martedì 28 ottobre 2014

Venice Marathon e metodo El_Gaelloway

Conoscete Jeff Galloway?
Ah no?
Beh, Jeff Galloway era un buon corridore, niente di stratosferico, ma decisamente valido. Una volta si è trovato a giocarsela ai Trials olimpici americani grazie ad un amico che lo ha guidato durante la gara.
In soldoni.
Fatto sta che il buon Jeff poi ha deciso che doveva aiutare tutti a fare la maratona ed ha scritto una vagonata di libri che spiegano quello che viene da tutti chiamato il Metodo Galloway.
Fine della premessa.
Non sto qui a spiegarvelo, rischio di fare anche errori.
Ma Domenica scorsa io ho corso la Venice Marathon e per prepararla mi ero orientato con il metodo Galloway. Anche se non ortodosso.
Ad esempio il giorno prima della gara Galloway dice:
"State rilassati, meglio seduti o sdraiati sul divano" 
Sabato 26 ottobre, cambio degli armadi
"Visualizzate il percorso, mentalizzate la vostra gara" 
Lavaggio bagno
 "Fate spuntini frequenti, senza appesantirvi, evitate i grassi" 
Festa compleanno amici dei bimbi (molto rilassante già di suo)
 "Bevete molto"
 Questo per il giorno precedente alla gara.

Il giorno della gara invece scopre un po' l'acqua calda: alzatevi in anticipo, non prendetevi all'ultimo. Ad aggiungere ansia ci pensa il cambio dell'ora, porca vacca. Sono andato a letto con quattro orologi sul comodino.

C'eravamo lasciati così, a Padova, il 26 aprile: il Lungo il Corto ed il Pacioccone.
Certo, sto perdendo credibilità come Pacioccone ma mi difendo.

Bando alle ciancie! Alla partenza di Stra, La Folgorante si presenta così:
Tutti in ultima griglia, mica abbiamo fatto i trials per ammettere la gente in squadra, noi.
10, 9, 8, eccetera... si parte.
Passano quasi cinque minuti prima che i nostri piedi passino sotto l'arco di partenza. Si va.
Il Corto ha la sua strategia "Ciao tosi, a dopo". In ogni caso, dopo essere stato intervistato anche da "La Nuova Venezia" per via della mise da Bluesman del Mississipi, la sua vittoria è già in saccoccia. Qualche centinaio di metri dopo, anche i nostri nuovi compagni di viaggio Alessio ed Anna si tengono indietro.
Damy invece è chissà dove là davanti, partito forte.
Dopo un paio di km però non vedo più neppure Franz "Il Lungo", si è staccato ed è qualche metro indietro.
"Ho un dolore al ginocchio".
Cazzo! Un dolore al ginocchio dopo 2 km può essere un bel problema. "Tu vai".
"Lacio Drom, vecchio mio"
E parto.
Dice Galloway: "partite piano, avrete tempo di aumentare nella seconda metà della gara. Alternate un minuto di camminata ogni 7-8 minuti di corsa". 
Ok, ogni 10-12 minuti mi ricordo di rallentare e camminare forse 40 secondi. L'idea di riprendere Damiano è molto più forte.
Raggiungo i pacers delle 5 ore... ciao
Damiano è lì davanti, con la sua classica andatura diesel.
Non lo dico perché è amico mio: Damy se si fosse allenato fin da ragazzo sarebbe stato un campione. L'ho visto con i miei occhi salire sull'altipiano di Asiago con una bici da uomo anni 70, di quelle con la manovella del cambio sul telaio ed il manubrio con le manopole color madreperla, senza neppure alzarsi sui pedali.
Lo prendo e lo stacco. Al successivo intervallo di passo mi raggiunge. Lo risupero e poi basta, non ci becchiamo più
Mi sento il vecchio Jeff nella testa "Parti piano, parti piano".Ostrega! Se stacco Damiano non sto andando piano proprio per niente.
Ceste! Finchè ce n'è io mi lascio guidare dalle gambe.
La giornata è splendida, limpidissima e fresca senza il minimo di umidità. Si costeggia il naviglio del Brenta e tutte le ville che sono bellissime ma è impossibile non pensare a tutti i racconti sulla "Mala" di Maniero e le tangenti ai dirigenti politici.
Continuo a superare gente. Mi lascio indietro i pacers delle 4,15.
Arriviamo a Marghera. Penso ai Los Massadores, gruppo del momento qui in Veneto, che dicono "Xè boni tuti a far foto a Venexia". Marghera è proprio uno schifo, ci fanno girare in mezzo ai container. È così brutta che Mestre pare quasi carina, quando ci si arriva. Ed in effetti poi la piazza non è male, con il pieno di gente ed i bimbi che ti danno il cinque e sorridono come se gli avessi regalato un pupazzo di Ironman.
Raggiungo e supero anche i pacers delle 4 ore. Sono due personaggi che continuano a gridare incitazioni che manco il sergente istruttore di "Ufficiale e Gentiluomo".
Vedrò dopo che i dieci km tra i 20 ed i 30 li ho corsi sotto il mio record personale sui 10. Diobòn, nemmeno col doping. 
Al parco San Giuliano sento che le gambe un po' si induriscono. È il "muro" dei 30 km, quando inizia la vera maratona. Come se non bastasse inizia il Ponte della Libertà, lunghissimo, interminabile e infame. È come il filmino porno di Belèn ti mostra il traguardo, ma hai voglia se è lontano.
Mi lascio riprendere dai pacers delle 4 ore e mi ci attacco con i denti. A costo di morirci dietro a questi io da qui non mi schiodo.
Iniziano i ponti di Venezia. Il marciapiedi è bagnato: mi si slaccia la scarpa. Cazzo cazzo cazzo! Mi chino per legarla e vedo le stelle, mi rialzo e le stelle iniziano a girare. Riparto e cerco di riprendere sti benedetti palloncini con scritto "4 h".
"Potevo stringere anche la scarpa destra, già che c'ero". Nemmeno il tempo di pensarlo e proprio uscendo da Piazza S.Marco sento il laccio che mi fustiga la gamba.
"Ahhhhhhhhhhh!!!" Addio obiettivo 4 ore.
Stesso esercizio di prima, solo più demoralizzato. Riparto piano. Tanto. Ormai.
Invece su uno degli ultimi ponti trovo Zambo con la bandiera della Banca degli Occhi, me la passa: "Dai Gae, che vai alla grande".
Sento lo speaker in lontananza: "4 ore e due minuti".
Posso ancora stare sotto alle 4 con il tempo effettivo (ricordate i cinque minuti prima di passare sotto la partenza a Stra?).
Riparto a perla... sventolo la bandiera, sulla tribuna si alza l'ovazione degli amici folgoranti e degli altri del progetto "Corri per la Vista".

