Ogni tanto mi prendono dei giorni in cui non so proprio cosa scrivere.
Oppure ho un'idea e non riesco a lavorarci, perché manca il tempo o l'ispirazione.
Così guardo il file dove mi annoto le idee e lo vedo di giorno in giorno spuntare le voci annotate e mi prende un senso di velata ansia (molto velata, ndr)
Oggi sono stato fuori tutto il giorno, ad un convegno e non ho avuto molto tempo. Ora è dura far stare un post in una pausa caffè.
Ho però notato che ai convegni del sociale il bagno dei maschi è quasi sempre libero. Una delle positive implicazioni di lavorare praticamene solo con donne.
Va ben. Volevo parlare del dissenso.
Suona male, no?
Mi rendo conto che invecchiando sto diventando un rompicoglioni, un bastian contrario.
Provate a prendere un bastian contrario e fategli capire che dissentire è sconveniente. Cosa farà, lui, secondo voi?
Indovinato.
Infatti a me sta in punta il non dover dissentire, ok?
Si tratti di qualsiasi cosa. Non faccio esempi, non ho molto tempo.
Se vi va usate i commenti per lanciare la vostra personale campagna di dissenso.
Magari ne uscirà un post... un giorno in cui avrò avuto più tempo.
Buon week end a tutti.
venerdì 29 novembre 2013
mercoledì 27 novembre 2013
Ogni merda ha il suo profumo
sottotitolo:
perché se i trattasse solo di rose e spine ci andrebbe ancora bene.
attenzione,
post dai contenuti duri, si sconsiglia la lettura ai deboli di
stomaco.
Il
bagno vicino all'ufficio ha problemi, come dire? Di reflusso?
Non
so se si può usare reflusso per questi casi; pensare che mio padre, di suo, non solo è
idraulico ma insegnava pure, agli aspiranti idraulici. Io non c'ho
mai capito un tubo (ah ah, la bellezza dell'humor vintage)
Va
ben, ma non si voleva parlare della mia ascendenza idraulica ma del
bagno vicino al mio ufficio e dei suoi problemi.
Di
base non è intasato, ok?
Voi
entrate e lo vedete pulitissimo. Il problema è, pare, che le fogne
del circondario abbiano alcune difficoltà ad accogliere le deiezioni
del quartiere.
Un'altra
teoria dice che il mare, quando soffia grosso rimanda al mittente i
pacchi regalo.
Qualcuno
pensa che sia tutto un disegno massonico per comunicare in codice.
Altri
sono convinti che sia colpa degli alieni.
Non
so. Sia chiunque sia, caga cose terrificanti, a giudicare
dall'odore.
Perché
quello è il problema: ogni volta che cambia il tempo lavoriamo
immersi in un odore terribile e nauseabondo.
Dice Silver, che è donna di scienza, che l'olfatto è dei cinque
fratelli, il senso che più di tutti si sa adattare rapidamente.
Guarda
te: io pensavo che volesse dire che, ad un certo punto ci abituiamo
all'odoraccio al punto che non lo sentiamo più, come chi abita
vicino ai binari che non si sveglia se passa il treno di notte,
invece a me è successa un'altra cosa: ho imparato a conoscere
l'odore.
Così
in ciò che mi rimanda indietro la fogna io distinguo il profumo di
ciò che abbiamo mangiato in mensa il giorno prima, la qualità della
carne grigliata a pranzo e perfino gli ingredienti della pizza
settimanale.
Questa affinata abilità me la porto anche a casa.
Devo dire, però, che poi ogni
bagno ci mette il proprio personalissimo tocco di chef dando a
ciascun odore una particolarità che in altri bagni non si trova.
Il
lato grunge di tutto ciò è che se impari a riconoscere il profumo
che c'è dentro alla merda, ti viene fame, perché di volta il volta
mangeresti la pizza, la peperonata o la salsiccia al forno.
Ed
ho pensato che il detto "Ogni rosa ha le sue spine" rischia di fuorviarci.
