venerdì 30 dicembre 2016

17

A tutti quelli che hanno pensato che il 2016 fosse funesto, dico che tocca aspettarsi di peggio dal '17, visto che trattasi del numero funesto per eccellenza.
Ciò di cui vado meno fiero in questo 2016 è il mondo in cui vivo e che ahimè anche io contribuisco a rendere un posto che dovrebbe essere migliorato. Dico anche io perché a volte ho la sensazione di girare a vuoto e comunque anche "essere buoni" non è che basti dirselo.
Tanti attentati, tanta paura. Tanta ignoranza anche, forse non più che in passato, ma certamente non meno.
Anche se ci sono stati episodi che mi hanno sconcertato positivamente: non entro nei dettagli ma mi sono dovuto ricredere anche su persone che pensavo fossero dei beceri razzisti che hanno avuto degli spunti di umanità che non mi sarei aspettato. E vorrei portarmi questi episodi nel 2017, più che l'ignoranza di cui sopra.
Poi non sono morti amici cari. O meglio: una ragazza che veniva ai gruppi quando ero giovane è morta, ma non ci vedevamo da un po' e almeno non c'è stata la telefonata inaspettata di un padre o di un fratello a dire: è finita.
Mi rendo conto che è molto relativo (e anche un pelino egoista, perché magari qualcuno che legge ha perso un genitore o un fratello o un amico) e che le persone che se n'erano andate negli anni precedenti non sono certo tornate e continuano a far sentire quel senso di sale sulle ferita, ma ci pensavo giusto ieri, che alla fine è già qualcosa questo, no? Il non dover piangere su altre tombe.

E poi ho lavorato bene, sono sincero. Non vincerò mai il Nobel, probabilmente non verrò ricordato come "il migliore" in nessuna delle cose che faccio, ma il 2016 mi ha regalato delle consapevolezze su alcune mie (poche) qualità che dovrò capitalizzare in futuro sperando che possano mitigare i (tanti) limiti del quale, invece, tendo a minimizzare gli effetti perché mi faccio un po' di sconti.

E poi ho corso meno del 2015. Quasi 200 km in meno.
Però ho nuotato di più ma anche se non avessi nuotato di più chissenefrega. E non dovrebbe essere un bene, invece lo è perché si chiama equilibrio e senso delle priorità.
Mi sono alzato alle 5 solo lo stretto necessario, di solito il sabato o la domenica, e per il resto ho corso quando ho potuto. Sono peggiorato in tutte le gare che ho fatto eccezion fatta per una la Trans D'Havet, che fare peggio era difficile, visto che mi ero ritirato. Ma mi sono divertito molto, in tutte.
In ogni caso a quella ci tenevo tanto, per tutta una serie di motivi miei e anche per il fatto che è probabilmente la più bella che ho fatto. 
Ho fatto anche molte più gare: quattro fino ad ora e cinque con quella di domani. Per gare, capiamoci, intendo corse in cui ti attacchi un pettorale alla maglia, non che debba arrivare prima di qualcuno o in un tempo preciso (a meno di impegni di altro genere).
E quindi: allenato meno e gareggiato di più. Più divertimento, più compagnia.

I figli hanno iniziato scuola e sono più bravi di quello che mi sarei aspettato. Lo sono davvero e mi commuove anche scriverlo. Vorrei che il 2017 aiutasse me e loro a far pensare anche ai miei tre figli che in fondo sono un padre migliore di quello che credo io e di quello che, temo, credono loro.
Buon anno a tutti.

mercoledì 28 dicembre 2016

RIP 2016

A me non è che George Micheal abbia mai fatto impazzire. Noto però che in molti, anche giornalisti di reti nazionali, nell'imbarazzo di doverlo definire grande senza sapere il perché (per loro igonranza, non certo perché il buon Giorgino non avesse qualità), e trovando piuttosto ridicolo farlo per la sola Last Chirstmas, hanno ricordato la sua memorabile performance al Freddie Mercury Tribute a Wembley, tanti anni fa. Un po' come quelli che ricordavano commossi la scomparsa di David Bowie col memorabile duetto di Under Pressure.
Un modo di dire al mondo: a me fotte sega che tu sia morto, mi piacevano i Queen, ma non ho il coraggio di dirlo.
Di George ricordo però una bellissima versione live di "I can't make you love me": da pelle d'oca. Ho scoperto anni dopo che non era un pezzo suo ma una cover di Bonnie Raitt. Comunque mi sarebbe piaciuto che lo avessero ricordato con quel video live: look molto sobrio, con il capello cortissimo e senza meches. Solo l'orchestra e la sua voce.

Poi è morta pure Carrie Fisher. Il cuore le ha chiesto il conto, pare, dopo che lo aveva fatto anche la sua carriera, che poteva essere quella di un Harrison Ford al femminile ed invece si è persa tra cliniche per disintossicarsi e depressioni varie. Eppure le tre cose migliori che ha fatto le ha piazzate tra i cult irrinunciabili a casa mia: Star Wars, The Blues Brothers e Harry ti presento Sally.
Altro che X Factor.

Poi però anche basta con sta storia che nel 2016 muoiono tutti. Così, solo da cultura pop, ricordo che il 1970 e il 1971 sono stati simili, come drammaticità. Ma mafari all'epoca nessuno piangeva in tempo reale sui social o forse era qusi normale che una star morisse per droga.
Se Facebook fosse esistito nel 1970-71
Comunque di tutte queste persone famose scomparse nel 2016, i miei figli si ricorderanno probabilmente solo di Carrie Fisher e di Alan Rickman.
Forse
Perché provate a cercare su Wilkipedia la pagina dei morti nell'anno in cui avevate 6-7 anni, e poi ditemi di quanti vi ricordavate. Io dell'80 conoscevo solo Bon Scott

mercoledì 9 novembre 2016

Breakfast in America

Mi è venuto questo titolo perché pensavo ai Supertramp e mi veniva l'assonanza con il nuovo presidente. Per quanto non trovi granché di super in Trump.
Di sicuro il nostro breakfast è stato guastato da Trump, con mia suocera che è piombata dentro urlando: "Ha vinto Trump, il mondo è finito" (liberamente tratto da una storia vera).

Ma volevo sforzarmi di essere serio.
Da un lato avevo la speranza che non fosse ancora vero. Dall'altro bastava leggere facebook.
Mi colpiva la frase di un amico che diceva più o meno: Ora i radical chic diranno che è morta la democrazia.
Io non mi considero particolarmente radical chic, onestamente, ma credo di essere stato nei pensieri del mio amico stamattina perché alla fine sono uno stronzo snob di sinistra, è indubbio. Però non penso che sia morta la democrazia, anzi. La democrazia è proprio questo: viene eletto chi viene votato dal maggior numero di persone (più o meno, perché poi sappiamo che le leggi elettorali riescono anche a creare paradossi di tipo diverso).

Ma il punto è proprio questo: cos'è realmente morto questa notte in America?
È morta la possibilità di coltivare un sogno di apertura culturale che era iniziato con Obama e che ci aveva illuso sulla possibilità di un mondo diverso. Meno arroccato, con meno muri.
Si, certo nemmeno Obama aveva fatto miracoli e probabilmente non ci sarebbe riuscita neppure Hilary Clinton. Ma qui stiamo parlando di una persona che ha "maltrattato" donne e immigrati per tutta la campagna elettorale ed è stato appoggiato perfino dal Ku Klux Klan.
Ecco, uno che ha fatto leva sui peggiori istinti degli elettori, sulle paure della gente, non credo che partirà da dove Barack si è fermato.

Mi è tornato in mente questo articolo che lessi tempo fa: Platone (che è stato il filosofo che più ho capito, e per questo quello che meglio ricordo) sosteneva che l'anima dell'uomo è composta di tre forze: razionale, irascibile, concupiscibile, che hanno la loro sede rispettivamente nel cervello, nel cuore e nel ventre. Diceva anche che la democrazia non può esistere perché è difficilissimo che tante persone abbiano a cuore il vero bene comune visto che spesso siamo governati dal nostro desiderio di affermazione, di ricchezza, dalle paure irrazionali, eccetera. 
Platone alla fine si dice contrario alla democrazia perché il popolo, con tutti i suoi limiti, le sue paure, i suoi desideri, finisce per mettersi nelle mani di un dittatore: un difensore che sollecita istanze irrazionali, facendosi consegnare il potere. 
Il filosofo greco preferiva l'Aristocrazia che non è il governo dei ricchi, bensì dei migliori, di quelle persone che possono governare utilizzando l'animo razionale avendo a cuore il bene comune. 

Quello che non mi piace di Platone è il fatto che non consideri conciliabili le due posizioni: perché i migliori non possono essere eletti? E perché, una volta eletti non cercano di elevare l'animo degli elettori dal ventre fino al cervello? 
Sapere queste cose sta diventando motivo di scherno, ed il vantarsi della propria ignoranza uno sport nazionale al punto che si tende a continuare a dividere il mondo in fazioni (comunisti vs fascisti, intellettuali vs gente che lavora, buonisti vs cattivisti) manco fossimo allo stadio.
È colpa di chi è stato al potere finora e purtroppo non ci sono prospettive di miglioramento prossime.
Poi il sole sorgerà anche domani, posteremo ancora foto di corsa, scriveremo battute simpatiche su twitter e tutto ci sembrerà come prima. Non meglio, certo, ma magari nemmeno tanto peggio.

venerdì 4 novembre 2016

Sodoma: approvate le Unioni Civili

Checchè (mi raccomando l'accento) ne dica Radio Maria la legge sulle unioni civili rappresenta una svolta culturale di assoluto valore per tutta l'umanità, ma in particolare per le persone di fede cattolica.

Si si, adesso tutti a parlare dei diritti degli omossessuali. No, vi assicuro che le persone froc... affette da omosessuali non c'entrano in questo caso.

Piccola parentesi: la storia di Radio Maria la sapete, no? C'è questo prete, il cui nome è assolutamente dimenticabile, che ciclicamente salta fuori con qualche perla contro i diritti dei cittadini, arrivando anche ad augurare cristianamente la morte alla senatrice Cirinnà, che questa volta se ne è uscito con la storia che il terremoto sarebbe la punizione contro le unioni civili.
Un po' una nuova Sodoma e Gomorra, ok? 

Ora: è un coglione, diciamocelo fuori dai denti.
Ma io sono psicologo e in quanto tale ho il dovere di capire l'animo umano. Così mi sono letto la storia di Sodoma e Gomorra, perché quando me l'ha spiegata Don Luigi al catechismo alle elementari non l'avevo mica capita tanto bene(dopo capite perché).
Come sempre la Bibbia non è che sia scritta in modo molto appassionante; oltretutto, per essere il libro più diffuso e stampato della storia è tradotto veramente malissimo, tanto da farlo sembrare, più che altro, una versione estesa di quei compiti di latino che traducevo al liceo e che raramente venivano baciati dalla sufficienza.
Non aiuta nemmeno il fatto che molti verbi abbiano assunto un significato biblico (appunto) proprio per via della loro presenza nella bibbia, ma il fatto che questo significato fosse tale in origine non è sostanzialmente dimostrabile. Su wikipedia, ad esempio, dicono che il verbo "abusare" poteva anche venir tradotto con "conoscere".
Vabbè! C'è questa scena di Lot che ospita tre angeli e, in una sorta di alba dei morti viventi e infojati tutti gli abitanti di Sodoma si mettono a bussare alla sua porta per "abusare" degli ospiti.
Tralasciamo che Lot per distrarre gli assalitori abbia offerto la verginità delle figlie (che non si può proprio sentire, e poi i cattivi erano gli altri, dico io) 
Chiaro che se invece del verbo abusare usi conoscere il significato cambia un pochino. Poi è pur vero che anche conoscere nella Bibbia... vabbè.
Ma il punto non è questo. 
Il punto è che questi si incazzano, fanno fuggire Lot che è l'unico giusto e quindi rescindono la clausula contrattuale con Dio secondo la quale con un giusto lui non inceneriva Sodoma. E infatti la incenerisce. 