4 ore, 3 minuti, per la questura. Ma il mio tempo reale è 3 h 59' 21"

E lì, mentre una ragazza mi mette la medaglia al collo accarezzo la N gialla sul mio cuore.
Non l'avevo preparata e non so perché mi è venuto di farlo. A stento trattengo le lacrime, "dev'essere il calo di tensione", mento a me stesso.
E basta, basta, basta, cos'altro posso dire del dopo?
Trovare Silver ed i bimbi che mi aspettano, esaltati, abbracciare Arianna e gli altri amici; non so trovare parole per esprimere cosa si prova.
Aspettiamo gli altri e facciamo un'ultima foto, tutti assieme.

Un tempo i temi in classe del lunedì si chiudevano tutti con "Siamo tornati a casa stanchi ma felici".
Forse siamo più stanchi ed un po' meno felici ed oggi è pure martedì. Ma quel poco che ci è concesso è comunque tanto, è comunque prezioso.
"Conosci un altro modo per ingannar la morte?" Chiedeva anni fa Luciano Ligabue.
Si, Liga, io corro!



p.s. Ah, va da sé che sia 4,3 che 3,59 sono dei tempi ridicoli per un corridore serio. Ma vi ricordo che l'altra volta ero arrivato in 5,13. 
p.p.s. Io un po' lo sfottuto Jeff Galloway ma se volete iniziare a preparare una maratona devo dirvi che è uno dei più sensati e ragionevoli che mi sia capitato di trovare. Poi, come tutti i metodi, le personalizzazioni sono d'obbligo. Buona corsa.

venerdì 24 ottobre 2014

È tempo di ringraziare


C'è un tempo per ogni cosa, diceva Qoelet in una degli scritti che preferisco.

Così tra domani e domenica sarà il tempo di chiudere Occhio al Nikio, il progetto che in questi mesi ci ha prima unito, dando il La definitivo al progetto Folgorante, e poi ci ha accompagnato in musica, corsa ed amicizia fino a questa benedetta Venice Marathon.

Non sono bravo nei discorsi di circonstanza, finisco per sembrare sempre inevitabilmente, finto e palsticoso come quei brutti complementi d'arredo che regalavano negli anni 80 con i punti del supermercato.

Di certo da soli avremmo fatto gran poco.