Nella vita di molti ci sono pochissime rose e molta molta merda. Ma
forse è proprio nella capacità di riuscire a riconoscerne quei
vaghi profumi che troviamo il motivo del nostro alzarci ogni mattina.
venerdì 22 novembre 2013
Ricattoterapia
Alzi
la mano chi non ha mai usato un regalo come ricatto per ottenere un
risultato con un figlio.
Così il Natale diventa leva educativa; ben venga, dunque, che al due di
novembre ci siano già gli addobbi al supermercato: è l'onda lunga
del comportamentismo.
Si
lo so, non si fa.
Il
bimbo dovrebbe essere intrinsecamente motivato a mangiare, a lavarsi,
a dormire, ad essere bravo a scuola, a riordinare casa a prendersi
cura dei suoi vecchi quando un giorno saranno dei piscioni allettati
capendone il senso profondo, l'utilità personale e sociale. E non
estrinsecamente, con un rinforzo esterno come un gelato, un john
deere giocattolo, l'eredità.
Ma
non facciamo i verginelli, ok?
Scappa
di farlo. Come scappa il cazziatone quando sei più esaurito del
solito e lo scapaccione quando proprio te lo levano dalle mani (anche
se sempre meno, devo dire, bravo Gae).
È
successo un fatto però che mi ha spinto a riconsiderare il ricatto
rinforzo come qualcosa che possa servire allo scopo: ottenere il
risultato insperato.
I
miei figli hanno saputo dai nonni che Babbo Natale porta il carbone
ai bimbi cattivi (rinunciate all'idea di convincere i nonni che non
si fa. Rinunciate all'idea di convincere i nonni di qualsiasi cosa,
ok?)
Un
giorno, in macchina, Pee era in preda a crisi capricciosa convulsiva,
si è sganciato dal seggiolino e se n'è uscito con un “Io voglio
il carbone” che è un po' come dire " provateci, se avete il coraggio".
Accecato
dall'ira sono sceso e, legandolo di nuovo, gli ho detto
incazzatissimo che lui era ancora troppo cattivo per meritare il
carbone e che al massimo poteva sperare in un po' di cacca di renna.
Secca.
La
situazione è improvvisamente cambiata. Tutti hanno iniziato a ridere
ed anche Pee ha cambiato completamente registro.
Cosa
voglio dire?
Non sempre la minaccia deve servire a minacciare, può
anche essere una specie di gioco che “dis'cioca”, diciamo
noi, ovvero fa pensare ad altro e consente di uscire da una situazione di muro
contro muro. a la a la
Se
avete letto fino a qui e vi sembra la scoperta dell'acqua calda, per
evitare che vogliate indietro i soldi, vi elenco alcuni regali
farlocchi con i quali ricattare i vostri figli in vista del Natale.
- Mutande e calzini (diciamolo una volta per tutte, hanno sempre fatto cagare anche a noi)
- Il cicciobello bua, per lui, se vuole un trattore
- Il trattore, per lei, se vuole il cicciobello bua
- La Barbie con il culo grosso
- Il trattore senza una ruota
- Il carbone, quello vero, della stufa dei nonni
- Cioccolatini preciucciati
- Caramelle gusto minestra di verdura
- La cacca di renna secca.
- Un barattolo con le scorregge delle renne: tu lo apri, fa prr, un po' di puzza e poi basta.
mercoledì 20 novembre 2013
Rage against the Recita
Io
credo di essere una persona mediamente snob con dei picchi decisi verso il molto snob.
Uno
di questi picchi arriva in prossimità del Natale quando tutto il
mondo entusiasta pare non attendere altro che la possibilità di
organizzare le attività dell'asilo;
il
carro per andare a cantare la stella, il canto della stella, i regali
per le maestre, i biglietti di auguri, i lavoretti per la bancarella,
le scenografie per lo spettacolo dei bambini, lo spettacolo dei
genitori.
Ognuna
di questa attività richiede almeno due serate.
Conto
veloce?
12
serate. Una più una meno.