Ora: non è che la Bibbia sia un documento di comprovato valore storico, ma se volessimo fingere che lo sia, potremmo dire che il buon Don Radiomaria dà semplicemente un'interpretazione dei fatti in stile Antico Testamento.
Lasciamo perdere che non è che la Bibbia parlasse di unioni civili ma più di stupratori seriali, al limite.
Son pure passati quei tremila e passa anni, ma se stiamo qui a guardare il capello...
Certo è che, caro Don Radiomaria, che ipotizzare che a Amatrice, ad Accumuli, a Norcia, non ci fosse nemmeno un giusto, è un pelino tirata, no?!
Poi, dico, di forzatura in forzatura: quante unioni civili ci sono state a Milano e quante a Norcia?
Ancora: nel paese vicino al mio la settimana scorsa c'è stata un'unione civile, cosa faccio? Dormo in giardino stanotte? Hai visto mai che il flagello di dio si abbatta sul paese vicino e per non lasciarsi scappare nemmeno un sodomita la prende larga e tira dentro pure casa mia. 
Ma soprattutto, caro Don Radiomaria, non ti accorgi dei vantaggi che ti hanno portato le unioni civili?
E qui torno al buon Don Luigi che quando ci spiegò Sodoma e Gomorra disse che Dio le aveva distrutte perché faccevano peccati brutti.
"Ma che tipo di peccati possono essere così brutti?" chiese il bambino più disinibito.
E il don, tutto rosso come un peperone: "Brutti, brutti, tanto brutti".
Insomma: Capìo on casso! 
Invece adesso tu vai al catechismo e lo dici semplice: a Sodoma c'erano le unioni civili e Dio l'ha distrutta.
Se trovi un bambino così ingenuo da crederci chiamami, che inizio a preoccuparmi.


lunedì 24 ottobre 2016

Caro Razzista Ignorante

Caro Razzista Ignorante,
premessa: ignorante nel senso che ignora.
Quindi non ti offendere, ok, sennò partiamo già male. In realtà io sono qui per aiutarti, perché, consapevole di essere stato fortunato nella vita, vorrei cercare di colmare il debito che ho con il destino, aiutando altri che queste possibilità non hanno avuto.
Mi colpivano,  caro Razzista Ignorante, alcuni episodi che sono successi nel vicentino negli ultimi mesi e che, inevitabilmente, hanno fatto si che anche io, di solito così poco informato, divenissi consapevole della tua esistenza.

Il primo episodio parte con un diario scolastico. Fighissimo! Come in "Harry Potter e la Camera dei Segreti" (C'è anche il film, se il libro ti dovesse risultare troppo impegnativo). In una scuola elementare (bada ben, piccolini, 10-11 anni, ok?) i bimbi partecipano ad un concorso "Gesti importanti di donne semplici" ed il risultato sono una serie di ritratti in stile Andy Wharol. Per copertina viene scelto il ritratto di una giovane ragazza con il velo.
Ti sei incazzato, caro Razzista Ignorante, posso capire. L'invasione islamica, la perdita dei nostri cari valori cristiani. Chissà le bestemmie che ti saranno uscite, dalla preoccupazione. Eppure bastava chiedere, e avresti capito che la giovane Malala, premio Nobel per la pace, è proprio una di quelle che il fondamentalismo islamico lo combatte; ma non sui social: a costo della propria vita proprio.
Vabbè, però dai, non era facile, ci può stare che non la conoscessi.

Il secondo episodio è più recente e riguarda l'assenza della carne di maiale nel ragù di carni bianche nella mensa scolastica.
Ti è risultato pesante, quel ragù, nonostante le carni bianche, perché per te non è possibile che tuo figlio non possa mangiare maiale solo perché ha un paio di moretti (no, non la birra) in classe che non lo possono mangiare per motivi religiosi.
Ora, caro Razzista Ignorante, a parte che a tuo figlio gli puoi dare la luganega anche tutte le sere, così sei sicuro che i sani principi cattolici li ingerisce, da che mondo e mondo, qualsiasi pediatra ti dirà che è meglio la carne bianca per i bambini, o no?
E sulla preoccupazione per l'invasione, quando il problema non erano gli africani-musulmanti (a proposito, caro Razzista Ignorante, lo sai che non tutti gli africani sono musulmani?) ma erano i terroni la carbonara la mangiavamo senza problemi, no?

Terzo episodio: una sera entri in un bar con il volto che sanguina e dici che sei stato aggredito da due "falsi profughi" che dopo averti malmenato ti hanno sfilato 20 euro e sono fuggiti.
Ma come? Ma dai? Ma su...
Ma scusa a casa tua non si guarda C.S.I.? O N.C.I.S.? O Criminal Minds?
Ma la coerenza nella storia e l'alibi? Che cazzo li trasmettono a fare quelle serie, se non impari? Scusa se mi scaldo, ma non si può proprio sentire.
Primo: lo sanno tutti che siamo spiati notte e giorno dal sistema. Cercati un cazzo di posto senza telecamere, diocristo!
Secondo: l'alibi! Serve un complice che abbia visto. Sempre.
Terzo: 20 euro? VENTI EUROOOO??? Ma se scartavetri la minchia da due anni sui social dicendo che questi si intascano "a spese nostre 35 euro al giorno mentre i nostri anziani.. bla bla bla... e i tablet... bla bla bla..", ti pare che questi si sputtanano per 20 euro in due?
E noi, da due che farebbero una cosa del genere, dovremmo temere di venire invasi? Ma fammi un piacere!

Ti dico un segreto, caro Razzista Ignorante, hai presente quella campagna elettorale della Lega dove c'era Toro Seduto (o chi per esso) con scritto "Lui ha subito l'immigrazione incontrollata"?
Ecco, carina (fa sorridere, per lo meno), non lo nego, ma c'è un problema: i nativi americani (gli indiani, se sei affezionato al western) quando sono arrivati gli europei, scambiavano oro e pietre preziose in cambio di alcolici e specchietti. Erano ricchi e non lo sapevano e sono stati colonizzati perché la loro ignoranza è stato terreno fertile per i filibustieri conquistatori.
Ora io questi poveracci che arrivano con i barconi, non li ho mai visti scendere e cercare di affascinarci con chissà che. Preoccupati se vogliono scambiare i loro "bellissimi tablet di ultima generazione" con qualcosa che per te non ha valore (o consideri scontata) ma, magari, per loro si. Che ne so: la tua possibilità di studiare, di trovare lavoro, di avere un futuro che, per quanta fatica possiamo fare anche noi, permetta di fantasticare su moglie, figli, casa. Fosse anche solo la possibilità di fare qualche cazzata senza finire sempre sul giornale. Ecco, se un giorno uno volesse scambiare il suo tablet per una di queste cose, vieni che ne riparliamo.


Ecco, caro Razzista Ignorante, io te l'ho spiegato, in un modo che magari ti sembrerà un pochino snob, ma se tu impari non ignori e non sarai più ignorante.
Se invece, nonostante tutto, continui a fare certe sciocchezze mi fai pensare che non sei ignorante, ma sei coglione. E la coglionaggine si declina con verbo passivo: Sei coglione ed io ti cogliono.

giovedì 20 ottobre 2016

Casa Bianca: Nuove prove del complotto Renzi Berlusconi

Dunque vediamo...
È stato detto un po' di tutto anche con una discreta grauità. Non ho nessuna intenzione di mettermi a difendere il premier che, per quanto mi riguarda, non mi entusiasma più di tanto, ma non posso fare a meno di notare che porta avanti il suo stile con una tenace e paracula coerenza. Ed in effetti Bebe, Robbberto, la signora Cern, eccetera, in qualche modo fa vedere al mondo che l'Italia è si pizza e mandolino, ma, da italiani, sappiamo benissimo che esistono pizzerie di merda e pizzerie dove invece vale la pena fare la fila per aspettare. Qualche italiano, quei pochi che ancora hanno idea di come sia fatto un mandolino, sa pure che un conto è uno strumento di liuteria ed un altro è comprare un baracchino fatto in serie in chissà quale recondito scantinato del sudest asiatico (giusto per chiudere a mia volta con un luogo comune la parantesi suoi luoghi comuni).

Dicevo che è stato detto tutto. L'unica roba che però non ho letto da nessuna parte è: Ma quanto cazzo è alto Renzi?
No, perché è importante.
Che? L'ho notato solo io?
È uno dei pochi leader mondiali che non sfigura vicino ad Obama che mi risulta essere  sopra il metro e novanta.
Questa cosa puzza.
Secondo me è più basso e mente.
D'altro canto lo abbiamo sempre saputo che è in combutta con Berlusconi.
Certo che farsi prestare le scarpe è davvero troppo. 

martedì 18 ottobre 2016

Gli outsiders e la manutenzione del motorino

Una degli aspetti che ha segnato profondamente l'infanzia mia e dei miei fratelli è stata sicuramente l'avversione di nostro padre per tutto quello che era mainstream.
Avversione che è passata solo di recente, ora il Nonnomario si sta concedendo una terza età agiata e massificata il giusto, troppo tardi in ogni caso, per non aver inciso nella nostra psiche, consegnando ai posteri tre bastian contrari cagacazzi che apriti cielo.
Va detto che spesso mio padre (lui in particolare, e a mia madre il merito di essersi sempre fidata) era talmente avanti da esserlo troppo. Famosa l'apertura di una piccola società per l'installazione di pannelli solari nel 1982, o l'installazione di un impianto a gpl sulla 131 mirafiori del 1977 con la conseguente occupazione di tutto l'ampio bagagliaio della berlina testè acquistata per problemi di spazio.
Ma torniamo a bomba. Avete presente il Jolly Invicta? In sostanza il primo contenitore per la scuola ad assurgere alla dignità di "zaino" mentre prima c'era "la cartella". Ora, da metà anni ottanta in poi tutti avevano il Jolly. Tutti i fichi, almeno.
Io no, io avevo l'Invicta Kasko! Nessun altro aveva l'Invicta Kasko. Le battute si sprecavano: "È in omaggio con l'assicurazione?"
Tutto perché aveva due cerniere che aprivano un enorme tascone per riporre il Casco (che da poco era diventato obbligatorio anche sui ciclomotori). Che peraltro era poi impossibile da portare sulle spalle, perché provate voi a girare cun uno zaino che sbalza di fuori di mezzo metro (senza parlare della vergogna).
Che poi il Casco era arrivato pure tardi. Ancora mi viene il magone se penso a quella notte di Natale in cui, quattordicenne già da 9 mesi, tornai dalla messa di mezzanotte sicuro di trovare sotto l'albero un pacco grandicello, almeno un piccolo scatolone 30x30.
Invece c'era un pacchettino rotondo di una decina di centimetri. Era buio, ma si capiva che non era un casco, insomma.
Infatti era una cintura. E non una El_Charro borchiata. No no. Neutra.
Però qualche tempo dopo il casco arrivò e via motorizzati. Avevi L'Oxford? Ricordate l'Oxford? Tamarrissimo: con le marce, il sellone e gli ammortizzatori.
No
Il Ciao? Quello che avevano tutti, un po' da femmine, ma evergreen.
No
Il Si? Il fratello scemo del Ciao.
No
E che Motorino avevi?
Il Gilera CBA. Verde mare. Praticamente il motore del Ciao montato su un telaio di una Guzzi 1000. Velocità massima 25 km all'ora. Ricordo che andando a scuola i ciclisti mi usavano per tagliare l'aria e non c'era verso di scrollarseli dalle ruote.
Poi è passato a mio fratello che lo ha elaborato con marmitta, carburatore, manubrio aereodinamico, puntine (mi pare). E niente, aumentarono solo le vibrazioni, fino a rompersi in due.
Lo odiavo il Gilera CBA, ma ci ha portato in un sacco di posti.
E ieri, mentre lo raccontavo ai miei figli, ho cercato una foto su internet e sono rimasto sorpreso di averne trovata una proprio del colore giusto.
L'ho spedita a mio fratello e si condivideva che visto così, quasi trent'anni dopo, non è neppure così brutto.


martedì 11 ottobre 2016

Oh my god! Sono in finale ai Macchianera Internet Awards

Succede una cosa strana: giovedì decido che devo disintossicarmi dai social e disattivo tutte le notifiche sullo smartphone. Funziona. Per tutto giovedì e gran parte di venerdì, sostanzialmente mi scordo di avere un'account su Facebook e una email collegata al blog.
Poi venerdì sera lascio il telefono in carica e vado al coro; c'è da imparare un brano complicato e torniamo che si è fatto tardi. Stacco il caricabatterie e, già che ci sono, apro Facebook. una cinquantina di notifiche. Porcapaletta!
"Chiara ti ha tagato su Facebook"
E sotto c'è questa immagine qui

In sostanza sono tra i dieci finalisti al Macchia Nera Blog Awards categoria "Sito per Genitori e Figli", che premia il meglio della rete del 2016. Che già il fatto che ci sia io, di per sé, è un ossimoro rispetto all'intento del premio.
Ma la cosa più strana è che io lì in mezzo non so neppure come possa esserci finito. Qualcuno mi ha proposto, dicono, ma chi? Io so che Cannibal Kid/Marco Goi ogni anno mi segnala come blog sul tema della genitorialità, più per il fatto che lui non credo che ne conosca molti altri, non avendone bisogno.
Mah!?
E poi scrivo pochissimo. Lorenzo dice che forse è perché scrivo poco che mi hanno premiato. Mi sa che è per quello. Peccato non ci sia più la categoria "blog andato a puttane" alla quale avrei ambito di gusto.