Senza le persone di Monticello, senza tutti quelli che hanno contribuito ad organizzare la serata musicale, non saremo mai arrivati a superare il nostro obiettivo.
Grazie a tutti.

Ma vorrei prendermi il tempo per ringraziare anche tutti voi che siete passati di qui, che avete cliccato sul link che insistentemente postavo alla fine di ogni pezzo e che, senza tanto clamore, siete andati a lasciare quello che potevate in quella paginetta.
Ringrazio in particolare Beatrix Kiddo che ha messo il banner sul suo blog fin dal primo giorno.
Come sempre mi sarò dimenticato di qualcuno, non me ne vogliate; è demenza, non cattiveria.

Ora è solo tempo di correre. 
A mezzogiorno chiudo tutto e vado a ritirare i pettorali. (ok, la battuta “Chiedi se hanno anche addominali” la faccio io così vi togliete il pensiero).
Saremo in 9 domenica tra Stra e Venezia. 5 maratoneti e 4 che correranno la VM10KM. Tutti con la maglia grigio-turchese e la tartaruga con la N gialla sul cuore. E all'arrivo chissà quanti altri con la stessa divisa, a tifare e a fare festa (ci saranno Silver ed i bimbi, non posso immaginare un regalo più grande)
Senza contare chi vorrebbe esserci e non potrà ma in qualche modo ci spingerà all'arrivo, allo stesso modo.
Dico sempre che La Folgorante non è il club esclusivo degli amici del Nikio. La Folgorante è la squadra corse più scalcinata della storia, senza top runners, senza allenatore, senza tesseramento in federazione. Ma guarda avanti, come in una corsa. Siamo partiti in 3 ed adesso siamo in 25 e sono sicuro che già domenica ci sarà qualcuno di nuovo che si aggregherà.
Perché lo spirito che ci muove non è nelle parole, non è nei risultati. È qualcosa di più alto, qualcosa di più profondo.
È una N gialla sul cuore che domenica porteremo da Stra a Venezia.

mercoledì 22 ottobre 2014

Culigarchia - un racconto di fantasia


Diario del Capitano, data stellare 21/10/2070
55° anno di culigarchia.
Per quanto sia duro da ammettere, la nostra resistenza è allo stremo delle forze.
Questo ultimo anno di lotte, il 2070, è stato senza dubbio il più duro da che la culigarchia si è insediata, in quel cupo 2015, dopo l'editto ferale con cui Scalfarotto ed i suoi si sono impadroniti della nostra libertà.
Qui, dalla prigione in cui scrivo, il mondo mi sembra più buio di come lo era allora, quando le prime Sentinelle venivano schernite sul web da tutti i blogger improvvisati da quattro soldi, da tutti i circoli pro-gender.
Rileggendo i diari di quei giorni si trovano spesso le obiezioni che eravamo soliti subire: “Di cosa avete paura?”
Di questo avevamo paura, di quello che siamo diventati.
Temevamo il subire per forza l'educazione pro-gender, basta rosa per le femmine e blu per i maschietti. Tutto per tutti, a seconda dei gusti dei genitori.
Temevamo il divieto di sposarsi per coppie eterosessuali, inizialmente promossa come misura per ridurre i costi delle separazioni ma poi elevata a vera e propria discriminazione. Lo abbiamo capito tardi, quando tutti i programmi tv e i corsi nelle scuole (sia per genitori che per bambini) hanno iniziato, prima subliminalmente, poi in modo assolutamente aperto a parlare delle coppie omosessuali come le uniche in grado di garantire la corretta educazione dei bambini.
Eppure ci inquietavano le RR, le Ronde Rosa, orribili squadre tutte lustrini e pailettes che girano agitando i loro assurdi manganelli ricoperti di pelo di coniglio, pronti a mazziare chiunque violi il coprifuoco.
E avevamo storto il naso quando il governo, nel 2023 aveva dismesso il vecchio Inno di Mameli (una marcetta naif che nessuno capiva più ma che ricordava a tutti il Mondiale vinto nel 2022), a favore di Y.M.C.A., che però non era stato imposto ma vigliaccamente fatto passare per un'operazione di grande democraticità, avendo superato in regolare referendum, una canzone di Lady Ga Ga.
Anche mio nonno El_Gae, allora, si era indignato, ma testardo com'era non aveva fatto nulla per denunciare gli eventi. Solo quando mia zia, incinta di tre mesi, ha deciso di lasciare mio zio Jack, divorata dall'ansia di crescere un figlio insano mentalmente, perché traviato da un'educazione troppo eterosessuale, lo abbiamo capito anche noi, in casa. Solo quando ci ha toccato da vicino; troppo tardi, come sempre.
Mio nonno, che da tempo sul blog irrideva le Sentinelle ha iniziato a denunciare questi assurdi fatti e, bollato come traditore, è stato catturato dalle RR una mattina all'alba mentre correva sulla collina.
Gli fu concessa la liberta vigilata in virtù degli antichi meriti pro-gender ma ogni sera, finito il lavoro, doveva recarsi in caserma e girare una scena, a sorpresa, presa a scelta da “Mine Vaganti”, “Piume di struzzo” o “In & Out”.
Ma noi abbiamo continuato a lottare, di nascosto, dentro a simboliche catacombe del web, spinti da mia madre Maria, da sempre ribelle nei confronti del padre che la costringeva a guardare The Avengers, perculava le Disney Princess e la faceva a giocare a calcio sul prato di casa. Non glielo ha mai perdonato, al nonno. Nemmeno quando si è pentito.
Ha continuato a lottare per dichiarare il proprio diritto ad esprimere la propria natura, ciò che sentiva di essere. Non aveva nulla contro le famiglie omogenitoriali, mia mamma, ma non capiva perché dovessero odiare tanto la sua voglia di procreare senza assistenza medica e crescere un figlio con il suo compagno.
Quando mio nonno stava morendo glielo ha chiesto: “Perché, papà, hai lottato tanto per la libertà di queste persone che ora ce la negano?”
Perché ascoltare è sembre un gesto di buona creanza e le Sentinelle non ascoltavano. Non deve spaventarci il cambiamento: ricordati sempre che tutto ciò che ora ci sembra consolidato, un tempo è stato osteggiato. Pensa al cristianesimo, al voto delle donne, all'apartheid.
Con che diritto potevamo dire che questa novità era più brutta delle altre?
Se la culigarchia ha sbagliato non è colpa del diritto per cui abbiamo lottato: i diritti sono superiori alle persone che li esercitano”.
Da quell'ultimo abbraccio tra padre e figlia sono nate le Vedette Sedute.
Noi lottiamo per la libertà di parola. Ma non lo facciamo in piazza, semplicemente diciamo la nostra quando ci pare che sia il caso.
Non ha portato a nulla e siamo stanchi. Qui ormai se non si fa gran clamore non ti considera più nessuno.
Pazienza, amici, la lotta continua...

