martedì 21 luglio 2015

Voglio trovare un senso, un senso a questa vita

L'altro giorno ci ha lasciati Federico.
Lo scorso anno mi divertivo a raccontare una delle esperienze che abbiamo vissuto insieme, immaginandola dal suo punto di vista.

La notizia mi è arrivata attraverso Facebook, nel modo vigliacco che ha il social network di farti conoscere le cose: "Un parlamentare italiano costa come dieci parlamentari russi", "Condividi se anche tu ti senti amato", "Discutiamo ancora di gender", "La gente deve sapere", "Ciao Federico, salutaci le stelle".
Oh? Come ciao Federico?
Un paio di messaggi ed una telefonata. Ciao Federico, salutaci le stelle.
È andato a vivere con il suo papà Adriano, che era andato a dare aria alle stanze, lassù, tre mesi esatti fa.
Una vita di sofferenza quella di Federico e dei suoi due fratelli, anch'essi disabili, e dei suoi genitori. Lui era in carrozzina, con un grave ritardo mentale, la psoriasi che ne deturpava i lineamenti e la sostanziale impossibilità di articolare suoni comprensibili a chi non lo conoscesse bene.

Una volta, che eravamo in piscina, chiassosi ed invadenti come solo noi sapevamo essere, sentii una signora dire: "Che senso ha un'esistenza così?"
Chissà quante volte se lo sarà chiesto lui, e chissà quante volte se lo sarà chiesto sua madre.
Io riesco a darmi una risposta oggi: Federico mi ha chiesto di accompagnarlo al mare in una estate del 1998. Lì ho conosciuto mia moglie, con la quale ho avuto tre figli. Lì ho conosciuto i miei futuri datori di lavoro che in qualche modo hanno consentito di tracciare la strada che mi ha portato a fare quello che faccio ora.
"Grazie al cazzo!" direbbe sua madre, ed avrebbe pure ragione, "A noi la crosta e a voi la crema!"
È vero, rischia di essere solo un piccolo, inutile e goffamente riparatorio esercizio di retorica. E può darsi che pensare alla mia vita attuale come un frutto della sua sofferenza serva solo a me, per lenire il senso di colpa e di ingiustizia per essere così immeritatamente fortunato.
Se mamma Anna passasse di qua, vorrei solo che sapesse che questo è il mio Grazie.
E, tu, amico mio, mi raccomando: quando gli angeli si saranno rotti il cazzo di cantarti "Jingle Bells" (perché se lo romperanno, risolvendo per sempre il dilemma sul loro sesso), guarda in giù, te la canto io, come ai vecchi tempi.


8 commenti:

  1. mi spiace molto. So cosa vuol dire. Io ho fatto la volontaria per 10 anni.
    A un certo punto non ci sono più riuscita emotivamente, a vedere la mia vita che andava avanti e la loro sempre uguale a sè stessa.

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    1. Si, in realtà poi la loro non è sempre uguale. È un po' più lenta. Ed ogni tanto, purtroppo, accelera.

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  2. Tocchi alcune corde come nessuno a far....
    Anna

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  3. Questo post mi ha ricordato quello che scrissi per il mio amico Emiliano.
    Hold fast, Gae.

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    1. Grazie caro Ford, so che i nostri spiriti, su questo, sono sempre in sintonia.

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  4. Ti sembrerà strano, ma in questi giorni sono al mare e anch'io ho pensato più o meno le stesse cose. In mare vedo disabili portati in braccio dai padri fare il bagno e vicino ragazzi che giocano a pallone divertendosi. Non so che senso abbia questa vita, ma di sicuro un senso ce l'ha. Io posso solo ringraziare e sentirmi immensamente fortunato per tutto quello che ho. E cercare di sforzarmi di pensare al fatto che ogni vita, in qualsiasi sua forma, è un mistero e un dono, e come tale va presa. Un abbraccio a te e buon viaggio a Federico.

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