Nessuno
ci costringe ad andare, sia chiaro e, se andiamo, lo facciamo volentieri. Raramente,
ad essere onesti, perché non sempre si riesce a portarsi i bimbi e
il tempo che si passa assieme è davvero poco già così. Però non
ci piace delegare e basta.E molti di quelli che ci vanno sono nostri cari amici.
Insomma,
non volevo parlare di questo ma un incoraggiamento a chi tira la
carretta è doveroso.
La
cosa di cui non capisco l'esigenza però, e adesso mi sforzo davvero di non
essere snob, è una sola: la recita dei
genitori.
Perché serve una recita per i genitori?
Sono aperto al confronto di idee, sul serio. Se mi convincete ci vado
Scorrendo
i pro e contro o trovato i due seguenti pro:
- I bambini si divertono a vedere i genitori che fanno gli scemi.
- È occasione di aggregazione tra genitori, che non fa mai male
I
contro invece sono un po' di più:
- Avendo poco tempo il prodotto finito non è mai di qualità
- Non essendo coordinato da qualcuno che lo sappia fare, si rischia di lasciare troppo spazio alle manie di protagonismo di qualcuno
- Allunga uno spettacolo che, di per sé, sarebbe già a posto così
- Ma soprattutto, e lo dico con forza: lo spettacolo di Natale, con tutti i limiti che può avere, è un momento dei bambini.
Dico,
i nostri figli avranno già un sacco di problemi a crescere, il
lavoro, che è già poco per noi sarà probabilmente ancora meno per
loro, faranno sempre più fatica ad emanciparsi dalle figure
genitoriali (un po' per cultura ed un po' per necessità), hanno
davvero bisogno che ci mettiamo in mezzo anche in qualcosa che
dovrebbe essere loro e solo loro?
È utile che i nonni, alla sera,
gli ricordino quanto divertenti sono stati gli sketch di mamma e
papà (ammesso che lo siano stati) e poi, con quell'aria
assolutamente falsa e sgamabilissima da “si amore anche tu sei
bello” dicano che è piaciuto anche il loro piccolo ed imbarazzato
canto di Natale?
E
non sarebbe invece importante semplicemente lodarli per essere
riusciti a non piangere? O consolarli se invece hanno pianto?
Per
poi bersi una cioccolata calda tutti assieme, riportando tutto la
dimensione che merita.
L'aggregazione
tra mamme e papà è importante ma si può fare in mille altri modi.
Ed i bimbi si divertono anche se balli sul divano assiema a loro, la
sera, prima di dormire.
lunedì 18 novembre 2013
Fratelli: Coltelli
Ieri sera, guardando Dexter, quel gran genio di mia moglie, che nel frattempo pure stirava, se n'è uscita con una chicca: "Certo che Debra Morgan sarebbe anche una gran detective, solo che suo fratello le ammazza tutti i colpevoli e li catafotte in fondo al mare prima che lei riesca a prenderli".
"Caspita, è vero!" sono caduto io dal pero (notasi rima in stile papiro di laurea).
Così mi è venuto in mente che qualche tempo fa avevo sgureggiato un po' sull'ingombro dei padri ed ho pensato che non è così tanto diversa la situazione con i fratelli.
Anzi, è forse addirittura peggiore.
Io lo so sulla mia pelle, anche se il primogenito, di per sé parte avvantaggiato: può imparare un po' prima qualsiasi cosa e questo è un po' come gareggiare sui 100 metri piani partendo dalla linea degli 80. Quindi forse è giusto dire che lo so sulla pelle dei miei fratelli, poveri. Anche se, mi devono dare atto, ho fatto di tutto per non far sentire il peso del mio genio assoluto: mi sono fatto bocciare a scuola, mi sono ritirato dal calcio nell'anno in cui giocavo meglio, ho sempre preferito Kenshiro ad un'ora di chitarra, ho scolpito i miei addominali con terrificanti sedute di poenta e luganega
Infatti mio fratello suona decisamente meglio di me. E mia sorella è addirittura diplomata in conservatorio.
Ma non parliamo di me.
È chiaro che avere dei fratelli ti mette di fronte a dei modelli e ti costringe ad un inevitabile confronto. Bene o male è inevitabile che pure noi genitori finiamo per fare dei confronti.