venerdì 17 ottobre 2014

Un padre "Al Limite"

Conoscete David Howell Evans?
Ah no?
Eppure è strano: se capitate in un blog di uno che parla di paternità e musica non potete non conoscere David Howell Evans, musicista e padre.
Vabbè, l'operazione "antipatia e spocchia" la chiudiamo qui.
David Howell Evans altri non è che "The Edge" chitarrista degli U2, gruppo che non ha bisogna di altre presentazioni.
Sto ascoltando l'ultimo lavoro della band irlandese. La messa a disposizione gratuita su iTunes del mese scorso, anche se è stata criticata, io non l'ho boicottata per niente. E sono qui che me la giro a perla in macchina "O-OOOOOH! O! O-OOOOOOOOOH!" che chi mi vede al semaforo distoglie lo sguardo imbarazzato.

Non è che volessi parlare proprio dell'ultimo degli U2, però. Che si ascolta volentieri, in ogni caso.
Mi incuriosiva, come  mi ha sempre affascinato, lo stile  di The Edge, che apprezzo da quando la mia amica Debora mi ha palgiato fino all'acquisto, verso la fine degli anni 80, di Unforgetable Fire e War. Mi pare di ricordare che le sue motivazioni fossero che con gli U2 si cuccava di sicuro.
Scherzo Deb, in ogni caso non funziona, mi pare che ce ne siamo accorti tutti. Non funziona con me, perlomeno.
Ma torniamo sul "Bordo"; tempo fa lessi da qualche parte che D.H. (si trovano decine di interpretazioni del suo soprannome, ma secondo me è molto più banalmente un'assonanza delle sue iniziali) ha cinque o sei figli.
Non so se sia un buon padre per loro, magari non lo è, ma in questo momento non mi interessa.
Il punto è che bisognerebbe essere padri come The Edge è riuscito a diventare uno dei più famosi chitarristi del mondo: cercando il proprio stile, unico ed inconfondibile. Coerente, anche, nel suo incredibile eccletismo.
Se penso alla fine degli anni 70 dove il mondo musicale si divideva in due: il punk da una parte ed il rock più melodico dall'altra. Questo ragazzo di nemmeno 20 anni ha deciso di non copiare né Mark Knopfler né Mick Jones, e neppure di rifugiarsi in un passato allora recente con i Pink Floyd, i Rolling Stones, i Beatles. L'unica cosa che ha tenuto di tutti questi illustri colleghi è stata la voglia di innovare e di cercare uno stile che fosse una firma, un'impronta digitale.
Di quelle situazioni che succedono solo con i grandi: senti due note e taaac! Questo è The Edge. 
Sempre in movimento, però, sempre nuovo eppure coerente con la propria storia.
Ha preso le sue chitarre come fossero dei figli (ha tante chitarre oltre che tanti figli) e le ha fatte crescere assieme a lui: nuovi effetti, corde differenti, prove ed errori, errori e soluzioni.
Esperienza, sempre!

