Se
esce un po' di sole, la moglie lo porta sempre allo stesso posto: di
fianco a quella panchina sul viale alberato. Credo che gli piaccia
guardare le macchine che passano, salutare la gente e, se qualcuno si
ferma, e qualcuno ogni tanto si ferma, raccontargli qualche storia
incomprensibile. Perchè anni fa “el ga fato on itus” che
si è portato via l'uso delle gambe e gran parte delle parole.
Le
pie donne del paese dicono che il male glielo ha mandato il Signore
come punizione per le innumerevoli eresie che soleva pronunciare.
Ma
evidentemente il Signore non è dotato di strumenti di precisione,
oppure era un pezzo che non si cimentava con le maledizioni perchè le bestemmie
sono l'unica cosa ancora intelleggibile in quell'eloquio tutto
smozzicato e sputazzoso.
Non
conosco la sua storia ma a me, a vederlo così, in carrozzina, con quei
folti baffi, i lunghi capelli bianchi racconti in una coda di cavallo
ed il cappellino sempre in testa, ricorda un reduce del Vietnam.
Ho
scoperto da poco il suo vero nome; io l'ho sempre chiamato Kovic.
E
così, ad una prima e superficiale impressione, mi sta simpatico.
Non
mi sono mai fermato a chiaccherare, perchè per lui sono uno
sconosciuto, ma lo saluto sempre, sia quando passo in bici che quando
la mia corsa incrocia quel viale. E lui ricambia sorridendo.
L'altro
giorno siamo passati in passeggiata con i bimbi e lui era lì, al
solito posto, come un guardiano. Maria ha tolto incerta la mano dal
manubrio per ricambiare il saluto. Jack invece si è messo a piangere
disperato e per poco non finiva in mezzo alla strada nel tentativo di
evitarlo.
Silver
ed io ci siamo vergognati tantissimo della scenata e ci siamo
allontanati in fretta.
Ma
per tornare a casa era necessario ripassare per lo stesso posto e
Jack non ne voleva sapere di risalire in bicicletta.
Così
ho iniziato a raccontargli la storia del “Nono Bepi”, il
papà del nonno.
Anche
lui era in carrozzina perchè aveva male alle gambe. Ed era sempre
vicino alla finestra, che guardava le macchine che passavano e mi
diceva “Bocia, portame na cica”. Ed era buono e mi
ha regalato la bicicletta.
E
Jack, titubante è risalito sul suo “cavallo” ed ha ripreso la
via di casa. E anche se, poco prima di girare l'angolo e trovarselo davanti si è visibilmente irrigidito ed ha rallentato la sua già potente pedalata, ha continuato a dire che voleva salutarlo.
Sfortunatamente
Kovic era rientrato a casa, la moglie aveva buttato la pasta e se
l'era venuta a riprendere.
Ed ora piove, e sono 4 giorni che aspettiamo il nostro saluto.
"Dov'è Kovic?
Ciao Kovic” dice Jack ogni mattina guardando fuori dalla finestra
della sua cameretta.
Questo
post cade proprio a fagiuolo perchè gli amici di PescePirata stanno
promuovendo questa che è, secondo me, una bella
iniziativa culturale, oltre che un concorso letterario.
Non
essendo all'altezza di partecipare, faccio quanto posso per
promuoverla.
GRANDISSIMO!
RispondiElimina(e poi sei un narratore fantastico!)
Uhm! Sai che mi sto convincendo a partecipare... dopo tutto vi servirà pure qualcuno che arrivi ultimo? ;)
Eliminaé bellissimo che siate riusciti a fargli superare la paura (ma chi meglio di te?) ed è ancora più bello che lui abbia capito e nonostante non fosse ancora tranquillo del tutto lo volesse salutare. Adesso quando riuscirà a farlo sarà una bella festa!
RispondiEliminaSperiamo... Ma già che lo nomini senza piangere è un bel risultato.
EliminaL'ho visto, grazie a te :)
RispondiEliminaHai visto Kovic? Significa che sei passata di qui?
EliminaNo, nel senso che me l'hai fatto "vedere" :)
EliminaCarino il tuo bimbo...mi hai commosso un po'...
RispondiEliminadarling
Sono onorato della tua commozione ;)
EliminaGran bel post, davvero.
RispondiEliminaStai diventando una colonna della blogosfera. ;)
Eh, addirittura. Grazie, comunque
Elimina;)
Dicevo: belli, codesti tuoi racconti di vita vera.
RispondiEliminaMa limortaccidebligspot, nonposso firmare dall'ipad. Eccheccazz.
Pellona (come si intuiva)
Questa cosa che non si riesce da iPad, proprio ora che deve arrivarci l'iPad, mi fa girare le pad...
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