Credo che crescere conosciuto come "il fratello di" sia frustrante e doloroso.
Con i miei figli spero sempre di riuscire a farlo solo nella mia testa, senza metterli involontariamente in competizione.
A volte mi auguro che nessuno di loro tre sia nulla più che un normalissimo bambino. O addirittura preferirei che fossero tre somari piuttosto che uno solo di loro dovesse scontrarsi con i risultati dell'altro.
Insomma, non vorrei essere il padre dei fratelli Knopfler, di uno dei quali si son perse le tracce.
Preferirei di gran lunga avere Malcom e Angus, il primo dei quali, dicono i bene informati, per amore di un progetto ha mandato avanti il meno dotato ma più istrionico fratello scegliendo di starsene dietro, a farsi il mazzo per tutti.
Se non è amore fraterno questo
"Caspita, è vero!" sono caduto io dal pero (notasi rima in stile papiro di laurea).
Così mi è venuto in mente che qualche tempo fa avevo sgureggiato un po' sull'ingombro dei padri ed ho pensato che non è così tanto diversa la situazione con i fratelli.
Anzi, è forse addirittura peggiore.
Io lo so sulla mia pelle, anche se il primogenito, di per sé parte avvantaggiato: può imparare un po' prima qualsiasi cosa e questo è un po' come gareggiare sui 100 metri piani partendo dalla linea degli 80. Quindi forse è giusto dire che lo so sulla pelle dei miei fratelli, poveri. Anche se, mi devono dare atto, ho fatto di tutto per non far sentire il peso del mio genio assoluto: mi sono fatto bocciare a scuola, mi sono ritirato dal calcio nell'anno in cui giocavo meglio, ho sempre preferito Kenshiro ad un'ora di chitarra, ho scolpito i miei addominali con terrificanti sedute di poenta e luganega
Infatti mio fratello suona decisamente meglio di me. E mia sorella è addirittura diplomata in conservatorio.
Ma non parliamo di me.
È chiaro che avere dei fratelli ti mette di fronte a dei modelli e ti costringe ad un inevitabile confronto. Bene o male è inevitabile che pure noi genitori finiamo per fare dei confronti.
Credo che crescere conosciuto come "il fratello di" sia frustrante e doloroso.
Con i miei figli spero sempre di riuscire a farlo solo nella mia testa, senza metterli involontariamente in competizione.
A volte mi auguro che nessuno di loro tre sia nulla più che un normalissimo bambino. O addirittura preferirei che fossero tre somari piuttosto che uno solo di loro dovesse scontrarsi con i risultati dell'altro.
Insomma, non vorrei essere il padre dei fratelli Knopfler, di uno dei quali si son perse le tracce.
Preferirei di gran lunga avere Malcom e Angus, il primo dei quali, dicono i bene informati, per amore di un progetto ha mandato avanti il meno dotato ma più istrionico fratello scegliendo di starsene dietro, a farsi il mazzo per tutti.
Se non è amore fraterno questo
venerdì 15 novembre 2013
Protocollo EST
Ogni
tanto pure a me viene il lampo di gegno.
Nei
giorni scorsi, passando a salutare Mafalda sul suo blog, mi veniva in
mente che sarebbe utile che l'umanità facesse, di tanto in tanto, un
salto in avanti, tipo il DNA degli X-Men.
Il
succo del mio pensiero vi potrà sembrare poco economico, così, su
due piedi, e forse anche un po' complesso, ma vi invito a valutare
gli effetti a lungo termine della proposta.
Ma
sono sicuro che, una volta metabolizzato il cambiamento, non
riuscirete a fare a meno di pensare che la qualità della vostra vita
è decisamente migliorata.
Il
protocollo EST
Si
tratta di un semplicissimo obbligo di legge che prevede di apporre,
su qualsiasi cosa, la dicitura EST qualora il tempo sia l'unica
soluzione.
EST
è infatti l'acronimo di È Solo questione di Tempo. Si potrebbe
anche mettere ESQT ma capite anche voi che vi si svita la lingua solo
a cercare di pronunciarlo.