Allo stesso modo bisognerebbe essere padri: senza credere troppo ai metodi trovati in libreria, senza ascoltare troppo ai blogger sgureggioni, senza copiare il vicino di casa esperto di bricolage, non cedendo alle colleghe che ti vedono come un "mammo", ma volendo credere al proprio stile, cercando con costanza le due note che un giorno, in un ipotetico cd di memorie faranno dire ai nostri figli: "'azzarola! Era papà". 

"If you go your way and I go mine
Are we so helpless against the tide?" (U2 - Every Breaking Wave)


martedì 14 ottobre 2014

Michael Pholp

Ho ricominciato a nuotare.
Si, 45 minuti a settimana forse non è proprio il caso di chiamarli "nuotare" ma questo è quanto.
Dallo scorso anno porto tutta la ciurmaglia in piscina al giovedì. Uno dei momenti più belli della settimana ma anche uno dei più faticosi.
Tra parentesi: ma 'sto mito dei genitori che fanno fare troppe attività extra ai bimbi? È vero?
Se è vero, come fate? Dove le trovate le energie?
Lasciando stare tempo e soldi che sono un altro discorso. La risposta forse sta nel gruppetto di tate straniere che portano uno s'ciapo di rampolli di qualche nobile casata in piscina alla stessa ora. Non vale, però: non c'è gara se c'avete la tata che ve li scarrozza.
Ma torniamo a noi: una volta a settimana che di più non si può. Vorrebbe dire andare a lavorare a chissà che ora per finire a chissà che altra. No no no.

La piscina dove andiamo ha una caratteristica, oltre che essere gestita da mio papà: è calda. È calda l'acqua ed è caldissimo l'ambiente.
Così lo scorso anno mi preparavo in assetto da competizione già al mattino: t-shirt fiqua invece della maglia della salute, che se devi rimanere in maniche corte almeno che tu non abbia la canotta de nonno. Pantalone non eccessivamente attillato (che pesando quasi 100 kg non era mica facile da trovare). Calzini senza buco.
E comunque sudavo mentre li cambiavo tutti e tre in rapida successione. Anche puntando all'autonomia sudavo. Pure di più, ad onor del vero.
Poi avevo l'illusione di questi 45 minuti di pace.
Pia illusione, si direbbe. Una volta la signora che pulisce lo spogliatoio non trova la scala e nemmeno mio padre e chiede a me (che notoriamente so dove mio padre mette la scala), una volta mio padre deve farmi fare un lavoro, una volta mi chiamano al telefono per una cosa che non può aspettare domani, una volta ci sono i nipotini da guardare, un'altra volta trovi la compagna del liceo che ti attacca il bottone, poi ce la mamma dell'altra bimba che vuole sapere cosa ne pensi dell'istruttrice... insomma: addio 45 minuti di tranquillità.
Così ho pensato: invece di bollirmi di umidità e di facebook mi tuffo in acqua e provo a vedere se questa benedetta spalla destra trae un minimo di beneficio facendo un po' di esercizio.
Funziona.
No, non per la spalla, che fa sempre male, ma per i 45 minuti di tranquillità.
In corsia ci sono due dodicenni sprintosi che probabilmente mi vedono come io vedevo il 40enne barbuto in corso con me quando avevo 12 anni: un rompicoglioni fuori posto.
Poi c'è una mamma con un fisico da pin-up che se l'avessi avuta in corso a 12 anni avrei nuotato tutto il tempo con la deriva bella fissa che manco Luna Rossa.

