014

Fame (I want to live forever)

Ora basta!
Vado all'INAIL e chiedo la malattia professionale.
Non è possibile fare la dieta in questo posto, è peggio che l'inferno.
In venti giorni di dieta, rispettatissima (ok?) ho rinunciato nell'ordine:
- Bomboloni alla crema portati da collega che compiva gli anni,
- Panini e soppressa per diosacosa in una riunione
- Torta della nonna per ultima assemblea della stagione tra i soci della cooperativa
- Gelato a pranzo per 50 anni altra collega (portati benissimo!)
- Pastine offerte da chissachi un pomeriggio
- Crackers o biscotti in tutte le altre riunioni (io vivo in riunione)

Non si può, non è umano.
Da un lato mi rendo conto di quanto io mangi.. cazzo io di solito in questi momenti mi distinguo per zelo, ma dico: ma quasi ogni giorno si sgarra con creme cremine, insaccati, pastefrolle...
L'ho detto al medico del lavoro, un tipo che anche con 40 gradi ha la camicia a maniche lunghe perfettamente inamidata che pare gliela stirino addosso: se non mangio faccio la figura dell'antipatico, e poi sono d'umore nero. Dice che me la danno la malattia professionale come obeso?
Mi ha detto di provarci che non si sa mai. Ed ha riso... no, dico, è l'uomo più glaciale del mondo ed ha riso... Lo metto nel curriculum.
Da anche le sue soddisfazioni, veh?
Ho polverizzato il mio record sui 10 km (che ve frega quant'è? L'ho polverizzato!)
E la pizza senza mozzarella non fa così schifo. Se sono otto ore che nemmeno inspiri a bocca aperta perché non si sa mai le calorie che potrebbe avere l'aria.

Poi ieri sera siamo andati al Palio delle contrade. "Al Palio ci sono i Paliacci?" ha chiesto Jack... questo ragazzo mi darà soddisfazioni.
Abbiamo comprato la fritola.
La Fritola è un impasto che non so di preciso di cosa, ma credo acqua, latte, uova farina. Poi tirata tipo piccola pizza e fritta. E girata nello zucchero.
Naturalmente non l'ho mangiata.
Pee, ad un certo punto, con i suoi occhi di cerbiatto mi fa: "Tu papi non la puoi mangiale?"
"No"
"Il dottole di dimaglile si è dimenticato di dilti che la puoi mangiale?"
"Si Pee, si è dimenticato, accidenti a lui! La prossima volta gli chiedo se posso, intanto tu finisci la tua, ti prego!"


venerdì 27 giugno 2014

Al bidone dell'umido fa meno male che a me


Alla fine, come ciclicamente mi è capitato, ogni 4-5 anni negli utlimi 15, entro seriamente a dieta.
Vado dal dottore di dimagrire, come lo chiamano i bambini.
È sempre un pelino imbarazzante trovarsi in sala d'attesa con gente, generalmente, molto più grossa di me. In realtà penso che anche loro pensino lo stesso di me, solo che tutti tendiamo a vederci più magri di quello che siamo.
Mi accoglie in uno di quei classici studi medici moderni di adesso, con le pitture moderne e le statue tribali, comprate probabilmente in qualche shanti shop, o da Ovvio.
È un uomo di una bellezza oggettivamente eccessiva, l'ultimo dietologo che avevo visto era un piccoletto dall'aria trasandata, il mustacchio da vespista anni 70 e la vespa anni settanta parcheggiata fuori dallo studio.
Questo ha il fisico di Buffon, e l'aspetto di un attore di Ozpetec. Non si fa... avete fatto la Barbie con le gambe più corte e i fianchi più larghi per non dare canoni fisici irraggiungibili?
E mettete un dietologo con le maniglie dell'amore, per dio.

