Credo che non ci siano state
all'interno dell'intero albero genealogico della mia famiglia, due
persone più diverse tra di loro dei miei nonni maschi.
Gerardo era il padre di mia mamma; era
un signore distinto, metteva una certa soggezione. Parlava poco e, in
generale, non dava molta confidenza, nemmeno a figli e nipoti. Credo
che in paese pensassero a lui come ad un aristocratico, un po' fuori
dalle dinamiche e dalle chiacchere del paese. In realtà era una
persona molto intelligente, interessata di un sacco di cose . Come
molte persone della sua generazione si era fatto il culo dal primo
all'ultimo giorno utile per lavorare. Da giovane suonava la chitarra
ed il mandolino ma per carattere non credo si sia mai trovato ad
essere colui che animava le feste. Forse, se la genetica non è
un'opinione, in quella sua passione giovanile, c'è l'origine del mio
amore per le corde e, allo stesso modo, quello di tutta la mia
famiglia (cugini materni compresi)
Di lui porto due ricordi
indelebili: il ritorno da Budapest, uno dei viaggi di piacere fatti
già da anziano, con un block notes fitto di appunti che mi ha letto
quasi integralmente; credo di non averlo mai sentito parlare tanto.
Poi una festa sull'aia con gli attrezzi di una volta: la trebbia, la
legatrice, la motrice. Ci spiegava il funzionamento, per anni aveva
offerto ai contadini della zona il suo servizio di trebbiatore; una
delle poche volte che l'ho visto commosso. Aveva perso 4 figli
piccoli Nonogerardo, non
piangeva per le cazzate.
Completamente
diverso Nonobepi. In
realtà si chiavava Silvio ma, chissà perchè, era per tutti Bepi.
Era nato nel secolo scorso, Bepi. No, anzi, quello prima ancora. Era
piccolino, tozzo. Man mano che passano gli anni mi rendo conto che
finirò per somigliargli sempre di più.
Aveva fatto la prima guerra,
era stato in prigionia in Germania. Poi era emigrato in Francia, in
cerca di lavoro. Era stato bracciante sulla ferrovia, in miniera,
credo anche. Non ne parlava mai.
Non viveva di ricordi Nonobepi.
Finchè le gambe lo hanno
sostenuto non ha mai rinunciato all'osteria, agli amici. Poi sono
iniziati gli acciacchi, la paralisi, la sedia a rotelle. Giuro di non
averlo mai sentito produrre un lamento. Mi ricordo l'inno di Madrid
'82, seduto vicino a lui, la prima volta che ascoltavo Mameli. Mi
ricordo tutte le bici che mi ha regalato, man mano che crescevo, le
sigarette ed i fazzoletti che gli portavo là, nel suo posto accanto
alla finestra. Quando sono nato pesavo 2 chili scarsi. “Ghin
faremo on omo?” Chiedeva a mia
mamma. Spero di si, nono, se
un giorno ci rivedremo avrò una cicca pronta per te.
Quand' io l' ho conosciuto o inizio
a ricordarlo era già vecchio,
sprezzante come i giovani, gli scivolavo accanto senza afferrarlo
e non capivo che quell' uomo era il mio volto, era il mio specchio
finché non verrà il tempo in faccia a tutto il mondo per rincontrarlo. (F.Guccini - Amerigo)
sprezzante come i giovani, gli scivolavo accanto senza afferrarlo
e non capivo che quell' uomo era il mio volto, era il mio specchio
finché non verrà il tempo in faccia a tutto il mondo per rincontrarlo. (F.Guccini - Amerigo)
Io di nonni ne ho conosciuto purtroppo uno solo.Ed era fantastico. Faceva il falegname, ricordo ancora che giocavo in mezzo ai trucioli di legno, mi portava i biscotti e leggeva l'Unità. A volte mi manca ancora.Penso che avrebbe adorato i due rospi.
RispondiEliminaChe figo, il nonno che legge l'Unità
Eliminabellissimo anche questo tuo post...hai dei bellissimi ricordi dei tuoi nonni...
RispondiEliminaSi, è vero, sono contento di averli conosciuti tutti e quattro.
EliminaUna sola cosa rimprovero ai miei nonni, di assersene andati TROPPO PRESTO.
RispondiEliminaBellissimo ricordo il tuo, commovente.
Grazie.
EliminaQuesta serie di post è davvero magnifica.