Fatto sta che in qualche modo ci son dentro. E quindi, già che ci siamo...
Qui si vota.


Non siete neppure obbligati a votare per me. Anzi, di mio vi direi di votare Elastigirl, che tra tutti i blog in lista è decisamente quello più divertente da leggere. Però insomma boh!? Vedete un po' voi

lunedì 3 ottobre 2016

Andate e cornificatevi

"L'importante è che ci sia la taldeitali, perché il problema son certe donne" (certe detto con la tipica intonazione stile "capiscim'ammé")

Lo ha detto un'amica durante una cena, preoccupata che il maschio tal dei tali fosse indotto in tentazione dalla femmina taldeitali.
Si parlava, a dire il vero, di tutt'altro, ma si era finiti inevitabilmente a parlare di corna.
E niente, pare che ancora oggi (A.D. MMXVI) vi sia, anche tra le persone di buona cultura e possibilità, la concezione che nel tradimento la colpa sia esclusivamente della donna.
Che tenta, ovviamente, con mezzi illeciti, generalmente. E lui, poveraccio, che cosa può farci d'altro canto?
Non so, ammetto mio malgrado di non essere mai stato preda designata di queste cacciatrici di uomini senza scrupoli (le cacciatrici senza scrupoli, non gli uomini, o forse anche gli uomini? mah?! ) e quindi non ho grandi verità da s-gureggiare.
Mi rendo conto che messa così sembra che io parli rosicando, ma vi assicuro che non è così. Freud non sarebbe ancora d'accordo ma che vada a farsi chiavare anche Freud.

Comunque immagino che questa fattucchiera del sesso ti si pari davanti e faccia un primo sortilegio per far sparire tutto quello che indossi, poi, complice il primordiale desiderio di scaldarsi l'uomo corra tra le sue braccia al solo scopo di sopravvivere.
Forse scopo era meglio non dirlo.

Però non regge, dai: nessuno tradirebbe nessuno d'estate, se fosse così.
Allora forse una maledizione Imperium? Chi puo dirlo?
Sta di fatto che la colpa è della donna tentatrice, senza se e senza ma.

No, 'spetta! Può esserci una corresponsabilità.
Si dai, giusto, bravi, così mi piacete!

Quando la moglie "trascura" il marito. Trascura in senso biblico. Non sono certissimo che la Bibbia usi mai il verbo trascurare, ma avete capito benissimo.
Oltretutto è piuttosto buffo che la Bibbia usasse tutta una serie di verbi poco espliciti per non parlare apertamente di sesso ed è finita per diventare un sinonimo del sesso stesso.
Ma non divaghiamo.
In sostanza: se la colpa non deve essere attribuita esclusivamente alla donna tentatrice, il concorso di colpa al massimo è con la donna trascurante (tipicamente moglie o compagna) perché per l'uomo, si sa, "più dell'onor potè il digiuno".

Quindi anche oggi, Anno Domini MMXVI, cari maschi, andate e cornificatevi; continuiamo a tenere il cervello all'altezza del pube, in modo che l'unico pensiero che ci passa dentro sia molto più a contatto con il solo organo che ci interessa soddisfare.
Continuiamo a fare finta di essere vestiti di pelli, di essere appena tornati da una giornata a cacciare il bufalo e di pretendere che, appena appoggiata la clava insanguinata vicino all'ingresso della caverna, ci spetti il giusto: una compiacente compagna che, volente o nolente, accolga dentro di se il nostro testosteronico fallo. 
Continuiamo pure a fare finta di essere immuni alla consapevolezza ed alla razionalità e, soprattutto, continuiamo a prenderci il lusso di lasciar dare la colpa alle altre, ignari che anche questa è violenza, anche questo è femminicidio.
Al massimo ci sgama qualche maschio femminista, ma quelli non se li fila nessuno. Al limite, se proprio ci va male, una o più delle donne coinvolte nella storia. Ma si sa: chi le ascolta "certe" donne.

p.s. io di per sé non ho nemmeno nulla contro le corna, le coppie aperte o altro e spesso mi chiedo che senso abbiano certe coppie che rimangono insieme a tutti i costi. Insomma: mi rompe un pelino di più il bigottismo e l'incoerenza, ma quello è un problema mio.

venerdì 23 settembre 2016

Ma sono gemelli?

"Che effetto vi fa sapere che sarete divisi?"
"Non saprei, non abbiamo mai provato!" 

Così è iniziata la scuola.
Capirai, direte voi, son passate due settimane.
Beh, in effetti...
È che ho dovuto domare la routine della ripartenza, fare e brigare.
Ma Pee e Jack hanno inziato le elementari e devo ammettere che il passaggio mi metteva quel filino di ansia che ammetto solo ora, con il senno di poi.
Un po' Silver e la sua famiglia che in un modo un po' inconscio e sicuramente irrazionale si erano fatti la convinzione che i maschi a scuola vanno male. Solo perché in famiglia (non è chiaro fino a che ordine e grado di parentela fosse risalita la ricerca) la statistica era impietosa. Avevo voglia io, a dire che a scuola sia io che mio fratello abbiamo avuto anche meno problemi di mia sorella che comunque, più di tanto, non è che ne abbia dati.
Poi, appunto, c'era questa faccenda della separazione dei gemelli. Pensavo fosse scontata, ad essere sincero, invece mi hanno detto che se non lo avessi specificato alla segreteria probabilmente sarebbero finiti insieme.
Si, lo abbiamo chiesto noi, komeinisti della separazione dei gemelli. In questo caso si che avere osservato da vicino le coppie gemellari che abbiamo in famiglia ci è servito.
Eppure all'asilo nemmeno giocavano assieme, ha detto la maestra. Eppure sono già così diversi, siete sicuri che serve?
Con Pee che non racconta mai nulla, non farebbe comodo un Jack che invece è piuttosto dettagliato nel riferire tutto?
Boh!
Poi, proprio su questa cosa del racconto ho pensato a come io raccontavo la scuola a mia madre. La raccontavo come volevo io, al limite anche mentendo, se mi andava di mentire o pensavo che fosse meglio farlo (don't try this at home, mentire è sbagliato). 
E ci siamo detti che in fondo è giusto che ognuno di loro possa essere padrone anche dei propri ricordi.
Poi il primo giorno Jack che piange, prima di entrare: "Dov'è Pee?"
Forse solo Silver può sapere cosa si prova.
E poi Pee che alla sera racconta, inarrestabile, dettagliato, felice. "Aspetta, Jack, è la mia classe, la racconto io". Non sembra nemmeno lui.
E Jack felice anche lui: "E poi ci vediamo alla merenda e siccome lui si era dimenticato l'acqua gli ho dato un po' della mia".
E alla fine dividendoli, forse li abbiamo uniti.
Magari poi a scuola saranno dei somari, ma Silver ed io ci siamo detti che da quando abbiamo cominciato, sei anni fa, forse è la prima volta che siamo sicuri di aver fatto una scelta giusta.

giovedì 22 settembre 2016

Quello che ho capito del Fertility Day

Oggi è il Fertility Day.
Dico una cosa controcorrente: quelli che gestiscono la comunicazione al Ministero della Salute sono dei geni!
Immagino la scena: "Tosi, qua c'è da far parlare l'Italia del problema della fertilità e del calo delle nascite! Abbiamo pochi soldi ma ce li dobbiamo far bastare, sotto con le idee!"
Il creativo ci pensa due minuti e poi, fedele al Wildiano "purché se parli", se ne esce con una campagna di comunicazione che più dimmerda non poteva.
In modo un pelino paraculo ci mette dentro tutti i luoghi comuni che riesce a trovare in una googolata, un po' di sessismo, un pizzico di razzismo e cattolicesimo pret-a-porter quanto basta.
Epperò funziona!
Il web insorge, insorgono le associazioni femministe, insorgono i gruppi dei genitori su whatsapp.
E pure oggi, che finalmente il giorno è arrivato, se ne parla, come sto facendo io, appunto.

E tutti a dargli alla Lorenzin, che se vuole che facciamo figli ci metta nelle condizioni di farlo, apra asili nido, favorisca le assunzioni a tempo indeterminato, faciliti un piano casa, eccetera eccetera.

Ma come? Ma volete dirmi che non l'avete capito?
Ma la Lorenzin ha due gemelli piccoli, povera stella mica c'ha tutto sto tempo per andare a rompere le palle alla Giannini, a Poletti o a chi so io.
Guardate che la capisco, sapete, che due gemelli ce li ho pure io, c'è da andare fuori di testa per far quadrare tutto.
E invece lei ti esce dal cilindro la gegnalata:  basta affidarsi ad un comunicatore volpone e i problemi vengono immediatamente gridati a gran voce da tutta l'Italia.
Si, beh, un po' ci fa una brutta figura, ma per la causa questo ed altro. 
No, poi dico, ma dove lo trovate un altro genio così?

p.s. Ministra: io con tre figli che faccio oggi? Facciamo che siamo a posto così?

giovedì 1 settembre 2016

Che Palla...diana

Quando dico in giro che sono vicentino, la prima reazione è sempre: "Ah, magnagatti".
Di fatto, questa che i vicentini fossero magnagatti è una leggenda che non è stata mai dimostrata o, meglio, che in momenti di carestia o guerra i poveracci finissero per mangiare pure i gatti, non lo troverei nemmeno così fuori di testa come teoria, probabilmente però non accadeva solo a Vicenza.
Tant'è, non è che volessi parlare di gatti, infatti si diceva di quando racconti a qualcuno che sei vicentino.
La seconda reazione è "ah, Vicenza, città del Palladio".
Vi ricordate di "Intervallo"? Era quel intermezzo musicale che la Rai metteva nella programmazione, di tanto in tanto, con foto dei monumenti Italiani e loro didascalia. C'era quest'arpa in sottofondo: plin plinplin plinplin plinplin plinplin... Ravenna: Santa Apollinare In Classe.
Ecco! Su intervallo passavano anche Villa Capra la Rotonda e la Basilica Palladiana. Autore: Andrea Palladio (1508-1580).
Ma un po' tutto il Veneto è pieno di opere di Palladio e così capita che due giovani ragazzi svizzeri, studenti di architettura, decidano di partire in bicicletta e venirsi a vedere di persona le opere del grande architetto veneziano (inteso come della repubblica veneziana).
I suddetti giovini, vedono su internet che nella ridente Montecchio Precalcino c'è un villino accreditato a mastro Andrea e se lo vengano a vedere. Il villino in questione versa in stato di evidente abbandono e, al momento, ha la sola funzione di rompere i coglioni a chiunque voglia dare le tinte alla propria casa, imponendo un vincolo paesaggistico al circondario. Questo se, da bravi, non ci entrate. Se invece trovate il sistema di entrare (cosa che io non ho mai fatto, beninteso) potrebbe anche fracassarvi la testa con un calcinaccio cadente.
Sicché i due, mesti mesti, si cercano un campetto dove piantare la tenda.
Chiedono ad un anziano signore se possano farlo vicino al suo orto, solo per una notte.
Fino a qui tutto bene.
Quel signore è il nonno dei miei figli. Silver cerca in qualche modo di spiegare, in inglese, che se serve qualche cosa, basta che chiedano. Non serve nulla.
E si mettono a far bollire l'acqua su un fornellino da campeggio.
"Con quella mangiate domani" sentenzia il nonno "venite su".
"E la doccia è là"
Ieri sera verso le 22 erano ancora lassù con i nonni, a capirsi dio sa come.
La morale di tutto questo sbrodolo è la seguente: ieri questi due ragazzi hanno visto un villino tenuto di merda ma hanno trovato due persone ospitali che non hanno chiesto se avevano bisogno di aiuto ma hanno capito che l'aiuto serviva e basta. E quindi magari la giornata non era tutta da dimenticare.
Ed io invece ho capito che sono fiero che quei due grandissimi scassacazzo siano i nonni dei miei figli. 

venerdì 26 agosto 2016

Se muoro domani

Quando è morto Nikio (quanto ci manchi, amico mio) mi chiamò il Giornale di Vicenza per sapere qualche cosa di lui e del suo blog. Non risposi al telefono (in quel momento non potevo) e chiamarano direttamente la famiglia ma questa è un'altra storia.
Quella volta arrivarono a me perché un amico comune, impegnato in politica (e quindi sotto i riflettori dei media) aveva scritto un messaggio di cordoglio sulla sua pagina Facebook, probabilmente linkando anche uno degli ultimi post di Nicola.
Nulla di male, si dirà, ed è vero.
Infatti non volevo parlare dell'articolo e nemmeno di Nikio.
Parlavo però dei post che lasciamo su Facebook. Vi dico un segreto (come piace a dire ai miei figli ultimamente): sui social network qualcuno vi legge.
Un secondo segreto è che poi i post rimangono.
Anche se non siete impegnati in politica. Anche se non siete personaggi pubblici.
E, non ve lo auguro, domani potrebbe esserci qualcuno che cerca informazioni su di voi, come quella volta la giornalista su Nik.