Come sempre ho la sensazione che quando gli racconto che non bevo e non fumo non mi credano.
Mi impedenzia ed esce che ho una notevole massa muscolare, pure troppa, a giudicare dall'aspetto.
Oh, moro! Come ti permetti?
Guarda che qua il ragazzo è tonico, sai? Sotto due dita di strutto ho certi addominali, disse il mio amico Muà al medico che lo visitava durante la visita militare.
Se non che, vien fuori, che a parte saltare gli spuntini, devo evitare di mangiare gli avanzi dei figli.
Buttar via è un peccato, è vero, ma al bidone dell'umido fa meno male che a me.
Ripetiamo tutti insieme:

 “Al bidone dell'umido fa meno male che a noi”. 
 
Ma è di stimolo per i figli: “Il dottore ha detto che il papà, a volte, non sempre, deve mangiare cose diverse da voi per dimagrire”.
Ma non sarai più il nostro papà ciccione?”
Sarò il vostro papà ma meno ciccione”
E sei stato dal dottore di dimagrire?”
Si, ci sono stato oggi, Jack”
E adesso sei magrino?”
Beh, adesso no, ma piano piano ci arriviamo, ok?”

lunedì 31 marzo 2014

Legale


L'arrivo dell'ora legale è sempre una magia, nonostante siano 40 anni che la vivo. Si dorme un'ora in meno ed io la soffro come fosse un jetleg intercontinentale (che non ho mai provato personalmente perché io, al massimo ho viaggiato in longitudine).
Ci metto un paio di settimane a riprendermi.
Gli unici anni in cui non l'ho sofferta è stato quando i gemelli erano piccoli: non si dormiva comunque un cazzo per cui ora più ora meno non faceva tutta sta differenza.
Ma non è della sofferenza che volevo parlare, che poi avercene di queste sofferenze.

Ogni anno, immancabile si ripete un teatro in eterna replica, eppure sempre nuovo: la signora del centro, qui dove lavoro, che già ai primi del mese inizia a ricordarti che a marzo si cambia l'orario. Lo dice un centinaio di volte al giorno (non scherzo). Ha la sindrome di Down ed è l'ultimo dei suoi problemi, a dire il vero. Comunque era per dire che è proprio dura che l'ora legale ci prenda alla sprovvista, al contrario del mondo, là fuori, che c'è sempre qualcuno che buca l'appuntamento.
Tipo a messa, col fatto che suono vedo la gente morta che entra e ci sarebbe da farci un video con le facce di quelli che entrano durante la comunione, a messa quasi finita, ed hanno quei due secondi di smarrimento e vedi proprio il volto che passa dal registrare una situazione strana ma non ancora compresa, il rendersi conto che non è il mondo che è impazzito ma che sono loro ad essere non allineati, fino all'espressione “sotterrami” che li porta a sedersi a testa bassa sul banco più vicino chiudendosi in una meditazione autistica.

Per non farci mancare niente io ed i miei pards ci siamo trovati stesso posto stessa ora delle altre domeniche. Un po' meno luce e decisamente più sonno. Il Franz aveva anche fatto casino con gli orologi e si era svegliato alle 4.
Io venerdì ero pure andato a correre in montagna e le gambe erano così dure che Robocop a mio confronto pareva Roberto Bolle.
E qualcuno, vi prego, mi confermi che il gps del telefono non è affidabile perché, sarà stato il cambio dell'ora, sarà quel che sarà (chi la cantava sarà quel che sarà? Mah?!), fatto sta che tutti e tre siamo convinti di aver fatto almeno due, se non tre o quattro chilometri in più dei venti che ci diceva runtastic.
Ma torniamo all'ora legale; c'è tutta la giornata che corre più veloce di te: sono le tre ma tu stai ancora lavando i piatti e ti pare che siano le due, è ora di metter su la cena e ti pare impossibile perché fuori è così caldo e così bello...
Metteresti a letto anche i bimbi ma loro paiono non del tutto convinti della strana teoria che gli hai appena spiegato sul fatto che adesso si cenerà con la luce del sole e poi si va comunque a letto.
Ma poi, rincoglionimento a parte, nel giro di qualche giorno ci sembrerà tutto nuovamente normale. Esclusa mia mamma che da sempre, ancora quando eravamo piccoli, aveva da fare un paio di settimane a ricordarci che prima era già scuro, eccetera eccetera. La prendiamo in giro la mamma, ma forse è da lei che ho preso questa mania di continuare a stupirmi di questa, tutto sommato, facile e sotto sotto artificiale magia di primavera.