RispondiEliminaMi hai fatto tornare in mente un sacco di ricordi dei miei nonni.
Bici comprese.
Chissà perchè immaginavo che il particolare delle bici potesse essere un punto in comune
EliminaBellissimo post. Fa il paio con l'altro, quanto a commozione. Mi viene da immaginare le due coppie dei tuoi nonni come se li avessi conosciuti, solo i grandi scrittori riescono in questo.
RispondiEliminaAh! Rimane da scoprire come ci sia riuscito io, allora... :D (Grazie)
Eliminaavevo pensato ad Amerigo ancor prima di arrivare alla fine :-D
RispondiElimina:D
EliminaUn po' commossa.
RispondiEliminaChe vite difficili, faticose.
La dignità nella sofferenza io l'ho imparata da mio padre e da mia madre, e l'ho vista in persone d'altre generazioni.
La trovo profondamente commovente, non so dire di più
:)
La tua commozione è il miglior complimento
Eliminammmh, sto togliendo alle mie figlie i ricordi dei nonni. è forse una delle poche ragioni per cui a volte mi dispiace che siamo così lontani. Skype non serve, non basta...
RispondiEliminaAvranno altri ricordi, altrettanto belli.
EliminaStavolta il mio contributo è purtroppo limitato: paterno mai conosciuto, materno morto che avevo 7 anni (mi lasciava stare tutto solo nel suo studiolo a giocherellare con una calcolatrice: gli consumavo metri di carta per farci sopra dei calcoli assurdi...)
RispondiEliminaDa entrambi ho preso la passione per le carte e una certa abilità con le bocce, anche se a queste ultime giocavo solo d'estate al mare, nei bellissimi campetti fra spiaggia e pineta che attualmente vanno sparendo: l'avidità romagnola vuole ottimizzare gli spazi, aggiungendo più tavoli per la ressa domenicale...
Bel contributo, grazie davvero
EliminaAnche i miei erano diversissimi. Uno chirurgo e uno operaio. L'operaio si è goduto la vita molto di più di certo. Mi ha insegnato che si vota a sinistra, si legge il giornale tutti i giorni, ci si lamenta sempre delle ingiustizie, si dovrebbe lavorare meno ma lavorare tutti, si deve mangiar bene e scopare di molto. Quando votai la prima volta nel 96 e vinse la sinistra, tornai a casa dall'edicola col manifesto sotto braccio e uno da una macchina mi disse "puttana". Glielo raccontai e lui chiamò in redazione e lo fece scrivere.
RispondiEliminaL'altro era un genio, uno fuori dal normale. Sapeva suonare il pianoforte e la chitarra, sapeva dipingere, sapeva la Divina Commedia a memoria. Peró di sicuro visse male, tra manie e fisse varie. Ricordato e benvoluto da tutti, ma non ebbi mai un bacio da lui perchè le smancerie erano cose inutili.
Che bello, uno dei commenti più significativi che abbia mai letto su questo blog scalcinato
EliminaArrossisco. ;)
EliminaMi hai fatto commuovere! E ricordare i mie nonni, che purtroppo non ci sono più e mi mancano.
RispondiEliminaAnche loro erano molto diversi, uno era un po' come il tuo Nonogerardo, metteva soggezione, non era per niente affettuoso, ma lo so che mi voleva bene.
L'altro era il nonno che tutti vorrebbero avere (credo) affettuoso, divertente, paziente, mi ricorderò sempre che quando ero piccola ed avevo mal di pancia mi prendeva in braccio e mi metteva le sue manone sulla pancia per farmelo passare. Ecco, adesso sto proprio piangendo... mi manca tanto, avrei voluto conoscesse la mia piccolina, anche se sono sicura che, da qualsiasi posto si trovi ora, la vede e veglia su di lei.
Grazie per questi bellissimi post!
I nonni... la pagnottina non conoscerà i nonni, intesi come maschi.
RispondiEliminaQuello che mi fa arrabbiare sono le diverse motivazioni.
Il papà del Camperista è mancato tanti anni fa e quando sento parlare chi l'ha conosciuto vedo ancora ammirazione e commozione, in primis nel Camperista.
Poi c'è mio padre. Vivo e vegeto ma bastardo dentro a cui non ho neanche detto che sono incinta... quindi credo che la pupa non conoscerà neanche questo nonno.
E la vita è proprio bastarda...
Brutta storia. Mi dispiace. Grazie per averla condivisa.
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