Umberto Eco, qualche mese fa, disse che i social network hanno dato diritto di parola a persone (lui le chiamò "legioni di imbecilli" ma a me non piace offendere) "che prima parlavano in un bar dopo un bicchiere di vino ed ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel".
Con in più, aggiungo io, che uno non ha nemmeno la soddisfazione del bicchiere di vino e, ahimè, nemmeno il beneficio del dubbio che da sobrio potrebbe avere dei pensieri migliori. 
Il diritto, di per sé, è una cosa buona, guai a toglierlo, ma andrebbe un minimo esercitato. Nessuno di noi si sognerebbe di mettere un bambino che ha appena iniziato a camminare sulla porta di casa dicendogli, vai, il mondo è tuo.
Allo stesso modo il diritto di parola, di espressione e di comunicazione, va allenato, in modo da saperlo misurare al momento opportuno.
E non parlo di censura, parlo proprio di sicurezza per chi si esprime.
Mi torna in mente una frase che mi colpì molto: "Non fate mai nulla di cui vi vergognereste se vi trovassero morti nell'atto di farla".  Non ricordo l'autore, ma il senso è quello, comunque.
In sostanza: io non morirei sereno se sapessi di aver lasciato traccia indelebile della mia superficialità, della mia pigrizia, del mio qualunquismo, del mio razzismo; tutte cose che bene o male di tanto in tanto affiorano ma che mi auguro non contribuiscano, in futuro, a farmi ricordare come superficiale, pigro, qualunquista o razzista.
Per cui, in questi giorni di fatica, dolore e paura nazionale ed internazionale, tra sbarchi, attentati e terremoti, preferisco non andare a scrivere la prima roba che mi passa per la mente. Né pro né contro.
Cerco di informarmi, provo a capire, se sono ferrato in materia scrivo. In ogni caso non reagisco mai a chi la pensa in modo diverso. Tanto su facebook non cambiano certo idea. Se proprio ci tengo, li invito a parlare di persona. 
Così al massimo mi ricorderanno per uno che andava a correre in montagna alla mattina presto, che è comunque parziale, ma almeno non è un difetto.
Così faccio io. Non ho la pretesa che sia il modo giusto per tutti.
Voi fate quello che vi pare, sul serio, continuate a scrivere e condividere di getto, se vi fa stare meglio, condividete senza verificare la fonte, se vi manca il tempo o non avete voglia. Scrivete proclami razzisti su questioni che non conoscete bene o "mipiacciate" tutto ciò che trovate di qualunquista e superficiale incroci la vostra bacheca.
Poi però non lamentatevi se vi guardo strano



mercoledì 24 agosto 2016

Il terremoto spiegato ai miei figli

I figli crescono e non gliela racconti più.
Non riesci più a guardare un telegiornale senza che loro facciano domande. Non riesci nemmeno a scambiare una parola che sono lì, apparentemente distratti, a chiederti: "Chi?" "Chi è?" "Di chi parlate?".
E sospetto che la risposta "Uno che lavora con la mamma" tra un po' non sarà più sufficiente.
Va da sé che se si svegliano al mattino e vedono la tv aperta, cosa che non succede mai, già è un motivo di curiosità. Se poi ci sono immagini di macerie e le nostre facce sono preoccupate, figurati.
Però io il terremoto non lo so spiegare proprio.
L'ho provato poco, nel 2012, quella volta che è tremata l'Emilia e sono ballati i vetri anche qui. Che poi per giorni avevo un tuffo al cuore quando qualcuno faceva tremare il tavolo con le gambe.
E quel tuffo al cuore o l'hai provato o non l'hai provato. E, immagino, sia lo stesso con le crepe nei muri, i calcinacci che cadono e il non sapere se i tuoi cari, nella casa di fianco sono sotto o sopra il cumulo di macerie.
Quindi che gli spieghi?
Non so.
Magari gli racconto la solita vecchia storia, quella di nonna nel 1976, con mia mamma incinta di mio fratello che mi prese in braccio, avvolto in una coperta, e mi portò giù in strada. E là c'erano tutti.
Me l'ha raccontata così tante volte che quasi la ricordavo sul serio anche io.
E stamattina, quando ho letto la notizia, mi sono rivisto in braccio a mia madre, avvolto in una coperta fatta a mano, con mia nonna con il foulard nero in testa, ad aspettare che passasse il peggio, protagonista di un ricordo d'altri.
Quella storia non mi ha mai trasmesso paura. Chissà, magari funziona anche con loro.

venerdì 15 luglio 2016

E poi alla fine... niente

E poi alla fine non scrivo niente.
La mia mente, ottusamente, si rifugia in pensieri altri, cerca conforto in una satira pungente che non c'è, e allora cerca di alienarsi, di andare a pensare alla prossima gara o alla batteria della Vespa da ricaricare.

Ma sullo sfondo c'è Nizza, e ieri Dakka e il Bataclàn. E con loro il pensiero ostinato, compulsivo: siamo l'unica generazione che non ha conosciuto la guerra;
anche ammesso che questo valga davvero (Si può dire che non abbiamo conosciuto la guerra solo perché non hanno bombardato noi?), anche ammesso che possa durare fino a quando saremo vecchi, sarà così anche per i nostri figli?

È un pensiero doloroso, triste, che mi paralizza.
Per questo preferisco pensare a correre, per non impazzire.
Non è superficialità.
"Ti vedo sempre che corri" mi dicono gli amici, perché vedono la mia pagina facebook dove posto solo foto di corsa.
Non è che corro e basta.
Non è che corro sempre (non sarei così scarso).
È che non ho motivo di condividere altro.
Come scriveva stamattina l'amica Lucia: "Comunque non è che dobbiate scrivere per forza qualcosa: almeno lasciateci il dubbio che abbiate scelto di essere intelligenti".
Quindi chiudo tutto, vado a comprare una batteria nuova per la Vespa, metto le scarpe e vado a correre. Oggi niente foto. Il dubbio di essere o meno intelligente, me lo tengo per me.

giovedì 30 giugno 2016

Caro Anticalcio

Caro Anticalcio,
ti scrivo queste righe, sperando di trovare il tuo favore e senza alcun intento polemico.
Dunque, premetto: a me il calcio piace. L'ho giocato per un sacco di tempo da ragazzino e poi anche da più grande, fino a quando mi sono trovato la morosa. Non è che lei mi abbia fatto mollare il calcio, ma ero talmente scarso che non valeva la pena rubarle del tempo per stare a scaldare panchine di campi di periferia.
Nonostante il calcio continui a piacermi non riesco a seguirlo più di tanto. Vale un po' per tutti gli sport che mi piacciono, in particolare per il ciclismo: dopo le varie vicende di calciopoli, doping e cose così mi sono rotto di divertirmi con il retrogusto di sospetto.
Mondiali, Europei e Olimpiadi, però, continuano ad appassionarmi perché non è solo sport: c'è una dimensione folk che mi fa tornare bambino. I colori delle maglie, gli inni nazionali... insomma, non mi lasciano insensibile.

Fine della premessa.

Ora: tu sei Anticalcio ma paradossalmente ho avuto la certezza che c'erano gli europei leggendo un tuo messaggio su facebook. C'era un astronauta sulla luna con una didascalia "Nemmeno da qui si coglie l'enormità del cazzo che me ne frega degli Europei".
Ed io ho fatto il conto che l'ultima volta ero al mare, nel tal appartamento del tal villaggio e si, era il 2012 "Eh si, è ora di Europei".

Poi, tu sei Anticalcio e invece io qualche partita la guardo ma non riesco a vederne più di una al giorno, soprattutto quando giocano alle tre del pomeriggio, ma anche alle sei di sera. Soprattutto se non hai Sky, come me.
Però io, che il calcio quando posso lo seguo, non mi preoccupo, perché so che basta aprire un social network qualsiasi e tu hai già scritto: "Grande Islanda, non come l'Italia".
Certo, perché a quel punto se c'è un sogno condivisibile il problema non è più il calcio ma chi lo gioca. Tra i biondobarbuti della terra dei ghiacci, belli come dei norreni, giocatori part-time sottopagati e i fighetti italiani ricoperti di veline e tatuaggi, pure io sarei in crisi, al momento di tifare.
Però sempre di calcio stiamo parlando, e probabilmente qualche Thor da area di rigore il prossimo anno scucirà un contratto milionario a qualche club inglese, con buona pace del mito del boscaiolo che si allena facendo ripetute schivando i gheiser.

Ma questo distoglie dal nostro ragionamento, caro Anticalcio; il succo del discorso è uno solo: se non ti piace il calcio non lo guardare.
A me piace ma l'unica cosa che ho postato è stata una foto di spalle dei miei figli che giocavano sul prato invece che guardare la partita. Ha ricevuto un sacco di like perché è piaciuto agli Anticalcio, che pensavano che i miei figli fossero fighi perché non guardavano l'Italia e ai Procalcio, che hanno pensato guarda che patrioti (Jack ha la maglia di Cannavaro).
Ma giuro che non posto più nulla, per rispetto a te, Anticalcio.
Meglio se smetti anche tu. Oppure continua ma cerca di essere divertente. L'ironia fa bene a chi la legge e a chi la scrive, il livore invece fa male a tutti.
Se non segui il calcio ce ne faremo una ragione. Guarda che non parlo in astratto: mia moglie, mentre suonava l'inno di Mameli prima della partita con il Belgio, mi ha chiesto se è molto che Baggio non gioca più. Nonostante questo la amo.
Per fortuna lei non ha facebook, sennò toccherebbe indirizzare questa lettera pure a lei. 


venerdì 17 giugno 2016

Faraway, so close

Da anni, ormai, da sempre, potremmo dire, se ci riferissimo alla nostra vita da genitori, le nostre vacanze sono scandite da due momenti distinti: quello in cui si va in vacanza e quello in cui i bimbi vanno al mare con i bimbi.
Perché i miei suoceri avranno anche tanti difetti, primo fra tutti quello di invecchiare e peggiorare gli altri difetti, ma va dato loro atto che sono dei guerrieri.
Dei nonni guerrieri, in particolare.
Ogni anno a marzo mia suocera prende il telefono (internet ti ignoro e comunque di te non mi fido) e prenota: stesso villaggio e possibilmente stessa casetta. "L'ho sempre fatto con le nipotine più grandi, adesso lo faccio anche con i vostri".
Vacanza. Dal latino vacans, participio presente di vacare essere vuoto.
Sarebbe da dirlo a tutti quelli che fanno la battuta: "Ah, è questa la vostra vera vacanza". In qualche modo si, è un vuoto, un silenzio in casa che oramai suona irreale, un tempo che si dilata che pare all'infinito, ed è tutto tuo.
E quindi il vuoto va riempito, senza stress aggiuntivo. Va riempito di cinema, di corsa, di esperimenti culinari, di passeggiate, di sesso rumoroso, di chiacchierate con un gelato in mano.

