mercoledì 25 novembre 2015

Il solito cattivista

Il solito cattivista non è veramente cattivo.
È dentro una parte che gli impone di sembrarlo, per lo meno, in modo assolutamente acritico.
Parliamo di immigrati?
Il cattivista non ha nulla contro gli immigrati ma si impone di dire che bisogna mandarli a casa, che rubano le pensioni a sua nonna, che violentano le nostre figlie, che portano malattie, pestilenze e carestie.
Si parla di zingari?
Sono tutti ladri, cialtroni, fancazzisti.
Parliamo di sicurezza? Di legittima difesa e giustizia personale in caso di furto in casa (fatta salva l'opzione che se i ladri appartengono alle due categorie precedenti non c'è gara)?
Beh, fioccano i "io gli sparo", "cazzi loro se dopo muoino", "giudici di merda che mi condannano" eccetera eccetera.
Naturalmente ometto le parole più volgari perché il cattivista può essere molto volgare e spesso lo è.
Certo, a meno che non faccia parte della sottocategoria "cattivista bon ton" che si dà un'aria di maggiore compostezza: cita statistiche (di solito reperite online senza aver troppo verificato la fonte o comunque solo da stampa cattivista), espone il pensiero di qualche filosofo (che spesso non conosce, ma quella frase l'ha trovata nello stesso sito delle statistiche), ed è comunque abbastanza coerente con le sue idee il che lo rende pericolosamente a rischio di diventare un vero cattivo (perché di solito il cattivista puro non è coerente).
Il cattivista di solito non ha grandi argomentazioni e scade nell'offesa quando non sa che altro replicare.
Nemmeno il Cristo sceso dalla croce gli farebbe mai ammettere di aver preso una cantonata.
Doubt is not available.
È un po' come il buonista, in fondo in fondo, un po' più arrabbiato, però perché il buonista se la prende solo con il cattivista, mentre il cattivista se la prende un po' con tutti, a parte gli altri cattivisti.
Ecco, il cattivista legittima i buonisti, che in effetti ci sono e sono altrettanto ideologici e acritici, ma perde l'occasione di usare la parola secondo il suo significato etichettando come buonista tutto quello che la pensa in modo diverso la lui.
Li legittima perché se denunciasse il vero buonismo dannoso, acritico e ideologico, metterebbe in risalto la bontà, la lungimiranza, l'assennatezza.
Non lo fa con cattiveria: semplicemente non sa cosa vuol dire. La usa solo perché qualcuno che lui considera fico la usa.
Solo che la persona che il cattivista considera fico è in realtà cattivo e quindi al cattivo la bontà, la lungimiranza e l'assennatezza danno fastidio.
E via di tormentoni: "Buonista", "PiDiota", "Pacifista" (oltretutto bisognerebbe riflettere molto sul fatto che per qualcuno la parola pacifista sia diventata un'offesa) manco fossimo al Drive In. "Lei è un bel... volpinooo" (che la usavano anche quelli che non guardavano Drive In, mamma che nervi!)
Tutto sommato essere cattivisti è più facile che essere buonisti, secondo me. Il buonista non pensa tantissimo ma deve cercare, almeno, di essere coerente. E poi frequenta i buoni e i buoni sono tremendi: non ti perdonano l'incoerenza. Sono tosti, i buoni.
Mentre il cattivista oltre a non pensare non è che deve spendersi troppo per capirne qualche cosa di più e può anche dire qualcosa di completamente diverso se gli gira, se la situazione gli sembra a lui o anche solo perché si è scordato.
Il cattivista ragiona in modo facile facile. Pensa in sistema binario: 0 - 1. Qualche volta semplifica ulteriormente e pensa 0
A me mi sa che per comodità la prossima volta nasco cattivista.




5 commenti:

  1. "Bruciamoli tutti" sentita oggi, in ufficio. Sandra

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  2. Bella questa definizione, in effetti riassume perfettamente questa categoria di gente che ultimamente infesta in modo particolare il mondo dei social, terreno incredibilmente fertile per alimentare le loro teorie

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  3. Il lato oscuro è più forte?
    No, non più forte, più facile...

    (Guerre Stellari, episodio 5, forse 6...
    Accidenti, devo proprio riguardarli, se sono arrivata a non ricordare più la vecchia trilogia...)

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