giovedì 31 ottobre 2013

Ovosodo e The (o té) Verde


Ho come un Ovosodo, che non va ne su ne giù”

Così il mio coetaneo Piero Mansani, descriveva il magone alla notizia della futura paternità.
Non l'avevo mai capita tanto quella battuta, non nel 1997, almeno quando vidi per la prima volta il film.
Ricordo che non ero potuto andare al cinema e, grazie ad un contatto carbonaro (mio padre), ero riuscito ad arrivare ad un VHS pirata che il proiezionista ricavava direttamente dalla pellicola. Un antesignano dei DVX con dei colori che, a confronto, una puntata di Derrick sembrava l'ultimo film della Pixar.
Ma non è di Ovosodo che volevo parlare, anche se è un film che ho amato nonostante fosse recitato così così. Che poi questo ha la Pandolfi che gli abitava sottocasa e si infiga della cugina romana depressa...
Però c'è il lieto fine che si tromba la Pandolfi. E se la sposa. Invece la depressa se la tromba e basta.
Qual'è la morale?
Non lo so. Se la trovate voi ditemela.
Ma, appunto, non si voleva parlare di ciò.

Volevo parlare di magone.
Parlavo qualche giorno fa con una collega di ansia, no?
Io sono uno che la maschera bene l'ansia. La totalità delle persone che conosco è convinta che io non sia mai in ansia. E non è vero, ok?
Io vado in ansia. Solo che non lo do a vedere. Mi viene appunto l'Ovosodo che non va ne su ne giù.
Come faccio a combatterlo? Mangio. Praticamente provo a soffocarlo. 
 
Ora, tempo fa, su internet, ho letto di questi miracoli per il dimagrimento che farebbe il The (o té) Verde, con le immancabili foto di una Platinette che è diventata Carla Bruni in dieci settimane; palesemente tarocche, oltretutto, che perfino Pee se si mettesse con Photoshop sarebbe in grado di essere meno pacchiano.
Vabbè, la settimana scorsa stavo facendo la spesa in solitaria (condizione necessaria per acquisti non indispensabili, che quando si va assieme ai bimbi ci si limita a fare come i Nocs: sincronizziamo gli orologi, fuori in 12 secondi, ok?) e su cosa ti butto l'occhio? Sulle compresse di The (o té) Verde. Effetti collaterali? Nessuno.
Ma investiamoli sulla salute sti cinque euri e novantacinque.  
Così ho messo la sveglia e le prendo un'ora prima di ogni pasto. 

Si, siete legittimati a dire che questa è la crisi dei 40 che incombono. 
 
Dovrebbero dare senso di sazietà, credo.
Praticamente ti sembra di avere un Ovosodo sulla bocca dello stomaco che non va ne su ne giù.
Potreste dirmi che è piuttosto fastidioso avere i sintomi dell'ansia quando vorresti solo dimagrire. Ma è vero solo in parte; anche perché io ho un metodo infallibile per sconfiggere l'ansia: la soffoco col cibo.