Insomma, questa cosa mi piace. I bimbi sono contenti, ogni tanto dalla loro corsia mi salutano, ma la maggior parte delle volte neppure mi calcolano. Ci si lava e ci si veste assieme ed alla sera si dorme il sonno dei giusti.
Adesso cerco il modo di mettere una segreteria telefonica personalizzata per il giovedì: chiamate domani, sono occupato ad essere felice.

venerdì 10 ottobre 2014

Prendiamoci un 4


Io di 4 ne ho presi una valanga, al liceo. Voi no?
Per un periodo della mia vita addirittura arrivare a 4 pareva già un risultato.
Ricordo ancora, con lo stesso magone di allora, la consegna del primo compito di latino corretto in terza superiore.
La premessa della vecchia insegnante fu: “È andata piuttosto male, ho tolto un voto ad ogni errore ma ad un certo punto ho dovuto fermarmi per darvi una chance di recuperare durante l'anno. Se non fosse il primo compito che faccio con voi e non vi scontassi almeno le colpe del professore che mi ha preceduto, sarei andata sotto zero senza pietà. Parto dal voto più basso: El_Gae”.
Ecco!
Avevo preso uno. #1#
Da lì è stata una lentissima risalita durata ben 29 compiti scritti, passando per una bocciatura l'anno successivo e un cambio di insegnante per arrivare ad un inaspettato quanto meritato 7,5 al trentesimo compito. L'ultimo della quarta liceo.
Capirete che con un curriculum così, quando l'insegnate, stavolta più giovane e comprensiva, mi disse che una sola sufficienza non poteva bastare per rimettermi completamente in pari e avrebbe voluto ritestare il mio progresso, ma non con l'orale, disciplina in cui me la cavavo abbastanza bene, ma con lo scritto, mi prese il panico e per la prima volta sconfinai nell'illegale copiando il successivo compito, pensato ad hoc per pochi fortunati, praticamente da capo a piedi.
Va ben, ma non volevo fare coming out sui miei trascorsi scolastici.

Parlavo di progressioni lente, di traguardi.

Mancano 15 giorni esatti alla Maratona di Venezia.
Domenica scorsa, con un paio di compagni di merende ci siamo sparati i 35 km di quello che in gergo si definisce “il Lungo”; che non è uno dei bravi cowboy ma l'allenamento sulla distanza. È intuitivo, in effetti. 
Panorami "Lunghissimi" al sorgere del sole
 
Le gambe girano benissimo sul serio, i quasi 14 kg persi si fanno sentire.
Così mi è venuta un'idea bizzarra: forse riesco a stare sotto le 4 ore.
No, mi dico un attimo dopo, non ce la posso fare. Tieniti le 4,30 come obiettivo ed accontentati.
Ma poi mi faccio tutti i miei conti: ci siamo fermati un paio di volte che si poteva fare a meno, ai ristori ottimizzo mangiando velocemente o camminando più forte... insomma...
Potrebbe non essere impossibile.
Chiaro è che, essendo andata la precedente esperienza abbondantemente sopra le 5 ore, qualsiasi timing che inizi per 4 andrebbe comunque bene.
Ci pagano uguale, direbbe mio suocero, anche se arriviamo a 4,15.
Però, vuoi mettere?
Va ben, la cosa migliore è provare a vedere come girano le gambe quella mattina e come starò durante la giornata. Andando in progressione, appunto, come con i compiti di latino. Certo, senza lo stress dei compiti di latino, possibilmente.

Poi, visto che c'è in giro un sacco di brava gente, ma sul serio, ho fatto anche un ultimo pensierino su Occhio al Nikio. Senza i clamori dei primi tempi o del botto fatto al concerto, il nostro piccolo conto ha continuato a salire piano piano, arrivando oramai in prossimità del 2000 € tondi tondi.
Mi chiedo: ma in 15 giorni ce la faremo ad arrivarci?
Dai! Che qui, a differenza delle 4 ore, il risultato ha davvero un valore.