E la sensazione che sia un rapporto reciproco, tra noi e loro; loro ormai grandicelli, che non vengono più al telefono, quando i nonni li chiamano per passarceli, che sono a giocare a calcio con i nuovi amici. Loro che avrebbero di che raccontare, ma la vita è breve per perderla al telefono "Scusa papà, vado a giocare".

E mi torna in mente il me ragazzino, 15 giorni in montagna con la scuola, che a malapena chiamava a casa, giusto una volta, a metà soggiorno, con l'occasione che si andava a comprare il gelato al bar. Era l'epoca delle cabine telefoniche e passar loro davanti ti ricordava qualcuno che, dall'altra parte del filo, stava attendendo tue notizie.
Forse papà e mamma le attendevano, forse erano anche loro intenti in passeggiate con il gelato in mano, sesso rumoroso ed esperimenti culinari.
Di sicuro non hanno mai fatto pesare la vacanza.
E il loro non farlo persare a me è il dono perché non mi pesi questo nuovo, incredbile vuoto da riempire.
Scusate, corro a riabbracciarli.

martedì 14 giugno 2016

Je suis ou peut-être pas

In America lo sai che i coccodrilli vengono fuori dalla doccia cantava Samuele Bersani e, mi vien da dire, non è neppure la cosa peggiore che capita in America.
Ad esempio chiunque, anche persone con qualche problemuccio psichico, possono recuperare un fucile mitragliatore ed entrare senza problemi ovunque a fare una strage.
Banale dirlo, quasi qualunquista, direi.
Infatti è successo anche in Francia, no?
A conti fatti non credo che le stragi di camorra e mafia vengano fatte con armi acquistate al negozio di caccia e pesca.
Ma non parliamo d'armi, che mi mette ansia.
Parliamo di Orlando però e vi spiego perché: io non sono uno che si tiene tanto informato, non in modo sistematico, almeno.
Non guardo i tg e non leggo i giornali a meno che qualcuno non mi segnali qualche articolo. Sono una vera capra.
Però passo spesso su facebook e twitter e lì capita di leggere un sacco di cose linkate. Mica sempre sono articoli da pulitzer, ma dopo un po' si affina la capacità.
Mi ha sempre colpito molto, ad esempio, il cordoglio prêt-à-porter dei social networks: muore Dalla? Tutto il giorno a postare canzoni di Dalla. Muore Bowie? Giù di Under Pressure fino a sera, che altre canzoni dove c'è Bowie non te le ricordi o forse non le hai mai sapute.
E fino a qui niente di male.
Poi c'è l'attentato a Charlie Hebdo. Je suis Charlie anche se sono un pelino beceri einfondoselasonounpo'cercataperòlaviolenzamai.
Poi gli attentati di Parigi ed è un fiorire di app per fare i nostri bei faccini bianco rossi e bleu.
E anche fino a qui, niente di male. Emotivo, tenero, ma niente di male.
E, ma Orlando? 
"I'm Orlando" non suona bene?
Cosa ci potevamo mettere?
Ah, erano omosessuali? Ah beh, allora! 
"Mamma, Papà! Sono gay?"
È poco rispettoso?

Io non ho mai cambiato la mia immagine del profilo; un po' perché sono pigro, un po' perché sono bastian contrario. Un po' perché è una cazzata, dai. Almeno mi tolgo dall'imbarazzo di non averlo fatto questa volta. Poi penso che alla fine qui figli lì lasciano ai genitori un dolore uguale a quello di Valeria Solesin, morta negli attentati di Parigi. E allora, appena ho un secondo, vado a cambiare il mio status: Mamma, Papà, sono gay.

martedì 31 maggio 2016

Petizione per riconoscere gli impegni di maggio a fini pensionistici

Oggi finisce Maggio (Su coraggio).
Non sopporto Umberto Tozzi in generale e trovo detestabile chi non resiste alla tentazione di dire "Su coraggio" ogni volta che nomini Maggio (Su coraggio).
Però adesso lo capisco un pochino di più, il rosso Umbertone: forse aveva figli e "Su coraggio" lo diceva per darsi un tono.
Perché io mica voglio parlare di Tozzi, ma fare auto aiuto su Maggio (Su coraggio).

Il bollettino è il seguente: Due week end in completa apnea, dove per completa intendo con impegni sia sabato che domenica.
Essendo io una persona dalla scarsissima vita mondana, ero rimasto alla pizza di fine anno che si faceva rigorosamente solo alla fine dell'ultimo anno del ciclo scolastico. Ergo: fine terza media, fine liceo. Fine!
Alle elementari era facoltativa perché, in fin dei conti, si era un paesino piccolino e ci si trovava più o meno gli stessi anche alle pizze di fine anno dell'ACR e del Calcio. Mica possiamo arrichire l'unica pizzeria del paese solo noi.
Ma i tempi son cambiati (son pure passati trent'anni, a ben guardare, uno si distrae e toh!)
Ora la pizza è una scelta minimalista, apprezzata da molti, sospetto, ma che da pochi ritorni di stima ai rappresentanti di classe che la organizzano.
Quindi si va sul creativo: Uscite in oasi naturalistiche, parchi divertimento, passeggiate in amoeni loci, financo ferrate in montagna (no scherzo, quelle mai fatte).
Si parte al mattino quando albeggia e si torna ad ora di cena.
Ora: se hai la fortuna che con la classe ti trovi bene non è neppure male. Se gli altri genitori non li conosci è già più dura, soprattutto se, come me, non hai una gran facilità relazionale. Si lo so, basterebbe poco, ma ho quarant'anni e questo mese sono già stato buono e non mi restavano energie per non essere snob.

C'è poi la messa di fine asilo (che qui c'è solo la materna parificata), la messa di fine catechismo, la festa della vita. Ah, quanto comodo sarebbe l'ateismo, signora mia!

E poi c'è lei: la recita dell'asilo. Una cosa talmente lunga e talmente estrema da reggere (anche il setting, un palazzetto dello sport arroventato dal sole, non aiuta) che se valesse come allenamento per una corsa vincerei la prossima Venice Marathon. 
Fortuna che era l'ultima.
Il prossimo anno basta recite ma Pee e Jack andranno in classi diverse alle elementari. Significa che aumenteranno le pizze. Con buona pace del dietologo belloccio. E della primavera che è il periodo migliore per andare in montagna con la famiglia o per allenarsi.

Così con Silver abbiamo pensato ad una raccolta firme: gli impegni para-scolastici di Maggio (Su coraggio) devono valere ai fini pensionistici. Ogni week-end occupato, un mese di abbuono (che c'è tutto lo stress che giustifica la sproporzione). Quando mi arriva la cartolina arancione voglio vedere: secondo me l'anno prossimo sarò già in pensione.


venerdì 6 maggio 2016

Scrivo su Repubblica

Non ci credete che scrivo su Repubblica?
Beh, fate male.
Mi capita spessissimo di farlo; l'ultima volta c'ho scritto la lista delle pizze. Erano così tante che non ci sono state sull'amaca ed ho dovuto usare l'editoriale di Scalfari.
Erano tante perché si festeggiava: sette anni fa nasceva Maria.
Sette anni ieri.
Un parto che era iniziato il Primo Maggio, da bravi figli della classe operaia ed artigiana. Passammo la notte del 1 al pronto soccorso ostetrico a cercare di capire se quei movimenti e dolori al ventre di Silver fossero contrazioni pre-parto o l'entrecote mangiata a cena che si ribellava.
Beata ignoranza... e siamo entrambi laureati.

Il 5 parto programmato. Ricordo che feci quasi 100 km quel giorno. Vai all'ospedale, torna a casa, vai al lavoro, torna di corsa all'ospedale... erano ormai le tre del pomeriggio quando l'ostetrica Marisa entrò in sala parto con il piglio di Rocky quando sale sul ring contro Clubber Lang. Mancava solo che partisse Wild Thing dei Troggs. Tutto nel tentativo di evitare il cesareo.

Quel pomeriggio Silver rischio di rimanerci secca e se la cavò con la vescica recisa e una mise stile Lara Croft per una settimana. Solo che invece che il cinturone con le pistole aveva il catetere e la sacca legata alla coscia. Naturalmente tutto questo non era dipeso da Marisa, che anzi si rivelò una delle migliori ostetriche del reparto. Le cose a volte vanno come devono andare e quella volta è andata bene.
Sette anni fa è iniziata la mia nuova vita. In mezzo abbiamo messo altri due figli e due traslochi, venti chili in meno, un'auto nuova e la consapevolezza che siamo davvero come le foglie sugli alberi, a volte. Spesso.
Fino a sette anni fa vi avrei detto con sicurezza che la vita si può realizzare anche senza avere figli.
In linea di principio sono ancora d'accordo con me, ma se invece parliamo di me e di me solo, se ripenso a questi ultimi sette anni, cose migliori di queste tre pesti non ne ho fatte davvero.
Buona week end e buona vita a tutti.

mercoledì 27 aprile 2016

Radiosi

Sono passati trent'anni da Cernobyl.
Avevo 12 anni e la primavera era mite.
O meglio, non ricordo come fosse la primavera nel 1986, ad essere sincero. Ai bimbi non importa un granché delle previsioni del tempo e nel 1986 il mondo non si preoccupava molto della situazione climatica. C'erano Bernacca e Caroselli che facevano un'unica apparizione al giorno in tv. Nessuno degli adulti che viveva con me pareva dare troppo peso a quello che dicevano, anche se non era disponibile l'opzione "spegniamo la tv" e neppure quella "guardiamo altro".
Ricordo che ce ne parlò un professore a scuola.
Beh, non che lo abbia fatto il 26 aprile, data del disastro. Lo avrà fatto, penso, il 29 se non addirittura il 29 aprile. La radioattività era arrivata in Svezia, ci dissero e facilmente anche più a sud.
La radioattività. Un po' non ricordo bene, un po' avevo 12 anni, ma per noi, nati negli anni '70 la radioattività era stata fino ad allora indissolubilmente legata alla bomba atomica e alla paura di una terza guerra mondiale. Cosa significava, ora, una centrale nucleare che esplodeva in Ucraina?
E poi, dov'è l'Ucraina? Cos'è l'Ucraina?
Si, io non avevo mai sentito nominare l'Ucraina. Unione Sovietica e Russia erano sinonimi, allora.
Il Prof di Italiano, che era anche il preside, ci spiegò che la radioattività è molto pericolosa, che è come quando fai i Raggi. 
"Prof, io i raggi li ho fatti un sacco di volte" dissi molto più sereno di quanto non fosse lecito (nella mia mente se ero sopravvissuto ai raggi sarei sopravvissuto anche a Cernobyl).
"I raggi durano pochi secondi; se hai notato, in ospedale, i medici ed i tecnici che lavorano in quel reparto, hanno delle casacche di piombo per proteggersi.
"Chiedete anche al prof di Tecnica, lui vi spiegherà meglio".
Ci parlarono dei "Brutti mali" che potevano aumentare, con la radioattività di Cernobyl.
A casa i miei non si scomposero più di tanto, anche se i telegiornali parlavano di restare chiusi in casa, di non mangiare le verdure, di non far giocare i bambini sui prati.
Vabbè, mi dicevo, io manco mangio frutta e verdura, per un po' smetteranno di rompere i maroni. 
Col senno di poi penso sia stata la prima psicosi collettiva.
Che poi, psicosi; non è che fosse infondata. Solo che cosa fai? Resti davvero tappato in casa? Per quanto? Un milione di anni?
La nostra vita non cambiò più di tanto.
Anzi, proprio quel week end dovevamo andare a fare un picnic in montagna. Fico no? Non ci andavamo quasi mai, con la nonna anziana che aveva paura di stare a casa da sola, proprio quel week end. Solo che mio fratello ed io eravamo di turno a fare i chierichetti in chiesa (ognuno ha il passato oscuro che si merita). Toccava chiedere un cambio.
Chiedemmo a Luca, che accetto.
Sua madre si affaccio alla finestra e disse "Non c'è problema, chissà con questa storia di Cernobyl quando potremo ricominciare ad uscire per qualche scampagnata la domenica".
Riferii la riflessione ai miei che liquidarono tutto con una frase del tipo: "La mamma di Luca è ecologista, quelli sono pieni di manie".
Trent'anni dopo mi rendo conto che i miei genitori erano pressapochisti ed avevano torto. Nonostante ciò hanno fatto l'unica cosa che aveva senso fare: ci hanno insegnato a continuare a vivere. In qualche modo, nonostante tutto.