venerdì 13 settembre 2013

Sgureggio


Ormai ho la certezza che il mondo è pieno di guru.
Una volta c'erano i “campioni”.
Forse è bene che io definisca i campioni, no?
La definizione l'ha coniata tanti anni fa mio cognato (coniata dal cognato, pare che me le invento di notte).
Il Campione è quello che sa tutto di tutto, che qualsiasi sia il problema in discussione ha la risposta pronta. E questo sia che si parli di pesca con la mosca sia che si stia discutendo dei sottili equilibri internazionali che potrebbero far espolodere un conflitto in Kamchatka.
(Ma non ho già scritto di questa cosa? Ho un deja vu terrificante)
L'habitat del campione è l'osteria, di solito, ma non è raro trovarlo alla partita o ad una cena tra amici.
Il campione parla a voce alta, gesticola molto e ti interrompe di frequente (quelle rare volte che riesci a partire).
Tendenzialmente inizia una frase con un “No, te spiego” o un “No, ascolta” che sembrano voler confutare ciò che stavi dicendo, salvo poi ribadire il tuo concetto con forza, come fosse questione di vita o di morte. Le rarissime volte che il campione viene messo alle strette, lungi da lui ammetterlo, se ne uscirà con una mitragliata di “Chiaro, ma chiaro” detti ad un tono di voce leggermente più alto. L'ulteriore mal parata sarà risolta offrendovi un prosecco.
Ma il campione si evolve, cresce.
Ultimamente ne trovo molti, anche sul web.
Hanno la verità, sentenziano.
Io li chiamo guru. Anzi, mi ci metto dentro: sono un guru.
Il web impermeabilizza le nostre insicurezze le nostre fragilità. Un blog letto da due persone in più, un lavoro che pare prestigioso rischia di farci sembrare delle persone da imitare, le persone delle quali ambire l'amicizia o ancora di più il contatto facebook.
E poi sta cosa ce la dobbiamo gestire: le fragilità degli altri che non sappiamo accogliere perchè non abbiamo ancora risolto le nostre.
Così squalifichiamo gli altri li teniamo con la testa sotto la merda, con gli occhi fuori a rimirare il nostro misero e fragile piedistallo.
E almeno un orecchio fuori ad ascoltare ciò che sa far meglio un guru: sgureggiare.

martedì 27 agosto 2013

El Pig

I bimbi sono entrati nel tunnel della droga. 
No, non è né l'eroina né la cocaina. 
È Peppa Pig. 
Peppa Pig è La Droga dei bambini sotto i cinque anni. 
Noi, tutto sommato, siamo fortunati che i piccoli non hanno ancora capito come funziona il broadcast televisivo; pensano che la tv funzioni solo con i DVD. Mica glielo abbiamo detto noi, ci mancherebbe. È solo che fino ad ora solo DVD guardavano. Le rare volte che si trovava qualcosa di adatto era un casino durante le pubblicità: "Fallo ripartire, papi, fallo ripartire". 
Per cui Peppa se la guardano sul tablete, un quarto d'ora finchè prepariamo la cena. 
Un quarto d'ora, si! Cos'è volete insinuare che in un quarto d'ora non si riesca a preparare una cena seria? 
Ma cosa dite? In un quarto d'ora ti impiatto i sofficini come non li hai visti mai. 

Ma non è di questo che volevo parlare. Di sofficini, dico (che non mangiamo, scherzi a parte). Nemmeno di cene. 
Nemmeno di Peppa, a dire il vero, ma del caro Papino. 
L'altra sera Silver mi fa: "Lo sai che inizio a scorgere più di qualche analogia tra te e Papà Pig?" 
Ora: io di Peppa Pig ascolto solo l'audio finchè cucino o preparo la tavola. 
Papà Pig è cicciottello: go (Go è il corrispettivo veneto di ce l'ho)
Ha gli occhiali e la barbetta: go. 
Lavora ma non si capisce bene cosa faccia: go.
Papà Pig millanta abilità artistiche non sempre confermate: go. 
Ricorda di avere avuto una ruggente gioventù rock: go. 
È abbastanza negato nel bricolage ma si ostina a voler fare da solo: go. 
Ha un suocero che viene sempre tirato in ballo da sua moglie quando non riesce a fare qualche cosa: go.
Il suocero ha l'hobby del giardinaggio e dell'ortocoltura: go. 
Papà Pig è molto bravo nel coinvolgere i figli: go. 
I figli si prendono talvolta gioco di lui oppure Peppa lo bacchetta: go.
Papino ha una figlia sveglia ma un pochino saputella: go.
Papà pig fa battute del cazzo: go. 

