Dev'essere stata primavera, Aprile, forse, perché veniva buio tardi e ancora il rosso sole del tramonto filtrava attraverso le tende della casa di Damiano.
C'erano un paio di bibite e due sfogliatine e come sempre si sparavano più cazzate che contenuti importanti.
Ricordo che ad un certo punto ci siamo guardati in faccia, il padrone di casa ed io, il timoniere ed il tattico della memorabile spedizione a Santiago de Compostela dell'anno precedente, e abbiamo sentenziato: "Allora Roma?"
"Roma!".
Tornando indietro, forse, avremmo potuto condividerlo un pelino di più, ma in fondo che importa?
Credo che nessuno si sia pentito di aver fatto il viaggio, nonostante qualche malumore dei primi giorni ed i classici: "Certo che dopo un anno di lavoro una vacanza un pelino più massificata a Rimini ce la potevamo anche fare".
Che poi la meta è quasi un pretesto, in viaggi così.
Partenza con data sbagliata, fotocamera vittima del millennium bug |
Infatti l'abbiamo presa larga, a dare un senso ad ogni singolo giorno di quei dieci passati in sella. Un viaggio nell'Italia del centro-nord, partendo dalle Prealpi Venete fino al mare Adriatico, Sottomarina, ad accontentare chi aveva voglia di mare (e allungano il viaggio di un centinaio di km).
Per poi scendere, passare il Po' e l'inevitabile, obbligatoria battuta che ci facevano fin da bambini "Ragazzi, fuori il passaporto", che era un prendere in giro i razzisti più che i terroni.
E la Romagna e poi l'Emilia, la Toscana appena lambita per passare a salutare la zia Suora in Umbria (un altro bel centino regalato al contachilometri)
Quindi Perugia, Assisi, Spello, l'Etruria, Bracciano
ed infine Roma, Caput Mundi, senza le cornamuse di Santiago, solo con degli agenti di Polizia che ci hanno chiesto di stare buoni e tranquilli che c'era l'allarme terrorismo.
Giusto il tempo di una foto
Avevamo percorso 800 km, quasi il doppio di quelli che servono per collegare Vicenza con Roma, ma avevamo ascoltato i dialetti di cinque regioni, assaggiato i piatti di nove cucine diverse, raccolto consigli errati da decine e decine di persone.
E, per dirla alla De Gregori, "alla fine di un viaggio c'è sempre un viaggio da ricominciare"; così ciascuno di noi è ripartito da lì, da quella piazza eterna, da quel dolore al soprasella, dai muscoli duri di quel giorno per cercare la sua nuova strada.
Con qualcuno non ci siamo più visti, se non di rado, alcuni amori sono finiti, altri sono nati. Vita normale, insomma, vita di ogni giorno.
Ed io, inutile burattinaio di parole, e Silver, mia immeritata consorte, anche se quel giorno non lo sapevamo, di lì a poco tempo avremmo deciso di sposarci ed andare verso un destino che non sapevamo vedere e che forse non è stato sempre e solo in discesa come in questa foto, una delle nostre preferite, scattata a San Gemini da Massimo, il quarto degli irriducibili di Santiago.
Ma, discesa o no, siamo ancora in sella e non abbiamo nessuna voglia di scendere proprio ora.
Buon viaggio!
Anche se posto poco (le ferie concedono meno momenti per scrivere di quando si lavora, curioso), non manco di ricordarvi di passare a fare un "saluto" all'iniziativa Occhio al Nikio. No, dico, non vorrete mica che la soddisfazione per aver raggiunto l'obiettivo ce la teniamo tutta per noi, no?
No, non ci sono solo le discese, anzi, ma km dopo km si va avanti con gioia.
RispondiEliminaBelli voi.
Giusto! Grazie mille!
EliminaGrande viaggio italiano..un po´di curve ma ne valeva la pena!
RispondiEliminaMa il vostro viaggio attuale e´ di sicuro mille volte migliore...
È migliore solo perché lo condividiamo con amici come te. Grazie Dami.
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