Quindi
si potrebbe mettere su tutte le preoccupazioni rispetto alla crescita
dei bimbi, no? Il mio non cammina ancora sicuro mentre il tuo, che è
nato due giorni dopo, ha iniziato ieri a muovere i primi passetti.
La
mia si ciuccia il dito spasmodicamente, ha otto mesi e temo che a 18
anni ancora starà lì a succhiare.
Piove,
governo ladro, i bimbi andranno sicuramente in tilt, oddio, no non è
il caso di far loro vedere la tv, non concedo mai la tv più di dieci
minuti al giorno, sto in ansia.
Dormono
in mezzo, oddio, ma sarà letale il co-sleeping? No non posso
riportarli nel loro letto perché non mi accorgono che vengono,
allora metti la sveglia ogni ora e svegliati anche se non vengono nel
tuo letto.
La
vecchia del piano di sotto rompe? È vecchia.
Berlusconi
al governo.... beh, ogni teoria ha le sue brave eccezioni.
Non
è semplice? Non vi sentite rassicurati nel sapere che la maggior
parte di queste cose, e tante altre ancora, si risolveranno senza
particolari interventi da parte vostra?
Non
sentite che il vostro naturale stress esistenziale è già diminuito?
Dai,
è sufficiente un'etichetta sulla scatola.
Chiaro: una volta capito come fare a mettere tutto in delle scatole.
Questo post, abbastanza inutile, partecipa comunque al Blogstorming di Genitori Crescono.
E se non vi fosse bastato, oggi mi trovate anche qui
lunedì 11 novembre 2013
Il Miracolo di Elephant Man
La
settimana scorsa ha fatto il giro del web questa immagine, apparsa su
Repubblica.it con il titolo “Il Papa bacia le piaghe di un malato”.
![]() |
Da Republica.it |
In
realtà, come qualcuno ha poi fatto notare ai redattori, non si
tratta di piaghe ma di fibromi, ma non è su queste differenze, pur
importanti, che mi voglio concentrare.
L'immagine,
come a tutti, credo, mi ha fatto piuttosto impressione; come si può
vivere con il corpo sfigurato da lesioni come quelle?
E
poi tutte le domande: è contagioso? Può capitare anche a me? E se
capitasse ai miei figli?
Molto
spesso è sufficiente un minimo di informazione per trovare le
risposte, ma le domande, a caldo, sono sempre quelle. Ditemi che non
è vero e vi crederò. Ma io mi faccio sempre quelle domande lì.
E
Bergoglio invece che fa? Probabilmente si sente come Antony Hopkins
su "The Elephant Man”, la prima volta che vede Joseph
Merrick: lo vede, ne prova una pena infinita ed una lacrima gli
scende sul viso.
E
contrariamente a tutto quello che l'istinto gli suggerisce, scende
dalla macchina e se lo va ad abbracciare.
Così,
nei giorni successivi, mi perdevo, correndo, a pensare ai miracoli.
“Cazzo, sarebbe proprio bello che quel tipo lì, il giorno dopo, si
svegliasse senza più fibromi, la pelle liscia come quella di un
bambino, le mani morbide, il cuore libero”.
In
fondo manca solo questo a Papa Francesco, no? La capacità di guarire
imponendo le mani, come fanno i santi veri, quelli con il bollino ISO
9001.
E
così, tra l'acido ed il sarcastico, mi rinforzavo nella mia idea che
Dio, nel quale credo, in fondo arrivi fino a lì, e che, pure a lui,
ci siano cose che sfuggono e che non gli riescono come avrebbe
voluto.
Poi,
verso Venerdì una mia collega, atea, anticlericale mi fa: “Te lo
ricordi V? (non c'è bisogno d'altro, V ce lo ricordiamo tutti, aveva
proprio quella malattia della foto ed è stato qui parecchi anni fa). È
stato in udienza dal Papa”.
Così
abbiamo riaperto le foto, e si, in effetti.
“Credo
che un abbraccio così, quel ragazzo, non lo avesse mai ricevuto in
vita sua”. Ha detto lei.