In effetti è più di qualche analogia. Io non grugnisco, chiaramente, ma ho una serie di rumori simili che so emettere al bisogno (bisogno mio, sia chiaro) sui quali è meglio sorvolare.
L'unica cosa che non ha Papino sono i due gemelli.
Devo segnalare il bug a chi di dovere. 


 

mercoledì 21 agosto 2013

Che brutti i figli di...


Quanto siamo disposti a farci da parte per non essere ingombranti nel futuro dei nostri figli?
Chi di noi non sogna di scrivere un libro, incidere un disco o girare un film e, avendone la possibilità, non esiterebbe a farlo?
Mesi fa ero in macchina e c'era questa voce che usciva dalle casse della radio. Era talmente familiare che mi pareva impossibile non riconoscere null'altro di quel brano: le parole, le note, nemmeno le sonorità. Poi ho capito: era un pezzo di Cristiano De Andrè, il figlio del grande Fabrizio.
Precisazione ovvia, no? Tutti sanno chi sia Cristiano De Andrè, soprattutto se conoscono suo padre e la musica che ci ha regalato.
Se non conoscete Fabrizio De Andrè, probabilmente ignorate il fatto che avesse un figlio. Cristiano, appunto, figlio del grande Fabrizio De Andrè. Aveva anche una figlia: Luisa Vittoria, detta Luvi De Andrè, la figlia del grande Fabrizio De Andrè e di Dori Ghezzi.
Ma non è di Luvi che volevo parlare, per quanto sia una discreta figliola e che, secondo me, avesse anche una signora voce.
Volevo parlare di Cristiano De Andrè. Il figlio di quel mito che era Fabrizio De Andrè.
Ah, l'ho già detto?
È vero. Ma fateci caso: non c'è un articolo che parli di Crisitano De Andrè che non lo associ inesorabilmente a quel vecchio ubriacone e puttaniere che era il padre che oltretutto aveva piantato lui e la madre quando era poco più che un bambino (De Andrè era un grande poeta ma non è raro trovare opinioni su di lui come persona piuttosto critiche, soprattutto fino agli anni 90)
Perchè, mi chiedo?
Quanto alcol e psicofarmaci dovrà ancora calarsi questo povero Cristiano prima che la gente capisca che lo spettro del padre lo sta perseguitando anche senza che glielo si continui a ricordare?

Ed ora lo rivedo, causa nuova fissa dei figli, in un concerto del 1998, assieme al padre. Un concerto perfetto, suonato divinamente. Cristiano suona tutto. Tutto. Qualsiasi cosa produca un rumore lui riesce a farcela stare sul palco. Grande musicista, Cristiano De Andrè. Molto più di quanto non lo sia stato il padre.
Forse avrebbe fatto meglio cambiarsi il cognome con quello della madre e fare il musicista per altri artisti. Fior di band contemporanee si sognano di essere anche solo la metà bravi di quanto non sia il figlio del grande De Andrè.
Forse, se non fosse stato il figlio del grande De Andrè non avrebbe mai imparato a suonare un cazzo perchè si sarebbe dovuto guadagnare da vivere come tutti noi stronzi e poteva essere un mediocre professionista con una mal coltivata passione per la musica.
Io non compro dischi di Cristiano De Andrè perchè mi piaceva il padre e non cerco surrogati. Che poi se li cerchi non li trovi, visto che lui fa di tutto per smarcarsi dalla musica del padre.
Mio fratello, che lo apprezzerebbe come musicista, non lo compra perchè non gli piace De Andrè.
Oggi mi consolo pensando che nessuno dei miei figli avrà questo problema.