mercoledì 8 ottobre 2014

Sognavo d'esser con la mia bella ed invece ero di sentinella

Mannaggia a me e alla mia poca attenzione, al mio poco fiuto per le notizie che contano ed i fenomeni sociali.
Cazzocazzo!
Qualche mese fa stavo guardando la tv, con il mio solito fare sonnacchioso e Silver mi fa vedere una mail abbastanza sconcertante su di un prete che se la prende con Scalfarotto, Lunacek e le amministrazioni comunali di sinistra in genere.
Lo scritto chiudeva, così, senza mai averle nominate prima con: "Continuiamo a lottare, uniti, con le Sentinelle in Piedi".
Ad aggravare lo sgomento l'aver ricevuto la mail da una persona che si stimava, ma vabbè, questo ora non c'entra.
Anzi un po' c'entra, ma lo vediamo dopo.
Insomma, io sono pigro ed ho poco "intividere" come direbbe mia madre, cioè ci vedo poco dentro alle cose, ma sono anche un gran curiosone.
Allora il giorno dopo mi pianto su internet e mi vado a cercare chi siano queste Sentinelle in Piedi.
E l'ho capito, chi sono.
Lì per lì sembra un gruppo pacifico, che teme di non poter dire più la sua opinione sulla famiglia tradizionale, alla quale tiene particolarmente, una volta che sarà passata la legge contro l'omofobia.
Vabbè! Avevano fatto un paio di flash mob in piazza, non particolarmente popolati ed io avevo archiviato la pratica mettendo un like sulla pagina facebook per tenerli d'occhio.
Tra parentesi: ho scoperto che c'è un modo per seguire qualcuno su facebook anche senza mettere il like che, in effetti, non è che sia proprio il massimo se le idee che vuoi seguire non le condividi. Ora non mi ricordo come si fa, ma so che si può. Chiusa parentesi.

Senonché ora è pieno di gente che parla delle Sentinelle in Piedi. Tutti sanno chi sono, ed io ho perso l'occasione di fare questo pezzo sei mesi fa, quando nessuno lo sapeva e poteva dire: "Guarda io le conosco, me ne ha parlato El_Gae".

In ogni caso, anche fuori tempo massimo, ve lo dico: le Sentinelle mi fanno paura? Mi fa paura perché è non violento, per cui non allontana chi non è violento. Mi fa paura perché non parla contro ma a favore di diritti. Certo, i proprio, come fanno tutti, dicono che vogliono difendere il loro diritto di parola, la possibilità di esprimere la propria idea. Ora trovatemi uno che vi dica che è contro il diritto di parola.
Mi fanno paura perché leggono libri. E cosa c'è di più rassicurante, colto, pacato e bello di un libro da leggere.
Insomma, sono carini da vedere con quel libretto in mano nei soleggiati pomeriggi estivi a ravvivare il grigiume delle piazze italiane. Sono così belli, puliti, cattolici e rassicuranti che piacciano alla mammma dell'asilo che non ce l'ha con i gay, ma questi ragazzi, signora mia, sono tanto buoni e cari... vuoi non dargli una mano? 
Piacciano anche alla nostra amica, quella della mail, che si preoccupa sul serio della salute dei suoi figli.

Vabbè, ma allora a cosa ti attacchi?
Mi attacco al fatto che le Sentinelle difendono un diritto a discapito di qualcun altro e questo non va bene. Perché difendono un diritto che non è nemmeno a rischio e questo è una provocazione, è un pretesto. 
E provocare non va bene perché fa incazzare e se tu vuoi fare incazzare qualcuno lo fai per due motivi: o ci trovi gusto, e allora sei un immaturo o sei malato, oppure perché speri che l'altro faccia qualche cosa che lo scredita agli occhi del mondo.
Insomma, voi dareste dei figli in mano a dei violenti?

Operazione geniale, devo dare atto. Semplice, immediata, stilisticamente ben riuscita.
Ma non ci sto, mi dispiace. Ho tolto anche il like alla pagina, tanto ormai ho capito (grazie a Barbara che mi ha fatto notare che non lo avevo ancora tolto)
La pensiamo in modo diverso. Sono sicuro che non vi dispiaccia; in fondo, non è per questo che lottate?

"Uomo bianco! L'ebreo sta usando il negro come muscolo contro di noi. Cosa vuoi fare, Uomo bianco? Startene con le mani in mano?"
"Io li odio i nazisti dell'Illinois" (The Blues Brothers)

venerdì 3 ottobre 2014

I dolori del giovane Father

Giovane?
Nemmeno troppo, a ben guardare.
Giovanile, diciamo.
Vabbé, lasciamo perdere.

Una delle cose che non ti dicono mai è che la paternità ti mina nel fisico. Proprio come la maternità.
Parlo di paternità attiva, chiaramente, mica del solo gesto di inseminare che quello, se natura non ti ha detto male, non richiede chissà che sforzo. 
Certo, non ti si dilata all'inverosimile la panza per nove mesi, non hai buchi atti ad uscita di oggetti di misure e forme non standard, ma ha comunque in serbo delle sorprese che nessun libro di testo riporta.
Oggi colmiamo questa lacuna.