giovedì 21 aprile 2016

Come d'autunno

L'altra sera ero in Pronto Soccorso, per lavoro, nulla di grave fortunatamente.
Dopo qualche minuto che eravamo lì dentro sentiamo urlare e piangere in corridoio. Non si capiva bene, ma non serviva un genio per capire che era successo qualche cosa di grave.
Poi, dici, sei al pronto soccorso, facile che sia successo qualche cosa di grave.
Ma piano piano quell'urlo e quel pianto hanno iniziato ad essere messi a fuoco.
La voce era di una bambina, una ragazzina, dal tono, ma così, senza vederla, poteva anche avere l'età di Maria.
Ad ingannarmi la frase: "Voglio il papà! Voglio il papà, Voglio vedere il papà!" Così, insistente e fermo, come sono i bambini disperati.
I bambini si disperano allo stesso modo per le sciocchezze e per le cose gravi, penso. Non è colpa loro, è come saper controllare la forza, migliorare nella manualità fine.
La scena dura una mezz'ora, in una sorta di teatro surreale, con i personaggi in scena, noi, a cercare di parlare tranquilli sdrammatizzando lo scampato pericolo, e le voci fuori campo terribili ed angoscianti, le uniche che si sentono, quasi come se noi non stessimo realmente parlando. Gli occhi sono qui ma la mente è là fuori in corridoio.
Ci chiedono di uscire.
Usciamo.
Due infermieri cercano di accompagnare con un po' di fatica una ragazzina di circa 12-13 anni, verso la stanza accanto alla nostra. È sfatta dal pianto e probabilmente non si reggerebbe sulle gambe se la lasciassero.
Il padre è morto sul lavoro.
"Ciao amore, ci vediamo stasera"
"Torni presto?"
"Faccio il possibile, promesso".

mercoledì 6 aprile 2016

L'amore è l'apostrofo rosa tra le parole che cazzo

Ah, dite che tra che e cazzo non ci va l'apostrofo?
Me lo diceva sempre la maestra che avevo problemi con l'ortografia, che accenti e virgole non le avrei imparate mai.
Peccato però, che non ci vada.
Riflettevo con alcuni amici su quanto sia giusto cedere al compromesso, in un rapporto di coppia.
Vi dico gà che non c'è una risposta; almeno non una che vale per tutti.
A conti fatti, vi dirò, non sono nemmeno sicuro al 100% che valga anche per Silver. Perché poi quando si passa tanto tempo insieme si cambia, anche.
Gli unici sicuri di non cambiare siamo noi stessi, ma non è mica vero.
Io me ne accorgo leggendo il blog.
Facebook mi ricorda che due anni fa ho condiviso dei post ed io li leggo e mi accorgo che sono cambiato: sono più triste, più polemico, più scuro nei toni. E non è che sia la crisi del blogger, figuratevi.
E allora penso a Silver e mi chiedo cosa veramente stia pensando di me, se anche lei nota la differenza. Probabilmente si. Magari in generale è pure una differenza in meglio, chi può dirlo. Perché io, dentro di me mi sento pure soddisfatto.
Ricordate "Fratello, dove sei?" dei Cohen? "Ho chiesto al diavolo di insegnarmi a suonare bene la chitarra in cambio della mia anima. Tanto non la usavo!"
Allo stesso modo io, magari: ho chiesto al diavolo di farmi stare bene con mia moglie in cambio di non scrivere più un post decente, che tanto non fa molta differenza.

Però non è mica così facile, il diavolo non avrebbe tutti sti meriti da vantare.
Diciamo la verità: l'amore è una faticaccia.
L'amore è compromesso, concentrazione, pazienza, magone.
Ho scritto tempo fa che non è vero che l'Ultratrail non è metafora della vita. In realtà è metafora dell'amore.
Perché ti alzi presto, fai una fatica assurda, per la maggior parte del tempo ti chiedi chi te lo abbia fatto fare, hai dolori intensi che poi passano, altri che non passano, più leggeri, altri intensi e duraturi, a volte fa caldo caldo, a volte fa freddo freddo, spesso sei solo o, se anche c'è qualcuno, non riesci comunque a parlare perché sei stanto o non c'hai voglia. E tutto perché?
Per qualche scorcio di panorama, col sole che sorge, che è più bello perché te lo sei sudato, per qualche risata complice con chi ha fatto la stessa fatica, per una birra fresca al traguardo che però è lontano, e ti pare ancora più lontano man mano che ti avvicini, al punto che ti viene il dubbio che non ci sia.
A volte nemmeno riesci a finire e ti ritiri, consapevole che sarebbe peggio continuare. 
Ecco, la vita di coppia è un ultramaratona in montagna: una fatica assurda per un traguardo che non sai nemmeno se c'è. Eppure, appena passa il male alle gambe, torni lì, ad aspettare un nuovo start.

mercoledì 30 marzo 2016

Gianmaria Testa (1958 - 2016)

Una delle tante idee che avrei e che poi non concretizzo mai per dare un minimo di continuità al blog si chiama "Una goccia di splendore", una rubrica dedicata a cantanti poco conosciuti alla massa, che non passano mai in radio e che compaiono poco anche in tv.
Uno di questi sarebbe senz'altro stato Gianmaria Testa di Cuneo, ferroviere e musicista che ho avuto modo di conoscere dal vivo in un concerto pagato ancora in lire, grazie all'amica Alessandra.
In barba a tutte le mie convinzioni rock di quel tempo, quando schifavo qualsiasi cosa non portasse sul palco almeno un Marshall valvolare e un distorsore vintage, Gianmaria Testa ed il suo "socio" Piermario Giovannone, con due chitarre ed una voce roca, riuscirono a portarmi, attraverso un viaggio di parole e suoni, a provare emozioni che, lo dico senza retoriche di circostanza, non ho provato neppure con musicisti internazionali ben più blasonati e celebrati.
Il tutto condito da una raffinatezza un po' sofisticatamente e autoironicamente snob che a me è sempre piaciuta tanto. 

Gianmaria Testa è partito oggi per la sua ultima corsa.
Buon viaggio e perdonami se per salutarti non trovo nulla di più originale di una tua canzone, forse la mia preferita.

venerdì 25 marzo 2016

La passione

Sarà che sto invecchiando di brutto, ma a me la ritualità inizia a piacermi.
Prendete la religione: a me la religione piace un pochino rituale.
Silver dice che spesso è vuota ed inutile, la ritualità.
Si, dico io, ma magari se qualcuno ce la spiegasse.
Il simbolo è sempre servito a far capire. Poi è diventato fine a sé stesso, per trasformarsi in "abbiamo sempre fatto così".
E lì è la fine.
Perché l'"Abbiamo sempre fatto così" porta immediatamente dopo alla ribellione: "Adesso mi son stufato e cambiamo" e magari non si parte dal primo punto, cioè da qualcosa che abbia un senso (perché nessuno ha mai raccontato il senso originale) ma da qualche cosa che sia solo vuoto rito.

Poco male, non volevo parlare di riti.
Siamo nel triduo pasquale. A me il triduo pasquale riporta all'infanzia, inevitabilmente. Io, mio fratello e mio cugino facevamo i chierichetti in parrocchia. Il triduo era un tour de force.
Giovedì, il primo giorno di vacanza, non si dormiva. Esattamente come i due giorni sucessivi.
Sveglia alle 7, colazione veloce e via in chiesa per le prove.
Il vecchio don Luigi era uno che altro che ritualità: la celebrazione della Pasqua era una coreografia. Si provava tutta la messa almeno due volte. Ogni anno perfettamente uguale a quello precedente, ma non importava. Si provava comunque.
Uscite insieme candele alla mano, tu ti fermi qui, tu ti muovi a destra, cinque passi, guardarsi con la coda dell'occhio, non girate la testa, inchino insime e via, si sale sull'altare.
La messa veniva liofilizzata tipo:
Prima lettura (veniva solo detto così, non veniva letta), seduti, rendiamo grazie a dio, in piedi, alleluia, vangelo, omelia, seduti, fine omelia, in piedi. E noi via a continuare a sederci e ad alzarci che manco che ad una lezione di GAG.
Eppure non è mai stato un peso. Soprattutto quando eravamo più grandicelli, alle medie. Anzi, era una specie di festa tra eletti: a raccontarsi barzellette sconce in sagrestia, a bere di nascosto il vin santo, ad annusare l'incenso manco fosse marijuana.
Un lavoro facile, per Dio, nel mio caso, mantenere una fede che si basa su ricordi belli, di amici e spensieratezza.
In quel ricordo dolce, trovo il senso di questa ritualità e capisco, finalmente, i vecchi che si lamentano del cambiamento.

lunedì 21 marzo 2016

Basta mai più

La cosa più bella di chiudere una Ultramaratona è trovare i figli in piazza che ti aspettano. È bello perché succede quasi solo lì.
Quando tornoa a casa la sera a malapena mi salutano. A volte addirittura si arrabbiano se, nella loro mente, quel giorno doveva tornare prima la mamma.
Invece dopo 50 o 60 km ti corrono incontro e ti abbracciano. È un po' come se ti dicessero: te lo devi sudare un bacino, papà.

Qui il post con il racconto dell'Ultrabericus 2016, faticosa in modo assurdo e capace di farmi dire per gran parte della gara: mai più Ultramaratone. Di solito succede solo negli ultimi 10 km e finisce al traguardo. Qui è durata fino a stamattina.
Forse sto invecchiando.
Per cui andate a leggere, che magari poi non corro più.
Insomma, appena smetto di camminare come un papero storpio decido. 
Statemi bene e fate i bravi. 

venerdì 18 marzo 2016

Sovrumani silenzi e profondissima quiete

Sono un privilegiato. 
Domani ci sarà Ultrabericus 2016, la mia terza, quarta, boh... forse addirittura quinta ultra.
Dovrei fare mente locale ma sono troppo occupato a pensare se Ultratrail è maschile o femminile.
Chi lo sa?
Dicevo che sono un privilegiato. Domani è la festa del papà ed io posso mettere scarpe da corsa e vestirmi da supereroe ed andare a scorrazzare con gli amici sui colli per una decina di ore scarse (spero).
Il primo privilegio è poterlo fare, essere ancora qui a cavalcare la tigre, tutto sommato più in forma di quando avevo 25 anni. Non è difficile, sapete, soprattutto se a 25 anni eravate già obesi.
Ma in generale, leggere il post dell'anno scorso, mi fa un certo effetto. All'ultimo commento scappa ancora il magone. Pensare che con Paolino si doveva correre assieme già quella e, si era detto, anche questa.
Ma basta tristezza, sennò che privilegiati siamo?
I miei mi aspetteranno all'arrivo. Sperando di arrivare, che non è mica scontato che visto che siamo arrivati l'anno scorso arriveremo di sicuro anche quest'anno. Già mi carica il pensiero.
Mi carica anche l'idea che Silver si organizzi per esserci e facciano battute: "Correte piano e lasciateci il bancomat". Che in effetti l'arrivo in centro città ha un suo perché.
E anche se retto il ruolo della moglie che non capisce queste cose per tutto l'inverno, lei è tornata con un paio di accessori tecnici comprati apposta per la gara. È il suo modo di correre con me, e mi va anche bene, perché, se davvero corresse, probabilmente non riuscirei a starle dietro.
Oggi il giorno prima e l'aria sembra più elettrica del solito. E non è solo perché c'è il sole ed è asciutto.
Se ci sarà il sole di oggi sarà uno spettacolo. Sarà correre verso un orizzonte nascosto dalle colline, come superare la siepe dell'Ermo Colle per Leopardi. Gli avrebbe fatto bene anche al povero Giacomino, forse, smetterla di sedere e mirare, saltare la siepe e andare in cerca di un nuovo orizzonte.
Di sicuro nessuno si ricorderebbe di lui e sarebbe un peccato, ma credo che si sarebbe divertito decisamente di più.
Così, in questa (poca) immensità s'annega il pensier mio in questa vigilia di ultratrail. A me che si ricordino di me non frega una sega. Domani il naufragar mi sarà dolce, anche se saranno colline.

martedì 8 marzo 2016

I believe in miracle! Where you're from?

