Dora l'hanno seppellita la vigilia di Natale.
Aveva
ottanta anni e una di quelle storie che fior di romanzieri farebbero
a gara per accaparrarsela. Una di quelle vite che, a trovarsela
scritta in un libro potrebbe darvi l'idea di essere stata inventata o
di aver sbagliato l'epoca di ambientazione, spostandola almeno di un
centinaio di anni in avanti.
Era
cimbra Dora, con uno di quei cognomi tedeschi che il tempo ha reso
italiano in modo un po' zoppo. Era bionda e con gli occhi di un
azzurro impossibile da sostenere. Di Posina, un paesetto di montagna dimenticato
da Dio e ricordato dagli uomini solo di domenica, quando vi salgono
per mangiare gli gnocchi in una nota trattoria.
Ma
ottanta anni fa non c'erano gnocchi e trattorie, c'erano solo la
miseria che portava a valle gli uomini più forti, in cerca di
fortuna. E se la valle non bastava si imbarcavano a Venezia e
andavano lontano.
Fu
così che a vent'anni Dora partì per l'Australia per sposare il
fidanzato, partito tanto tempo prima, quando lei era ancora una
ragazzina.
Un
matrimonio semplice, in una di quelle chiese di legno costruite in
mezzo ad un campo, condiviso con altre quattro o cinque coppie per
ridurre il costo della cerimonia e del ricevimento.
Intanto
lui fa il bracciante, lei la lavapiatti in un ristorante italiano.
L'anno
dopo nasce Lucy May, l'unica figlia.
Forse
non c'è arrivata subito a capire che la figlia fa più fatica degli altri ad imparare. Forse non l'ha capito mai.
Passano
vent'anni, l'inglese è troppo ostico, non entra. E comunque quella
brulla prateria non può diventare una casa per loro, cresciuti in
mezzo alle montagne; tornano in Italia, due soldi e giovinezza ormai
finita.
La
figlia si innamora e si sposa. Lui è il matto del paese: bello,
folle e ritardato. Dura niente, il tempo di mettere al mondo un
figlio, ancora più sfortunato, pazzo e ritardato di loro.
Lucy May torna a casa, con questa nuova anima da accudire senza la capacità
di farlo.
Ci
pensa Dora, a modo suo.
La
sua casa diventa il castello dove protegge i frutti del suo sangue
dal mondo che non li vuole. Lo fa in modo duro, cattivo, arrabbiata
con Dio e con la sorte, lasciando fuori anche chi vorrebbe aiutarla.
Tutto
intorno nascono case, banche, computer. Loro in casa hanno una radio
a transistor ed una vecchia stufa a legna dove si cuoce il brodo la
domenica e poi lo si allunga fino al sabato successivo. Alla sera a
letto alle otto al mattino sveglia alle cinque, anche se non ci sono
più le bestie da governare.
Varcare
quella soglia è un viaggio nel tempo.
I
teppistelli del paese salgono la stradina che porta a casa sua per
vederla uscire di tanto in tanto, per lanciare i sassi alla stria*
Quando
me lo raccontava non piangeva, Dora, solo le se accorciava il fiato.
Come
quella notte in ospedale, in attesa di sapere la sorte del nipote in
coma: niente lacrime, solo sospiri.
Sospiri
e la storia della sua vita che oggi io cercato indegnamente di
raccontare perché di tanta sofferenza deve rimanere qualche traccia.
È
morta nel sonno, Dora, ed è stata seppellita la Vigilia di Natale.
*strega
Oh Dora che pena infinita, la vita quando è così ingiusta sa picchiare davvero duro e sempre le stesse persone. Scusa l'autoreferenzialità ma Dora mi ha ricordato un personaggio inventato che gira nella mia testa da tempo, le avevo creato un romanzo che non è andato bene, mentre una parte del romanzo stesso è stata estrapolata per un racconto che si piazzo bene a un concorso locale. Alla fine certa che Corinna meritasse un respiro più ampio vista la vita grama che già aveva sono riuscita a "riciclarla" per Cene tempestose, e ne sono uscite credo pagine molto sentite. Un pensiero a Dora e un abbraccio a te. Sandra
RispondiEliminaFinalmente in pace.
RispondiEliminaComplimenti per il racconto che Dora meritava di avere, non fosse altro, come hai detto tu, perché di tanta sofferenza deve rimanere traccia...
Leggendo il titolo e vista l'età dei figli... ho pensato si trattasse di Dora the explorer ;)
RispondiEliminaTanti auguri di buon anno a tutta la ciurma!
Che abbia finalmente la pace che si merita. Grazie per avercela raccontata
RispondiEliminaLa storia è dura, come ha dovuto diventare Dora per affrontare gli schiaffi della vita. Mi addolora che abbia dovuto/voluto gestire da sola così tanta rabbia e le auguro di essere ora in un luogo pieno di infinita serenità e pace.
RispondiEliminaUna buona occasione per augurarti un anno sereno e pieno di buone condivisioni, come questa.
Che dire...
RispondiEliminami viene in mente la canzone
RispondiEliminapersone silenziose.....
All'improvviso scappi via
senza salutare
... vorrei essere un angelo
per poterti accompagnare
mi sembra che tu l'abbia accompagnata con un ricordo dolce e affettuoso.
Grazie per le tante Dore che nn hanno voce
Sara
Bellissimo.
RispondiEliminaGrazie.
Lucy May era un cartone che vedevo da bambino. Bel racconto. Buon anno vecio!
RispondiEliminaVisto come hai raccontato la vita di Dora qualcosa ha donato anche a te oltre che alla figlia e famiglia sfortunata. Mantieni vivo il suo ricordo che può sempre aiutare
RispondiEliminaDora è ancora qui, nelle storie che raccontiamo noi. L'importante è non dimenticare. Grazie.
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