venerdì 26 luglio 2013

Non studio non lavoro non guardo la tv

Il titolo potrebbe fuorviarvi. In realtà lavoro un sacco.
Ma non è di questo che volevo parlare.
A proposito: qualcuno ha fatto dell'ironia positiva (nel senso che mi ha fatto piacere) sul fatto che io usi spesso nei miei post la frase "non è di questo che volevo parlare".
Non me ne ero reso conto, ma mi fa piacere che anche voi iniziate a notare che sono uno piuttosto ripetitivo. Pensate che mio fratello sostiene di avere poca memoria a causa di un complesso sistema di difesa psicologico che gli permette di non ricordare le cose che dico. In questo modo può ridere di gusto anche al decimo ascolto di un aneddoto, di una barzelletta o di una battuta.
Sicuramente negherà di averlo sostenuto, se lo sarà dimenticato.
Ma non è di questo che volevo parlare.
Volevo parlare della mia agenda. Si si, proprio l'agenda quella con il calendario.
Dovete sapere che io ho un rapporto molto particolare con la schedulazione degli impegni. Fino ai 25 anni non ho mai usato un'agenda. Mi ricordavo tutto a memoria.
La laurea si è portata via mia moglie, il mio passato, la mia migliore età.  In sostanza, la memoria.
Così ho inziato a scrivermi le cose. Ma non essendoci abituato, tendo ad essere un pelino troppo sintetico: Eli per prog nu
Prog. potrebbe essere progetto. Ma anche programmazione. N dovrebbe essere nuovo, ma anche nuoto o nuvole.
Ma soprattutto, chi caspita è sta Eli?
Se anche capisco di cosa parlo, mi dimentico di guardarla perchè dentro di me sono sempre convinto di avere una buona memoria. Così ogni volta che mi chiamano con l'altoparlante o mi suona il telefono, sto in ansia di essermi dimenticato qualche cosa.
Dannata modernità, cosa mi vado ad inventare? Metto tutto sull'agenda dello smartphone, che è un castigo in meno da portarsi dietro.
Ineccepibile, no?
No! Se hai tre figli non c'è nulla di ineccepibile.
Infatti Marichan ci ha rovesciato sopra, per sbaglio, sia chiaro, le bolle di sapone. E tanti saluti allo smrtphone ed all'agenda.
No, non era sincronizzata.
Certe cose fondamentali si imparano sempre un secondo dopo che capisci che potevano servirti.
Ma non disperiamo: il giorno dopo che ho acquistato un nuovo telefono, quello vecchio è ripartito.
Così sincronizzo l'agenda e vedo che mi aspettano due settimane praticamente vuote di impegni. Fico no?
No.
Nel giro di due giorni ho riempito gli spazi vuoti che manco il vecchio Murgita nell'attacco del Vicenza di Guidolin.
Impegni fino a tardi e week end occupati. 
Così non riesco a leggere o scrivere. Correre non ne parliamo, per la prima volta da gennaio una settimana senza uscite. Suonare credo di non esserne più capace.
Puntiamo tutto sulla settimana prossima. In fondo è come per la dieta: inzia sempre lunedì.