“Si,
è vero” ho detto io.
Ed
andando a casa ho pensato che forse il miracolo più grande è sempre
e comunque l'amore, no?
Possiamo
pensare che arrivi da Dio o da una persona, ma sempre un miracolo è. A me lo ha fatto capire una collega atea.
E
magari, azzardo, potremmo inventare la macchina del tempo e tornare
da Gesù e scoprire, che nemmeno lui i lebbrosi li guariva ma
semplicemente li abbracciava.
E scoprire anche che, forse, a volte è più difficile che guarirli.
giovedì 7 novembre 2013
Esci da questo corpo 2. Riapparizioni
Prologo:
Ildiavolo è stato cacciato ma non è morto. Infatti, in alcune piccoli
paesi dell'Alto Vicentino si manifesta di tanto in tanto sotto forma
di misteriose sparizioni di oggetti.
Ma
questa non è la sola anomalia: le case di cui parliamo sono abitate
tutte dalla stessa famiglia.
Esci
da Questo corpo 2. Riapparizioni
La
prima segnalazione degna di nota fu nel 2006 quando dall'anulare
dell'allora giovane sposina Silver scomparve l'ancora lucente fede
nuziale. Lei giura di non essersela mai tolta da qui il sospetto
sull'intervento del demonio, facilitato chiaramente dal fatto che
l'anello fosse larghetto e che la nostra da tempo si proponesse,
senza mai passare all'agito, di andare a farlo stringere.
Poi
arrivarono i figli, e con loro i ciucci.
Anche
l'occhio meno esperto avrebbe notato delle incongruenze tra il numero
dei ciucci comprati e quelli dati in pegno a Babbo Natale in cambio
dei regali. Un dato che non sarebbe sfuggito neppure ad un
osservatore sordocieco: si tratta di decine di ciucci di differenza.
Passano
gli anni e si cambia casa ma la maledizione insegue la famiglia
El_Gae in ogni dove. Durante l'inverno più freddo di tutto il 2011
scompaiono nel nulla due cd di Mulan. Ribaltato casa, svuotato e
spostato i mobili. Nulla. Il diavolo li ha presi. La colpa viene data
alla cara nonna Marge, che è tanto dolce ma che sarebbe in grado di
negare l'evidenza perfino se torturata da Torquemada in persona.
Altro
cambio di casa, per sfuggire al demonio. Nell'ormai lontana estate
del 2013 si perdono inspiegabilmente le tracce del telecomando del
cancello di casa. El_Gae in persona, dopo averlo usato per entrare in
vespa, non sa come possa essergli stato soffiato da sotto il naso.
Scomparso nel nulla, smaterializzato.
Poi
la bandana da corsa. Certo i bimbi la usavano per giocare ai pirati
ma nei cesti dei giochi non c'è e neppure nelle tasche delle
giacche.
Il
mistero si infittisce.
Fino
a venerdì sera, quando, con le stesse modalità delle precedenti
sparizioni, si perde traccia anche di Spiderman 3, film orrendo
oltretutto, ma che inspiegabilmente gode dei favori della Triplice
Allenza.
Si
ripiega su Goblin, senza colpo ferire, ma El_Gae non ci dorme di
notte: il diavolo è tornato a fargli visita.
E
poi l'epilogo, inaspettato, incredibile.
Domenica
mattina, ore 8,30.
Il
piccolo Pee dice di voler preparare il DVD da guardare con i fratelli
dopo che avranno finito la colazione (piove e allora si concede,
sennò al mattino non si accende la tv).
Il
carrello del lettore si incastra, non rientra.
Santi
e madonne.
El_Gae,
che non è certo un asso del bricolage, si arma di cacciavite e
decide di smontare il device, certo che si tratti di morte ormai
conlcamata e quindi, tutto sommato, grandi danni non si faranno.
Immaginate
lo stupore quando, tolto il mantello metallico, si è trovato di
fronte a tutti i DVD persi negli ultimi due anni.