Se c'è una cosa che mi fa incazzare è la retorica dell'8 marzo. 
Non pensavo che la festa della donna fosse ancora una festa così sentita, e per certi aspetti sono contento che lo sia, ma la retorica proprio non la sopporto.
Oggi il color mimosa impazza: sulle bacheche di facebook, nei gruppi whatsapp, nelle vetrine dei negozi.
Gattino-mimosa, che ha preso il posto di gattino-cuoricino, che a sua volta era subentrato al natalizio gattino-babbonatalino.
Sempre accompagnato da scritta in sovraimpressione con frase di persona famosa o attribuita a persona famosa.
Quando la persona famosa non fosse disponibile si può sempre attribuirla in modo assolutamente arbitrario ai Peanuts, a Mafalda o ai Puffi. Come vi piace meglio.
Oltretutto fino a ieri, molti di quelli che oggi mimosano gareggiavano all'insulto sessista contro la ministro Boschi, l'astronauta Cristoforetti, la ragazza violentata sul giornale o anche semplicemente con la mamma che non risuciva a parcheggiare all'asilo.


Si, insomma, mi stride un po' che oggi uno mi dica che la donna è stata creata da Dio, che sia stata baciata da un angelo prima di scendere sulla terra, che senza di lei il mondo crollerebbe, quando fino a ieri si dava fiato al reportorio più becero dell'universo mondo.

Però perché giudicarli affrettatamente, magari il problema è che semplicemente non hanno trovato in internet delle mimose con le loro frasi preferite.
Quindi eccomi qui, pronto a colmare il loro vuoto.
Divertitevi, sessisti del cazzo





lunedì 7 marzo 2016

Just a castaway, a Island lost at sea

Sabato ho compiuto 42 anni. Fa effetto, vero?
I ragazzi di 25 anni mi danno del lei. Se non avete ancora provato, non potete capire. 
Per il resto sono passati abbastanza invano. Molte delle cose che dovevo imparare non le ho imparate. Altre nemmeno mi ci sono messo.
Non imparato a frenare la lingua, nonostante il mio cervello cerchi di avvertirmi, come il formicolio di spiderman.
Non ho imparato ad ascoltare: ogni volta che qualcuno mi racconta, ho sempre da rilanciare con qualche cosa che è successo anche a me. Una volta un'amico mi ha detto di non sopportare più suo padre per questo motivo. Il cielo non voglia che un giorno uno dei miei figli lo dica di me.
Nonostante questo non ho imparato a stare male, a reggere la tensione, cedendo sempre e facendo passare per bontà quello che in realtà è debolezza, facendo pesare sugli altri una cattiveria che non era loro.
Non ho imparato a non giudicare, perché ogni volta che mi vanto di non farlo, in realtà sto giudicando chi lo fa e, sotto sotto, anche l'azione che gli altri giudicano (solo che non ho nemmeno le palle di ammetterlo)
Non ho imparato a stare solo, che non è l'indipendenza o l'autonomia, ma è il vuoto, e la solitudine nella fatica. E quindi che cazzo parlo, che sto nella bambagia?
Non ho imparato a non avere paura, la rimuovo e basta. Venerdì si era a pregare per il papà di un amico ed io mi trovavo ad aver paura, ancora.
"Il tempo stringe la borsa". Ed io il giorno dopo compivo 42 anni e Paolo e Nik non li compiranno mai e trovavo tutto così pesante e faticoso ed ingiusto.
Ed io quasi non crederei più neppure in Dio, se non fosse che servono le palle anche per non credere ed io un po' ci spero anche nel Paradiso, che come idea non mi dispiace neppure e comunque, oramai, è come un vecchio amico con cui ci si scrive solo su facebook o su whatsapp: ci vogliamo un gran bene anche se ogni tanto non ci capiamo.
Ma lui lo ha capito da tempo che sono un po' casso, e tanto lo sa che torno sempre per primo io a chiedere scusa.
Poi, piano piano, passa anche a lui, come capita a Silver e ai pochi veri amici che ho.

martedì 1 marzo 2016

Lettera a Carnefice

Caro Carnefice, 
È passata qualche settimana dalla morte di Giulio Regeni eppure il pensiero mi turba ancora.
Di solito non mi succede; di solito in qualche giorno la notizia viene metabolizzata. Stavolta no, continuano a venirmi in mente quegli occhi buoni, nelle poche foto che girano, che potrebbero essere i miei di quindici anni fa o quelli dei miei figli fra vent'anni o poco più.
Non li hai visti così anche tu?
Volutamente ho cambiato canale, ho girato gli occhi, ho cercato di non leggere ogni volta che mi sono trovato davanti la ricostruzione della tortura, della violenza, così gratuita, così drammaticamente scontata nel portare solo alla morte.
Ed io non ci dormo di notte; io, al caldo del mio piumone, non riesco a fare a meno di pensare al suo papà e alla sua mamma, che magari hanno letto le stesse cose e sentono sulla loro carne viva la stessa scossa elettrica, la stessa lama di coltello, il legno della stessa mazza che picchia.
Non hai figli, tu, Carnefice?
Non hai genitori?
Un fratellino?
Quale odio ti porti dentro? Cos'hai visto nella tua, immagino finora breve vita, per non avere pietà di un ragazzo.
Non lo pensavi, mentre picchiavi, che se una persona la puoi uccidere tu, in fondo non può essere questa grande minaccia?
Di cosa avevi paura?
E anche se ne avevi, era Giulio il colpevole?
Oppure lo era James Foley, quando lo hai ucciso? O Vik Arrigoni quando lo hai strangolato? 
E sono settimane, sai Carnefice, che mi sforzo di non pensare da padre, di non lasciarmi trasportare dall'odio e dalla voglia di vendetta, che penso a quanto sarebbe invece importante venirti a cercare e capire l'origine di quel male.
Che da quel male forse potremmo capire tutto il male del mondo.
Ma tu, Carnefice, in qualcuno di quegli occhi, sei riuscito a vedere un po' di bene?
O hai solo riso e sghignazzato? Come quei bimbi che sadicamente uccidono le lucertole, consapevoli che non stanno rischiando nulla, che non capiscono che la forza vera non è la loro, non in quel momento. Eh?
Dimmi almeno questo, Carnefice, che non avevi capito, che ti sei accorto che hai sbagliato. Dimmi che anche tu non ci dormi di notte.
Dimmi che non lo farai mai ai miei figli, Carnefice, che mi sforzo di educarli al bene e alla giustizia, non lo ha fatto tuo padre, con te?
Dimmi qualcosa; qualcosa di tuo, però. A telecamere spente. 


martedì 23 febbraio 2016

I post

I post corsa, nello specifico
Mi piace scrivere di corsa ma mi piace farlo qui

https://lafolgorante.wordpress.com/2016/02/22/aim-energy-ultratrail-libera-nos-a-malo/

So che nell'immagine là sopra ci sono anche le scarpe da corsa, sotto la chitarra, ma trovo coerente separare gli ambiti.

Però la corsa di domenica è stata una gallata pazzesca ed io vi consiglio caldamente di andarvelo a leggere.
Ora che ve l'ho detto, torno alle sudate carte. Fate i bravi


mercoledì 17 febbraio 2016

Correre fa bene. Se

Che correre faccia davvero bene alla salute è al vaglio degli inquirenti.
Se si tratta di lunghe distanze, poi, lasciamo perdere.
Non che io conosca cosa significa prepararsi per le distanze brevi, ok? Mai corse, nemmeno da ragazzo. Ne parlerò una volta o l'altra.
Si diceva che correre fa bene, ma chissà se è vero?
Allora, proviamo a vedere:

Hip: Correre fa bene.

tutti gli specialisti dicono che occorre correre con una certa costanza, che l'attività fisica sporadica non serve a nulla, anzi, fa peggio.
Io per correre con costanza devo avere obiettivi.
Siccome, come spiegato poch'anzi, obiettivi su gare corte non me li posso permettere, sono troppo lento, mi alleno per le gare lunghe.
Le gare lunghe in pianura sono noiose, allora diamoci al trail.
Il trail si fa in salita.

Ergo, ci si allena in collina o montagna.

Primo problema: bisogna arrivare a montagne o colline, che non sono lontane ma neppure vicinissime. Quindi ci sia alza un po' prima. E si cerca di andare forte, per riuscire a stare nei tempi fissati. Sennò si arriva tardi ed il programma della giornata va a ramengo.
A tal proposito, mi sono sempre chiesto perché gli amici single non vengano a correre al mattino alle 5. "Io non ho impegni come voi padri di famiglia, dice uno". Ha ragione pure lui.
Ma il bello è salire con l'alba che ti rincorre. Il brutto è tornare a casa e non avere un attimo seduto fino a sera. Cosa concessa a chi non ha figli, penso, che però non viene a correre alle 5 perché non ha figli. Insomma, siamo al primo paradosso del trail runner.

Il secondo problema è che si rimane una settimana con le gambe dure come il marmo che il primi passi paiono quelli di uno che gira con il manico della scopa su per il sedere.
DOMS, si chiamano; guai a chiamarlo acido lattico con chi ne sa. Che l'acido lattico se ne dovrebbe andare in un paio d'ore.
Sarà che con me si diverte, che sono sempre una gran bella compagnia, ma secondo me il mio acido lattico rimane un bel po' di più.



Il terzo problema è che prima delle gare bisogna idratare molto. Anche litri al giorno, nelle settimane precedenti ai lunghi e alle gare. Quindi si è sempre al bagno, che quasi mia moglie mi regala il Prostamol, da tanto mi alzo la notte a pisciare.
Pure insonne, quindi.

Il quarto problema è che al mattino sei intorpidito (in generale, anche al netto dell'insonnia pisciona).
Ormai come Fantozzi ho studiato tutti i tempi nel dettaglio per svegliarmi il più tardi possibile: panino e spremuta preparati la sera prima e mangiati seduto sulla tazza del cesso, vestizione rapida, scarpe già pronte, slacciate e aperte vicino alla porta, apro il cancello e zaff, dentro le scarpe e fuori senza allacciarle (che si richiude il cancello). Questa ottimizzazione fa si che a volte io esca ancora addormentato.
Ma ormai noi Folgoranti abbiamo trovato il nostro doping.
Oh, niente chimica, tutta roba naturale. Si assume sotto forma di un pitbull di 40 kg che risponde al nome di Musso.
Risponde è una parola grossa, che la padrona lo chiama ma non è che lui ascolti più di tanto.
Ce lo troviamo davanti, immancabile, ogni volta che alle 6 del mattino siamo sugli argini dell'Astico. Da uno strattone e scappa alla padrona. "Fermi immobili, fermi immobili, urla, se non vi muovete non vi fa nulla"
E noi fermi.
Certo, non è confortevole stare fermi immobili al buio con un pitbull che ti annusa le palle ed il buco del culo. Sarà perché è freddino, a stare fermi, ci si ammala.
C'ha pure la morosetta, Musso, però più mite e timida, se ne sta in disparte.
Però, una volta che il Musso è stato ripreso dalla proprietaria ed ha deciso che per oggi i nostri attributi possono rivedere il sole, noi corriamo come delle lepri. Giuro, un minuto in meno al chilometro, come ridere.
Io quasi quasi me lo porto alle gare, Musso. Un'annusata prima di partire e via, più veloce della luce.

Quindi: se non vi pesa alzarvi al mattino presto e stare rimbambiti fino a sera, se l'acido lattico davvero vi lascia dopo un paio d'ore e se un molosso non vi mutila l'intimità, la tesi è dimostrata: correre fa benissimo.

giovedì 11 febbraio 2016

Di! Vaaano! Divano! Di-Vaaano!