venerdì 7 giugno 2013

Noi che ci girano


Odio tutto quello che inizia con la frase noi che...
La trovo paracula ed inutilmente nostalgica. Ultimamente vedo che le pubblicità ne abusano, oltretutto sfruttando l'onda lunga del gradimento che l'operazione “noi che...” aveva avuto sui social network.
Ci sono giorni che, a conoscere un bravo avvocato che lavori per noi gratis, farei causa alle aziende che fanno pubblicità ogni 30 secondi. Cioè esattamente ogni pubblicità. Ce ne sono di agghiaccianti. Alcune recano messaggi subliminali del tipo: “ehi, credo che tu sia un coglione e ne approfitto”
Che poi un avvocato bravo lo conosco anche, c'ha pure invitato al mare per il week end: tutta la sua famiglia e tutta la nostra. Solo che mica possiamo passare sabato e domenica a fare cause alle aziende pubblicitarie.
Ormai, da quando abbiamo figliato in modo così drastico, non sono molti quelli che ci invitano. Impienemo le case ci diciamo con Silver... è complesso. Comunque quei pochi così tanto amici da sopportare la calata dei lanzichenechi è meglio non tediarli con questioni moralmente troppo elevate. Il week end è per il riposo.
Ci sono giorni che odio anche la frase “ci sono giorni”. Anzi, la odio sempre.
Odio anche quelli che generalizzano. Li odio tutti.
Un venerdì così, direte voi, che mi ha preso male.
Sarà che questa settimana il lavoro non mi ha permesso di correre prima di cena, i figli non mi hanno permesso di correre dopo cena, la pioggia non mi ha permesso di correre nei rarissimi momenti che lavoro e figli. E anche se la bilancia rimane fortunatamente ferma, mi sento pingue e rallentato. Quasi che mi manchi la quantità giornaliera di acido lattico, che senza quei piccoli fastidi muscolari non mi senta vivo.
Di scrivere neanche a parlarne; dopo un'ora a cercare di addormentare Pee, la sera, la cosa più complessa che mi riesce di fare è lavarmi i denti e andare a letto. Con un piccolo pisolo sul divano prima, così, tanto per scaldare i muscoli a Morfeo.
Ma in fondo la vita è come una scatola di cioccolatini (cit.) ed anche il giorno più nero dura solo 24 ore (cit.) e domani è un altro giorno (cit.) e francamente, me ne infischio (cit.)

giovedì 30 maggio 2013

La moglie in vacanza....

Chi sarebbe in grado di completare questa frase?
Dai, non fate i timidi, che adesso dire che da giovani si guardavano le vaccate con Lino Banfi ed Alvaro Vitali fa fico. Pellicole softcore, le chiamano adesso.
Io figuratevi che oltre ai genitori del cattolicesimo ortodosso, in casa avevo anche i nonni. Mia nonna ha guardato per mesi la tv a colori con gli occhiali da sole perchè diffidente verso questa nuova forma di tecnologia.
Figuratevi come potevano essere considerate le cassate di Edvige Fenech.

Ma non era di questo che volevo parlare... di cosa volevo parlare?
Ah, Si! Del fatto che da ieri sono papà single.
Silver se ne è partita per Roma per un congresso nazionale ed io sto sperimentando l'esperienza della famiglia monogenitoriale.
Va tutto benissimo, devo dire. Solo una domanda per i genitori single all'ascolto: Ma come cazzo fate?
Davvero, gente, massima stima, sul serio.
Ieri ad un certo punto della cena mi ha preso un piccolo momento di sconforto pensando che avrei dovuto: sprepararecaricarelavastoviglielavaredenticonvincerliasalireascoltarefiabasonora
addormentarliincontemporaneapreparareabitigiornosuccessivopianificarecenalavarmiandare aletto.
Teribbbile!
Invece ho tenuto duro e tutto sommato è andata meglio del previsto.
Ho anche buttato giù l'incipit di un romanzo.
Così, perchè non ero ispirato a continuare col monologo che dovrei fare per mio fratello.
Ah, ma è un gran bel bestseller, sa?
È un giallo-noir, con protagonista un ispettore. Ho anche in mente il seguito... Sto pensando ad un personaggio tipo Montalbano, Pepe Carvalho o Harry Hole.
Successo assicurato.
Anche il monologo è bellino, fino a qui.
Insomma, se supero questa settimana senza moglie avrò davanti una
 luminosa carriera di scrittore.
Certo, se qualcosa riuscissi a finirla sarebbe meglio, credo.
Non so. Adesso ci penso.




martedì 3 aprile 2012

In queste scarpe


Oggi sono in vena di post assurdi. Se non avete voglia di seghe mentali, di metafore idiote e altre amenità evitate di proseguire.

