venerdì 30 marzo 2012

Stefano


Le giornate sono così belle che è un peccato stare dentro. Lo so che ci vorrebbe la pioggia... ma, aspettando che arrivi, mi godo il sole, mi sento molto Suonatore Jones: campi alle ortiche, ridere rauco e ricordi tanti e nemmeno un rimpianto.
Dicevo, così belle che l'unico modo possibile per “stare dentro” è fare un pochino di introspezione.
In questi giorni ho scambiato un paio di e.mail con Barbara MFC, c'è stata la giornata sulla Sindrome di Down. Lunedì faranno dieci anni che lavoro qui.
Dieci anni. Cazzarola, la prima volta che mi sono reso conto di avere ricordi datati dieci anni mi sono sentito vecchio. Ora, che i ricordi ce li ho vecchi di trent'anni, il 2002 mi sembra ieri.
Ma non è di questo che volevo parlare.
L'attenzione che in questi giorni sto ponendo sulla disabilità, anche fuori dal mio lavoro, mi ha fatto tornare in mente suggestioni passate. Una psicoterapeuta una volta mia ha detto: chi lavora con la “cura delle persone” lo fa perchè deve rispondere a qualche trauma.
Non ho ancora scoperto quale. Io ci sono arrivato per caso, qui. Insegnavo nuoto e un giorno mi hanno chiesto se volevo fare il volontario al mare con Federico, uno dei ragazzi che veniva a lezione. Poi hanno scoperto che facevo psicologia e mi hanno chiesto se volevo lavorare nel loro centro (erano interessati al fatto che insegnavo nuoto, più che altro). Mi è piaciuto e sono restato. Quando è scaduto il contratto ho cercato qualcosa che somigliasse. Mi è piaciuto ancora di più e son dieci anni. 

Traumi non so. Mi ricordo di mio nonno in carrozzina, gli ultimi anni. Era un figo, mio nonno: aveva fatto la grande guerra, era stato in prigionia, era emigrato in Francia per cercare lavoro subito dopo e non ne parlava mai. 
Viveva il presente “nono Bepi”. Stavo ore a fargli compagnia, a portargli le cicche, a guardare il ciclismo. 

In questi giorni, come accade ogni tanto, ho ripensato a Stefano. È il suo nome vero. Resisto a fatica a non mettere il cognome che pure ricordo bene. Stefano è stato pochi giorni in classe mia, in terza media. 
Stefano aveva la Sindrome di Down. Non ne sono sicuro, a dire il vero, nessuno ce l'ha mai detto. Stefano era seduto in ultimo banco, nella fila vicino alla mia. Interagiva poco e, anche durante l'intervallo, si isolava. Lo guardavo da lontano, cercando il coraggio di invitarlo a giocare a pallone. “Secondo te è normale?” mi ha chiesto una volta la Micky, la figa della classe (scusate la finezza, sono in terza media). “Si, certo” ho risposto di getto. 
Qualche giorno dopo non si è presentato. Il preside ha detto che la mamma aveva deciso di iscriverlo ad una scuola più vicino a casa.
Ancora oggi mi chiedo perchè lo abbiano buttato in una classe di quattordicenni, così, senza nessuna preparazione ai compagni, senza aiutarci a capire. Ancora oggi mi chiedo cosa sarebbe cambiato se l'avessi invitato a giocare a pallone. Mi dispiace tanto Stefano, perdonami. Ci vieni a giocare a pallone con me?

23 commenti:

  1. Quello delle medie è un periodo pessimo. Fortuna che poi passa...

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  2. Si, in effetti se ci ripenso, è stato un periodo di m....!

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  3. Davvero un bel post...
    Anche io lavoro nel sociale e mi occupo di riabilitazione con persone disabili. Guarda volendo scherzare un attimo mi verrebbe da dire che il trauma lo abbiamo ogni giorno vedendo le porte chiude di questa società i fondi che mancano le scelte assurde di alcuni dirigenti e il menefreghismo su un problema davvero importante.
    Poi stringiamo i denti e facciamo sempre tutti perchè crediamo nel nostro lavoro
    un saluto

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    1. Ti straquoto. E quanto il nostro stringere i denti leva le castagne dal fuoco agli enti? Teniamo duro! ;)

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  4. Io alle medie avevo un compagno di classe con evidenti problemi mentali..aveva perfino la testa allungata..ma nessuno si azzardava ad ammetterlo..un giorno mi ha tagliato un polso con una penna durante uno scatto d'ira..nessuno ha fatto niente per aiutarlo. Me le sono sentite io per la mia autodifesa del momento, ma lui è ancora che gira per la città da solo con i suoi strani tic...i suoi genitori si vergognano ad ammettere che il figlio ha un problema..secondo me si dovrebbero vergognare perchè sono loro il problema.
    Alle medie i ragazzi son difficili e le cose vanno loro spiegate in un certo modo..ma se gli adulti si rifiutanmo di farlo perchè si vergognano del figlio non c'è molto da fare. Io apprezzo le persone che fanno il tuo lavoro (vorrei farlo anch'io) perchè vedono molto di più nelle persone.