L'unica
spiegazione razionale è questa: anche a Satana Spiderman 3 ha fatto cagare.
mercoledì 6 novembre 2013
Esci da questo corpo
Voi
credete nel demonio? No, non in tutte quelle manifestazioni della
crudeltà del genere umano che molti imputano al diavolo. Dicevo
proprio al Demonio con la D maiuscola; Belzebù, Lucifero, Pape
Satan, Scalfutro.
Io
di mio ne farei anche a meno ma ci sono storie che fanno vacillare le
mie certezze.
Tantissimi
anni fa, nell'estate fra la prima e la seconda media, in parrocchia
organizzarono il primo Camposcuola della storia del mio paese.
C'erano una suora ed una educatrice e, a memoria, una ventina di
ragazzini in tutto.
Ad
onor del vero, il ricordo più terrificante di quella esperienza non
è legato al diavolo ma al bagno. Il mio intestino, come il Real
Madrid anni '80, ero infallibile in casa, ma a disagio fuori casa.
Più che il mio intestino, io proprio. Non mi piaceva farla in bagni
dove venivano a bussare ogni 12 secondi.
Così,
verso il giovedì (si era partiti il sabato), devastato dai dolori,
mi sono deciso ad affrontare la minaccia turca. Feci (è proprio il
caso di usare il passato remoto) quello che dovevo fare, tirai
l'acqua e me ne fuggii. Senonché, dopo circa dieci minuti, tutto il
gruppo delle ragazze, erano in corridoio a sbellicarsi dalle risate.
Nella fretta non avevo controllato che lo sciacquone avesse fatto il
suo dovere ed uno stronzo (inteso anche come giudizio morale) di
venti centimetri si era puntellato sul fondo della turca e faceva
cucù al mondo dalla sua finestra di ceramica. Umiliato come solo un
adolescente può sentirsi quando viene deriso come solo delle
adolescenti sanno deridere, mi servirono svariati minuti e
imprecisati litri d'acqua per ridurlo alla ragione. Una parte del mio
ego è rimasta dentro quella porticina di legno scrostata. Credo di
non averne mai parlato fino ad oggi.
E
di per sé non ne volevo parlare neppure ora, io volevo parlare di
diavolo ed esorcismi.
Perché
il secondo racconto più terrificante di quel soggiorno fu quello che
ci fece una fredda sera di pioggia, davanti al camino acceso, un
sacerdote che era venuto a trovarci (ok, pioggia e camino sono una
licenza poetica).
Ci
raccontò della sua esperienza come esorcista. In una casa
continuavano a succedere cose strane: gli oggetti venivano trovati
“marchiati” da uno strappo a forma di fulmine. Preciso identico,
sia che si trattasse di scarpe che di giochi dei bimbi, cartoni del
latte, ecc.
Quel
prete era un figo e non avevo motivo di non credergli. Anche perché
il suo racconto fu molto meno crudo di quello che più o meno tutti
avevamo visto (censuratissimo, all'epoca) nel film di Friedkin:
avevano pregatopregatopregatopregatopregatopregato (inspirare) pregato.
E tutto si era risolto.
E
la vita torna felice e tranquilla, nel suo tran tran.
Senonché,
proprio come lo stronzo di cui sopra, questo racconto mi torna spesso
in mente, soprattutto quando da casa nostra scompaiono
inspiegabilmente degli oggetti che non vengono mai più ritrovati...
(si ode in lontananza, sfumando, una sinistra risata)
to be continued...
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cazzone che non sei altro,
esorcismi,
ricordi
lunedì 4 novembre 2013
La mia prima (non) corsa in montagna
Mi auto denuncio per appropriazione indebita.
Di titolo di corridore, intanto.
Poi di corridore in salita, anche.
E di barefoot runner, pure.
Perché, non ancora smaltito il lutto per la mancata partecipazione alla Superpippo, con l'amico Franz si è pensato di scarpinarsela di corsa sul Summano, il monte con due gobbe come un cammello.
Via Crucis, si chiama il sentiero; uno se vuole le risposte alle domande le trova.
Invece no.
Un runner ruba tempo al sonno a alla famiglia. La prima che hai detto.