Sabato e Domenica siamo stati per scarpe. Tra un mese e mezzo si sposa mia sorella. I futuri sposi si son fatti tutto un programma sui pargoli che non so se sarà avverabile.
Ad esempio gli anelli devono portarli all'altare Marichan e la Nene (la figlia di mio fratello). Le due si adorano, ma la prima mezz'ora assieme è sempre di fuoco. Dovremo mandarle in ritiro la sera prima per farle affiatare, come il Grande Vicenza di Guidolin.
Lo sposo, invece, voleva vestire i gemelli in frack e cilindro e farsi accompagnare all'altare dai paggetti. Tsk Tsk. Io me li vedo le due iene che man mano che percorrono la navata staccano tutti i fiori dai banchi, buttandoli dentro al cilindro,  ridendo e dicendo “Cac-ca!!!”
Abbiamo optato per delle meno impegnative giacchette blu e pantaloni bianchi. 

Ma scarpe dicevo. Abbiamo preso delle scarpette da Yachtclub che lèvate! Solo che in un mese e mezzo restiamo senza. Così ieri abbiamo preso d'assalto il centro commerciale per trovare due paia di scarpe da tennis smalfare che si facciano carico dell'impatto della ghiaia, dell'erba e del cantiere della casa per questo inizio primavera.
Poi in una vetrina abbiamo visto due cappelli panama. Evvai, se cappello doveva essere, che cappello sia. Oltrettutto il panama fa pendant con la divisa del quintetto di ottoni dove suona mia sorella. Sarà un successo. Oppure svilupperanno delle turbe psichiche a causa dei genitori che li vestono da pagliacci. Una delle due.
Va ben. Ma torniamo alle scarpe.
Io non sono feticista, mai stato. Mi piace però ricordare qualche scarpa che ho visto e/o indossato. Ricordo le scarpe ortopediche, comprate al Peter Pan in contrà Muscheria: dure, ma dure. Mi ricordo le Tiger (che poi sonodiventate Asics) indossate dai gemelli P. , all'asilo. Uno le aveva con le strisce gialle, l'altro arancioni. Era l'unico particolare che li distingueva. E poi non mi ricordavo mai chi dei due avesse le gialle e chi le arancioni, ed era un casino uguale. Mi ricordo le Soldini che ho comprato in prima media. Imitazione delle Nike ma con personalità; le portavo con fierezza, alla faccia dei compagni pieni di soldi (ho fatto le medie in centro, veh!). Le Puma, comprate con un buono “meritato” a scuola come studente impegnato e disciplinato (cheppalle). Le Andreas da calcio, a km 0, prodotte nel paese vicino: c'ho fatto qualche gol, quando giocavo con i giovanissimi nonostante non le avessi mai lavate (avevo dei piedi di granito, il fango, per quanto secco, li ammorbidiva).
Le prime Lamberjack, che all'inizio erano solo delle imitazioni delle Timberland, poi sono diventate di marca ma, nel frattempo, le mie erano finite.
E poi gli anfibioni grigi, delle superiori e i primi anni dell'università: suonavo con il gruppetto ed ero sempre vestito di scuro (poi basta, si vedeva troppo la forfora).
Le simil Converse tutte strappate che c'ho quasi rimorchiato quella compagna di università carina, ma tanto carina, all'esame di Fondamenti.
Le Adidas che c'ho pedalato dentro fino a Santiago e, l'anno dopo, fino a Roma.
Le scarpe da Sposo, che ci faccio le vesciche ancora ora, se le rimetto.
Quelle con le nappine che una volta sono andato a suonare rock e facevo un po' ridere.
Le polacchine eque e solidali, che porto ancora ora e che sono bellissime anche da sgualcite.
Ed ogni scarpa ha la sua storia, e buttarle fa sempre un po' male. Non siamo gente che vive di ricordi, ma quanti ricordi (è una frase che uso spesso, lo so)