mercoledì 6 settembre 2017

Lo sport spiegato (male) ai miei figli

Lo scorso anno lessi su facebook un bellissimo post scritto da Francesco Rigodanza, golden boy del trail running italiano, che faceva gli auguri al suo papà per la Trans D'Havet, che tra l'altro avrei corso anche io, seppure qualche bella posizione dietro.
La cosa più bella di quel post era la descrizione che Francesco faceva della sua storia sportiva in famiglia. Il padre, verosimilmente un appassionato di sport anche da (più) giovane, aveva sempre accompagnato le scelte sportive del figlio senza mai sconfinare nelle aspettative ma incoraggiandolo, principalmente, a divertirsi e a continuare a praticarlo. Immagino, da uomo intelligente quale mi pare essere, non può non aver notato il talento del figlio e nonostante questo c'è riuscito.

Poi c'è un'amico che mi parla del libro di Agassi. Non l'ho ancora letto, ma è molto centrato sulla figura del padre che, in qualche modo, gli ha rovinato l'esistenza (che magari fa un po' sorridere, perché è meglio triste e ricco che triste e povero), comprendolo di aspettative.

Mi è tornato in mente in questi giorni, tipicamente dedicati alla pianificazione scolastica ed extrascolastica della vita dei figli.
Cosa facciamo fare a questi benedetti ragazzi?
Uno potrebbe dire: quello che vogliono, chiedete a loro.
Bella lì! Pare facile.
Un giorno uno vuole fare Hockey, l'altro calcio e la bimba danza.
Il giorno dopo uno atletica, l'altro calcio (Jack in effetti è piuttosto coerente) e la bimba ginnastica artistica.
Il terzo giorno tutti calcio a parte Maria che è ferma sulla ginnastica ma l'ha fatta diventare ritmica.
Il che sarebbe nulla, se ci fosse:
a. Almeno uno dei due che potesse/volesse non lavorare o lavorare part-time in modo da scorrazzarli in giro tutta la settimana.
b. Dei nonni che, oltre al classico "Ma fategli fare calcio, poveri, che ve lo chiedono", fossero disponibili a prendere su la macchina e scarrozzarli in giro
c. Essere così ricchi da avere il maggiordomo.
Che poi l'ultimo che ho sentito avere avuto il maggiordomo di notte si vestiva da pippistrello e direi che anche no.

Un ginepraio, insomma.
E questo, per tornare al discorso di Rigodanza fatto all'inizio, senza voler a tutti i costi ascoltare quelli che, qui e là, ti buttano ideone sul piatto: "Ma tu hai visto come corre Pee? Non ti pare che potresti fargli fare atletica?"
Ma se manco corre alle garette paesane, che non le vuole fare. Devo pure sentirmi in colpa?
"Ma non vedi che bene che batte le gambe Mary? Non la vedresti bene nella preagonistica di nuoto?"
"E Jack? Guarda che non è proprio male a calcio, in più c'ha un gran fisico"
E via discorrendo.

In tutto questo finiremo per fare, come sempre, tutti e quattro nuoto nella stessa ora. Facile da organizzare, sano e quasi a km zero (nel senso che la piscina la gestisce il nonno ed è come essere a casa).

Tutto a posto, tutti d'accordo.
Nel frattempo in una garetta per beneficienza Mary va a podio e arriva prima delle bambine.
Però atletica non la vuole fare.
In tutto questo mi sento molto più affine al padre di Agassi che a quello di Francesco.
Un gran casino.
E tutto questo non era specificato nella brochure
 

1 commento:

  1. il mio punto di vista sullo sport dei bambini è "basta che si divertano"
    detto ciò, l'hai considerata l'arrampicata sportiva? eheheheh

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