C'è
stato un tempo in cui il detto “Parlare alla pancia delle persone”
era non solo molto utilizzato ma addirittura usato con accezione
positiva. Superlativamente positiva, oserei dire, in qualsiasi campo
la si usi.
“Quel
cantante arriva al suo pubblico, parla alla pancia della gente”
“La
Lega la votano in tanti perché parla alla pancia della gente come
una volta faceva il comunismo, che ora è snob”.
Due
esempi molto diversi, chiaramente ai quali, però, la mia pancia
risponde sempre allo stesso modo: “mi spingi ad un singhiozzo o ad
un rutto” cantava il vecchio Francescone che per decenza o per
metrica ometteva la terza risposta, quella in direzione (ostinata e)
contraria.
Capite?
Nemmeno al cuore, alla pancia proprio.
Voglio
dire: è chiaro che parlare alla pancia della gente significa
capirla, farla sentire inclusa. Mi chiedo però quanto non sia
responsabilità di ciascuno di cercare di elevare, ogni tanto, il
livello provando a lasciare alla pancia il suo ruolo naturale.
Pensiamo
ai nostri figli, ad esempio: loro la pancia la sanno ascoltare
eccome. Hanno fame, hanno sete, gli scappa da cagare. (autogrill)
(oggi sono in vena di cazzate, e dire che il post vorrebbe essere
serio).
Però
noi gli chiediamo di aspettare l'ora di cena, di finire la pasta
prima di andare in bagno, di non reagire con un manrovescio ad
un'offesa (“tu non hai il pippo”, o “tra i cattivi degli
Avengers ce n'è uno che si chiama come te”)
E
quotidianamente ci sforziamo di governare la nostra pancia nel non
reagire alle provocazioni quando sono molto stanchi, di provare ad
abbracciarli e rassicurarli che li amiamo quando ci danno i calci,
fanno i capricci, ci respingono magari riscuotendo, a dispetto di
ogni previsione, un bacio tardivo, prima di andare a dormire.
Ed
è faticoso, certo, soprattutto a casa, soprattutto con le persone
più care, quelle in presenza delle quali ci togliamo le scarpe,
nonostante l'amore, nonostante l'età.
Eppure
sappiamo che dobbiamo provarci e tentiamo con i figli quello che non
siamo mai riusciti a fare con i genitori.
E
allora, dico, ma per coerenza non potremmo cercare di non dare troppo
peso alla nostra pancia anche nella quotidianità?
Non
potremmo fare obiezione di coscienza verso le pubblicità stupide, i
discorsi stupidi, il razzismo, il maschilismo, la pochezza culturale
quotidiana?
In
fondo non siamo tutti convinti che è con la coerenza e l'esempio che
si educano i bambini?
Educhiamoli
ad un linguaggio di cuore e cervello lasciandoci permeare solo da ciò
che parla a cuore e cervello.
A
me i discorsi alla pancia entrano da un orecchio ed escono...
scusate, devo proprio correre.
In ogni lavoro di brainstorming c'è il tipo che fa l'intervento scemo. Di solito sono io. Lo faccio anche nel blogstorming di GenitoriCrescono
ah ,ma allora stai dissentendo !
RispondiEliminapiù seriamente: chi fa l'intervento "scemo" spesso rasenta la genialità , e quasi sempre , fa vedere la cosa da un lato non scontato...
È vero. Io pero spesso faccio la parte dello scemo non genio. ;)
EliminaIo sono una che la pancia la ascolta molto, ma solo quando non dice bischerate ;)
RispondiEliminaBel post!
Grazie... io la pancia la ascolto, anche. Certo, di solito l'outfit non è il massimo. ;)
EliminaLa pancia fa parte del resto, e se non ci fosse la cacca saremmo davvero tutti nella merda. ;)
RispondiEliminaA ogni parte del corpo i suoi meriti. :)
Senza dubbio. Non diamo alla pancia più compiti di quelli che già ha ;)
Eliminami pare di capire che si potrebbe parlare al cuore in un italiano privo di kappa e correttamente congiuntivato, vero?
RispondiEliminala bellezza salverà il mondo, possibilmente facendola entrare dentro di noi senza troppa aria :)
Dio ci liberi dall'aerofagia ;)
EliminaI discorsi possono anche possono anche essere che ti colpiscano alla pancia, che ti entrino dentro fino a li.... L'importante è che salgano fino al cuore e cervello, se scendono... pasiensa saranno aria ... e non specifico da dove usciranno.
RispondiEliminaNel dubbio proviamo a parlare direttamente al cuore. Che la strada per il cervello è anche più corta.
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