Ricomincia la scuola e con essa la routine.
Delle poche cose che amo nella mia routine (che per essere abitudinari serve costanza ed io sono anche pigro) c'è la messa a letto presto della ciurma e la "spiaggiata" sul divano serale.
Che immancabilmente finisce con bavetta sul cuscino e migrazione nel letto quando s'è fatta una certa che di solito nemmeno mi ricordo bene come.
Capiamoci: la pizza sul divano con visione DVD tutti assieme è un piacere della vita, ma non si può fare se il giorno dopo la sveglia tuona alle sei e mezza.
Per cui i mostriciattoli a letto entro le nove, Silver ed io a spicciare le ultime adempienze (tipicamente un'asciugatrice da piegare, lo zaino dei bimbi da preparare, la merenda per il giorno dopo, ecc ecc) e il cervello che già si pregusta le nuove puntate di Fargo (che purtroppo fanno solo al giovedì) o il film che ha presta il collega o quello che abbiamo noleggiato online... che poi, appunto, già è qualche cosa che si riesca a finire di guardarli prima di collassare in un tutt'uno con la fodera arancione.
Ieri ad esempio c'era Sanremo.
A costo di essere forzatamente sociologico dico che ho notato una cosa: a differenza di altri anni, c'è la controprogrammazione.
Niente di trascendentale, come ormai ci ha abituato la tv "in chiaro", ma qualche filmetto che si poteva guardare c'era.
Il remake di "Non aprite quella porta", ad esempio. Appena sposati ricordo che lo guardammo e ci scosse un pochino, per nulla avezzi all'horror come siamo.
Non si capisce l'utilità del remake, oltretutto, visto che l'originale è decisamente più potente.
D'altro canto pure Sanremo è un continuo remake di sé stesso, che c'era la Pausini che cantava "La Solitudine" e Ramazzotti con "Adesso tu" e anche senza volerlo un piccolo deja vu m'è venuto.

Anche "Terra Promessa" ha cantato, l'Eros nazionale. Io me la ricordo Terra Promessa. Era il 1984, frequentavo la quinta elementare. Per la prima ed unica volta nella nostra vita scolastica mio fratello ed io eravamo assenti da scuola per scelta dei nostri genitori. Nostro padre ci portò in settimana bianca assieme ai ragazzi a cui insegnava. Lasciate perdere le implicazioni etico-morali dell'operazione, era una scuola gestita da preti e somigliava più all'uscita dell'ACR che ad una gita scolastica. Scuola professionale: una ventina di adolescenti brufolosi futuri idraulici. Per gli insegnanti avevano una venerazione, erano gli insegnanti che sapevano lavorare, che sapevano sporcarsi le mani.
Io e Bubu venimmo adottati praticamente da tutti, ci insegnarono a giocare a carte, ci portavano sullo skylift, ci aiutavano con gli scarponi.

Avevamo degli sci di terza o quarta mano, regalati da uno degli allievi di papà che veniva giù da Asiago e sciava da prima di imparare a camminare.
Bubu si ruppe una gamba alla seconda discesa.
Io aprii in due una lastra di ghiaccio con il culo il penultimo giorno ed ebbi un ematoma fino a metà schiena per tutta la settimana successiva.
Naturalmente la vacanza continuò come se nulla fosse accaduto.
Ed alla sera si guardava Sanremo. O meglio, si tentò, perché a me piaceva ma ai cinghialoni no. Diedero una chance solo ad Eros Ramazzotti. Che a me stava già sul cazzo.
Nonostante ciò ieri è riuscito a muovere un po' di nostalgia per quel lontano ricordo, un attimo prima di addormentarmi sul divano.
Lether Face non ci sarebbe riuscito.


mercoledì 27 gennaio 2016

E però anche Stalin

Oggi è il giorno della memoria.
Occhio però che non è il giorno in cui non bisogno far dimenticare al mondo che si è dei perfetti coglioni, ok?
Ultimamente mi diverto a lurkare su facebook le risposte ai post che sono potenziali flame. Ho scritto già due termini da nerd, serve per depistare.
Insomma, il gioco è semplice:
- aprite un social qualsiasi (almeno credo, io non è che ne capisco tanto)
- cercate un post che sapete che crea dibattito: adozioni per gli omossessuali, accoglienza dei profughi, Renzia a casa, laziomerda (come direbbe il mio amico Lorenzo).
- Leggete i commenti.

La maggior parte di essi sarà normalissimo e innocuo rinforzo del concetto espresso dal postante.
Ma c'è sempre quello che dice: "eh ma però"

Il giorno della memoria non fa eccezione. Anche questo dovrebbe farci pensare: la Shoah, l'eccidio per eccellenza, trattato allo stesso modo della legge Fornero.

Così c'è un post di uno che dice: "Io non dimentico", cita Primo Levi e posta una delle tante foto che grazie a dio ancora ci provocano un brivido di disgusto.
E sotto il pirla che dice: "E certo, ricordiamoci anche però che Stalin ha fatto lo stesso, e le Foibe e i cristiani uccisi in Siria".
Si, appunto, imbecille, ricordiamoci anche di loro ma lasciatelo dire: "Non hai capito un tubo". Almeno abbi il buon gusto di non accusare di politicizzare una strage quando stai esattamente facendolo tu.
Che a voler fare dei distinguo a tutti i costi, finisci per dire che sei tu quello che puoi decidere quali siano gli innocenti degni di essere ricordati.
La Shoah è stata una carneficina assurda, senza nessun significato, su base razziale, continentale.
Hanno inziato eliminando i disabili, sottoponendoli ad esperimenti come fossero cavie umane, hanno rinchiuso uomini e donne in recinti, come schiavi trattati come animali da macello.
Lo hanno fatto con il benestare omertoso della popolazione  spesso colpevole di delazioni che per quanto dettate dalla paura non sono giustificabili. Con il silenzio della chiesa e di molte istituzioni.
Non è stata l'unica, certo.
Forse anche Stalin o chissà quale altro stronzo dittatore lo avrà fatto prima o dopo ma cosa importa?
La Shoah riecheggia oggi a distanza di settant'anni, come una ferita ancora aperta, è l'emblema di tutte le stragi, il monito che il nostro passato ci mette davanti, come un dito puntato.
È l'emblema di ciò che non deve essere dimenticato, è l'esempio universale della bestialità dell'uomo. 
La Shoah non è solo dolore ma è diventata la metafora di tutti i dolori del mondo.
La politica non c'entra nulla e se non capiamo questo è meglio che non ricordiamo nulla o questa sarò il giorno in cui ci ricordiamo solo le nostre miserie


"Go trovà un prete el ga un dubio anca lu desso podemo parlarse de più
ma cosa serve (el dise) la memoria de ieri, a smentegarse (a digo) el dolore de ancò
fasemo finta de pensarghe tuti do".

Valincantà - Vita sta dolse canson 

ah, vi fosse rimasta voglia di leggermi, oggi sono pure su genitoricrescono.it

venerdì 15 gennaio 2016

Domandaghe a to popà

Adesso questi se ne escono con sta boiata che un papà sarebbe in grado di arrangiarsi senza la mamma.
E badate bene perché parlo apposta di papà e mamma e non di marito/compagno o moglie/compagna; non stiamo parlando di un mercoledì da leoni con la vecchia compagnia post matrimoniale ma proprio di gestione di casa e figli.
Ma figuriamoci! Maddai!

È palese che è tutto finto. La chiamano realti ma in realtà è fication.
Avete mai visto voi un papà che azzecca anche solo la grammatura della pasta? Il tempo di cottura?
Dico, giusto giusto cucinare alla griglia.

I vestiti. Ora dico, può un maschio riuscire ad abbinare i vestiti?
Si, non parlo di un maschio non genitore.
Un maschio non genitore si veste bene, si lava, ed ha le cravatte nell'armadio disposte in scala cromatica.
È una caratteristica che si perde con il matrimonio, come se facesse gli anticorpi alla capacità di discriminare il colore. Quando nascono i figli il maschio è perfettamente immune. 
Provate a fargli abbinare un paio di pantaloni della tuta dei figli con la felpa della stessa. Non c'azzeca una volta una.
Fategli dividere i calzini piegati: quelli della moglie da quelli della figlia, quelli dei maschi da quelli delle femmine. Poi uno dice ce l'hai col gender perché vesti la bimba di rosa e il bimbo d'azzurro. È perché sennò il papà inverte i capi d'abbigliamento dei due e sono entrambi verdi, si, ma uno sembra Pisellino di Braccio di Ferro e l'altra ha le braghe alla zuava.

Per non parlare di tutti gli appuntamenti: portali a nuoto, portali a pianoforte, portali a danza, compra il regalo per l'amichetta.
Uno dice, se ha una media scolarità magari l'agenda la sa leggere.
L'agenda? Ma che stiamo scherzando?
Volete dirmi che ci sono mamme che davvero si fidano di quello che il marito scrive sull'agenda?
Ammesso che lo scriva giusto figuriamoci dopo cosa leggerà, con la testa sempre a pensare alla chat della squadra di calcetto, a quale scusa usare per farsi concedere la serata libera venerdì per l'addio al celibato di quel maiale del Bistecca e alle pietose scuse che dovrà accampare poi per essere tornato ubriaco e fumato dal night club dove, dio non voglia, sarà stato bravo se non avrà palpeggiato qualche passera che si parava tra il palo della lap dance e il suo naso.

Ma poi, dico, anche fosse vero... ma questi non si rendono conto delle implicazioni culturali che potrebbe avere un programma del genere?
È perché è Raitre, sono sempre loro che fanno i progressisti.
Io credo nella famiglia tradizionale che non è solo PAPÀ e MAMMA ma è Papà che lavora, porta a casa il giornale, torna tardi, si mette in vestaglia e legge il giornale e Mamma che lava, stira, accudisce ed educa i figli e si concede al marito quando è richiesto.

So che gli estremisti, i fondamentalisti dell'anti-sessismo saranno lì schierati e non saranno contenti neppure di questo programma. Già me la vedo la lobby dei genitori che predicano il cresciamo insieme a dire che è già vecchio, che quelle cose sono scontate.
Infatti il dubbio ti viene, no? Perché se nessuno insorge contro significa che non c'è nulla di così innovativo; che in Italia è sempre tutto osteggiato, quello che puzza di progresso.
Ma io non mi fido, no.
Secondo me è un complotto della lobby gay e dei cattocomunisti per far passare questa linea di pensiero, che da qui al dire che due uomini possono essere genitori poi è un attimo.
Lasciate ai padri fare i padri.
Ora vi saluto, c'ho da andare veloce allo spritz con gli amici che poi ho la gara di rutti con i miei figli. 

lunedì 4 gennaio 2016

Ritorno a ritorno al futuro

Le feste hanno portato in regalo una consapevolezza: i bimbi sono entrati nell'età in cui si può guardare un film insieme e non è necessariamente un cartone animato.

Ricordo quando, ormai tanti anni fa, mio fratello visse la prima esperienza full immersion da zio con i nipotini expat all'epoca entrambi al di sotto dei 10 anni. Ritornò a casa molto soddisfatto ma con una sola richiesta: "Vi prego, guardiamo un film dove si veda almeno una tetta!"

Allo stesso modo un'amica, un po' esaurita da varie vicissitudini della vita, malanni della bimba compresi, che si considerava abbastanza fortunata perché stava guardando in tv qualcosa in carne ed ossa. La figlia, naturalmente, dormiva.

Quindi, se il primo teorema del Cinema con i bimbi (Detto anche "Teorema di Walt") recita: "Prima o poi vorranno guardare anche qualcosa in carne ed ossa" (ora si direbbe live action, ma io sputo sempre la dentiera sulla tastiera, quando lo dico), il secondo teorema,"Corollario di Lucas", dice testualmente: "Se non sono particolarmente testoni potrebbe anche essere che accettano di buon grado una nuova proposta".
Pare 'na scemata, eppure è così.

C'è da dire che i tre bamboli non guardano molta tv. Anzi, quella santa donna della Babysitter li fa giocare fino a quasi ora di cena. Spesso quando noi rientriamo sono talmente presi da farci sclerare male facendoci pagare ogni minuto passato lontano da loro, che neppure gli viene voglia di accendere la tv. Poi si mangia, in un tempo medio che si approssima sull'ora e mezza, manco fosse un banchetto organizzato da Nerone in persona. Poi è tardi e si va a letto.

Ma le vacanze sono vacanze per cui ad una certa ora è pure legittimo pensare di sedersi sul divano e guardare qualcosa assieme.
Il programma era quasi blindato: Quadrilogia di Indiana Jones e l'inaspettato arrivo della trilogia di Ritorno al Futuro. Più un Nightmare before Christmas che non conoscevo ma che devo dire mi ha felicemente stupito.
Il buon vecchio Marty McFly, naturalmente la fa da padrone. Anche se per dei bimbi come loro il 1985 è il nostro 1955, per cui i protagonisti non ritornano mai realmente al futuro. Pazienza, capiranno meglio il passato prossimo ed il passato remoto. 
Pizza tagliata a spicchi, copertina sulle gambe, telecomando 99 canali e rutto libero.
In un anno segnato ancora da lutti personali, ditemi voi se non basta questo a descrivere un po' di felicità.
Buon 2016 a tutti.