Si parte alle 6,30.
Il giorno prima "Rosto e poenta onta".
Uno dice: corri usando il Chi (chi?). Non è facile se il Chi è seppellito sotto quattro fette di polenta fritta.
Poi il thé verde dà gastrite. Fastidiosa. Cestinato.
Poi chiacchero troppo.
Poi dovrei perdere almeno altri quattro cinque chili che il Franz, che in pianura gli sto dietro, in salita mi saluta di tanto in tanto e solo perché è un caro amico, sennò mi saluterebbe e basta una volta per tutte.
Che pesa trenta chili in meno, il Franz.
Poi le mie buffe scarpe minimaliste sono modello da strada, a dire il vero, e si scivola di gusto sulle roccie e l'erba umida.Che quando le ho comprate mica lo sapevo che volevo correre in montagna.
Sicchè non è che si sia corso poi tanto.
Camminato forte, quello si. E faticato anche tanto. E divertito anche di più.
In ogni caso non sono l'unico ad essermi appropriato indebitamente di qualcosa.
Leggenda vuole che questo monte Summano sia il simbolo della resistenza pagana alla cristianizzazione del Veneto.
Per non saper né leggere né scrivere il Vescovo di Vicenza ci ha fatto mettere prima un crocione di cemento armato e poi, negli anni novanta, un Cristo di metallo che saluta la valle a mano alzata. Che a me ricorda una versione fascia del Cristo col Colbacco di Stefano Benni che salutava a pugno alzato.
Fascio o no è davvero brutto.
Così, oltre che la montagna ai pagani hanno tolto anche il buon gusto ai cristiani.
Meno male che oggi ho così tanto acido lattico da non pensarci.
Di titolo di corridore, intanto.
Poi di corridore in salita, anche.
E di barefoot runner, pure.
Perché, non ancora smaltito il lutto per la mancata partecipazione alla Superpippo, con l'amico Franz si è pensato di scarpinarsela di corsa sul Summano, il monte con due gobbe come un cammello.
Via Crucis, si chiama il sentiero; uno se vuole le risposte alle domande le trova.
Invece no.
Un runner ruba tempo al sonno a alla famiglia. La prima che hai detto.
Si parte alle 6,30.
Il giorno prima "Rosto e poenta onta".
Uno dice: corri usando il Chi (chi?). Non è facile se il Chi è seppellito sotto quattro fette di polenta fritta.
Poi il thé verde dà gastrite. Fastidiosa. Cestinato.
Poi chiacchero troppo.
Poi dovrei perdere almeno altri quattro cinque chili che il Franz, che in pianura gli sto dietro, in salita mi saluta di tanto in tanto e solo perché è un caro amico, sennò mi saluterebbe e basta una volta per tutte.
Che pesa trenta chili in meno, il Franz.
Poi le mie buffe scarpe minimaliste sono modello da strada, a dire il vero, e si scivola di gusto sulle roccie e l'erba umida.Che quando le ho comprate mica lo sapevo che volevo correre in montagna.
Sicchè non è che si sia corso poi tanto.
Camminato forte, quello si. E faticato anche tanto. E divertito anche di più.
In ogni caso non sono l'unico ad essermi appropriato indebitamente di qualcosa.
Leggenda vuole che questo monte Summano sia il simbolo della resistenza pagana alla cristianizzazione del Veneto.
Per non saper né leggere né scrivere il Vescovo di Vicenza ci ha fatto mettere prima un crocione di cemento armato e poi, negli anni novanta, un Cristo di metallo che saluta la valle a mano alzata. Che a me ricorda una versione fascia del Cristo col Colbacco di Stefano Benni che salutava a pugno alzato.
Fascio o no è davvero brutto.
Così, oltre che la montagna ai pagani hanno tolto anche il buon gusto ai cristiani.
Meno male che oggi ho così tanto acido lattico da non pensarci.
Stravolto da freddo e fatica El Gae arrivò in cima in preda a terribili allucinazioni: credeva di essere il subcomandante Marcos alla guida dell'esercito Zapatista.
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