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  5. mi hai inumidito gli occhi.
    bella gae.

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    1. Il complimento più bello, non me ne vogliano gli altri

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  6. Io durante l'università ho fatto del volontariato a Sarmeola (che immagino tu conosca).
    Avevo molto dolore in me in quel periodo, ed egoisticamente passare del tempo con quei ragazzi alleviava il mio. Penso però che si tratti più di una predisposizione d'animo.
    Bel post!

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  7. Mi auguro di incontrare persone come te, durante il nostro viaggio :-)

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    1. Ed io vi auguro di trovarne anche di migliori e, soprattutto, che la meta sia il giusto premio alla durezza del cammino. Spero di reincontrarvi

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  8. mi è venuto da piangere. i ragazzi alle medie sono problematici, ma iniziano ad essere adulti, quindi in grado perfettamente di capire certe cose se loro spiegate. non so come sia ora non avendo esperienze dirette, ma mi auguro che qualcosa sia cambiato.

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    1. Anche io ho fatto una lacrimuccia a scriverlo. Non mi ero mai reso conto di quanto forte fosse stata quella piccola esperienza

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  9. Sai che non lo so?
    Di sicuro ai nostri tempi non si faceva, non si informava. Per quel che ne so, credo non si faccia nemmeno oggi. Nella scuola dove lavoravo, prima media, c'era un ragazzino psicotico, ovviamente diagnosticato adhd + dsa. Compagni e professori non conoscevano la sua vera diagnosi, per volere della asl, ma il quadro clinico era lampante. Il ragazzino diventava improvvisamente aggressivo verso i compagni e verso gli adulti, non sarebbe stato opportuno quanto meno informare il personale scolastico, un minimo?
    Secondo caso, seconda media, fobia scolastica + ansia sociale. Dopo un lungo periodo di assenza il ragazzo annuncia di voler fare ritorno in classe, i compagni vengono sensibilizzati e invitati a non fare domande sulla sua lunga vacanza, il ragazzino ha finito l'anno e iniziato la terza media senza angoscia.
    Ma ti assicuro che sui ritardi mentali lievi e medi, nessun ragazzino si rende conto fino in fondo della diversita' dei compagni. Scusa la prolissita'.

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    1. Ma io non avrei preteso un trattato dagli insegnanti. Forse sarebbe bastato un: "è un amico speciale che ha bisogno di un po' di aiuto". Qualcuno avrebbe fatto lo stronzo. Ma qualcuno no.

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  10. Quel tuo rimpianto finale ti fa onore, e non poco, credimi.

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  11. gli adulti dovrebberoe essere fatti anche per insegnare ai ragazzi... d'altra parte non sempre è così... è un nobile rimpianto, ma credimi, penso ci siano tante strade che un genitore possa intraprendere per il bene del proprio figlio... e magari l'omertà fu cosa richiesta dalla famiglia... comunque per me a giocare ci verrebbe...

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  12. ...i brividi ci stanno tutti...

    che periodo pessimo quello delle medie... se solo avessi avuto il carattere e le palle che ho ora...


    chicchiscedda.wordpress.com

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  13. Avrebbero dovuto aiutarvi e spiegarvi. Ma vedi che il tuo destino era già scritto!

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  14. Ciao.
    Non so se sono d'accordo con quello che ti ha detto la psicoterapeuta. Generalizzando invece, penso si possa dire che, in un "rapporto di cura" a volte non è chiaro chi riceva più benefici :)

    Non ti angustiare per quella domanda che non hai fatto a Stefano, magari non sarebbe cambiato nulla. Avete avuto a disposizione poco tempo ed eri un ragazzino.
    Mi concentrerei di più su tutto ciò che hai fatto poi, sulle belle mail che hai mandato a me, sul tuo lavoro.

    Per il resto, a me pare di scorgere maggior sensibilità su questi argomenti, anche nella scuola. C'è molto da fare, ma scelgo di mantenere l'ottimismo. :)

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  15. La situazione è migliorata, è vero. Sono passati anche un sacco di anni.

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