martedì 6 agosto 2013

Se non sono gigli...

Vorrei che Dio cantasse De Andrè. 
Vorrei che lo facesse in paradiso, chitarra in mano, circondato dagli ultimi, quelli veri, che popolano le sue canzoni. 
E tra gli ultimi quelli più ultimi degli altri, quelli che sono talmente sfortunati da non essere neppure considerati tali. 

Non sono sufficientemente pazzi da essere psichiatrici, non hanno patologie tali da poter considerarli malati, non sono abbastanza indigenti per essere considerati poveri e neppure sufficientemente ritardati da invogliare ad aiutarli.
Per cui nessuno pensa ad una colletta per pagargli il funerale e ci si accorge lì, in mezzo alla chiesa, di quanto sia fredda la solitudine zincata di una bara da pochi soldi. 

Vorrei che Dio cantasse De Andrè perchè le sue canzoni sono più belle di quelle intonate dalle volonterose anziane dell'esercito della salvezza funeraria, quelle che sanno che in alcuni casi è importante anche fare numero, perchè la chiesa sia solo parzialmente vuota. 

Vorrei che Dio cantasse De Andrè perchè, anche se non era povero ed i suoi dischi costano ancora soldi, non ha mai messo la sua faccia sorridente su un manifesto che chiede offerte per aiutare gli ultimi che oggi, in questa chiesa, sembra una presa in giro. 

Vorrei che Dio cantasse De Andrè per ricordarci che finchè abbiamo una casa, il condizionatore, due giorni di vacanza e la salute non abbiamo alcun diritto di considerarci più bravi di nessuno

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