  • La spalla dello spannolinatore. Sarà che ne avevo tre tutti vicini di età e che per un bel anno ci siamo sciroppati tre pannolini a cambio(quando arrivavo all'ecocentro gli addetti mi riservavano  il posto vicino all'apposito cassonetto al grido "xè qua queo dei panesèi") ma io a cambiar pannolini mi sono fottuto la spalla destra. Esattamente quella del braccio che tiene sollevato il bimbo per movimentarlo verso l'acqua e ritorno, si protende per prendere l'asciugamano dall'altra parte del  bagno, si allunga per afferrare la cremina che, cazzo, non mi ricordo mai di prendere, eccetera eccetera eccetera. Ha iniziato a fare male in quel periodo. Passerà, mi dicevo. Invece son due anni che i bimbi sono spannolinati e ancora mi sveglio di notte con il dolore se per caso faccio un movimento strano. 
  • La sindrome di Apollo. No, non quello delle palle di pelle di pollo, Apollo Creed, il primo mitico avversario di Rocky Balboa. Quando i bimbi diventano grandicelli, se sono un pelino agitatini, come i miei, ogni tentativo di avvicinarsi è un rischio di prendersi una randellata in faccia con il loro testone. Sono sul divano e devi infilare le antiscivolo? Testata! Ti giri per aiutarli a mangiare l'ultimo chucchiaio di minestra? Testata! "Papi, mi dai il bacino della buona notte? Si, amore" Sbam! Testata! 
  • Il Braccio Elasticman. Questo soprattutto se ne hai almeno due: "andiamo a vedere la giostra dei cavalli" "no, le macchinette". E uno tira di qua e l'altro tira di là. 
  • La sindrome "Un gancio nel cielo". Piccolo corollario:fino a qui le mamme potrebbero dirmi: "Bravo, ma credi di averceli solo tu questi problemi?" ed avrebbero ragione. La sindrome UGC invece è esclusivamente paterna. Si sa, i piccoli hanno bisogno che i padri siano un valido appoggio, che siano una certezza, un sostegno. Io pensavo dicessero in senso figurato. Invece no, cazzarola: partono di corsa e devono virare con decisione, o nascondersi dietro di te perché i fratelli li rincorrono, il terreno è instabile o sdrucciolevole (si può dire sdrucciolevole?) o anche solo un punto morbido dove tendere il braccio e frenare. Insomma. Quel Punto! Sempre lì, li nel mezzo, cantava Ligabue. 
Buon fine settimana a tutti.

ve lo ricordo Occhio al Nikio? Ma si, ve lo ricordo


mercoledì 1 ottobre 2014

Manoterapia non mi avrai

Vorrei che si ricordassero di me che da piccoli li portavo in piscina: si mangiava dei crackers in macchina, che era un cesso, durante il viaggio e poi ci si cambiava tutti assieme in spogliatoio, prima e dopo. Un biscotto comprato alle macchinette prima di ripartire verso casa.
Oppure che se c'era il sole ci si metteva le scarpe e si partiva per una passeggiata sul colle, a scoprire i pezzi di bosco dove, al limite, poteva ancora abitare un lupo, anche se non si è mai visto.
Anche che sapevo tutto di supereroi: poteri, colore del costume e relazioni con altri supereroi (oltre alle caratteristiche di tutti i villain).

Mi dispiacerebbe che portassero dentro il ricordo di un padre che li sculacciava, li sgridava, continuava a dire no a tutto, alzava la voce per qualsiasi sciocchezza.
Non è il voler bene, non c'entra qui. Il voler bene, anche se non scontato, non è in discussione, anche da parte loro.
Il problema è il tempo: quantità e qualità. A volte ho la sensazione di non poter puntare su nessuna delle due cose: la quotidianità è fatta di incombenze e le incombenze portano via tempo e stancano.
Parafrasando De Gregori direi che "non facciamo più fermate nemmeno per pisciare".
A conti fatti non corriamo neppure a casa senza pensare, non facciamo l'amore con le infermiere e non andiamo neppure a funghi. Vaffanculo anche il generale.
E così ci si ritrova a tavola, sfiniti, che il minimo capriccio fa saltare per aria e pure quando loro vorrebbero farti ridere ti viene da sgridarli.

Ho deciso che non sculaccerò più i bimbi. Oh, prima che qualcuno chiami i servizi sociali (se lo fate, in bocca al lupo), non è che io picchi i miei figli, ok?
Dicesi sculaccione il buffetto sul sedere, al quale loro di solito reagiscono con un "Neanche male! Gnecche ghecche gnecche!".
È questo il punto, capite?
Se non fa male non serve, e allora devi volergli far male e io non voglio.
Ho provato a fare un patto, allora: io non ti sculaccio più, ma tu ti devi comportare bene. Devi smetterla di fare la lotta con i tuoi fratelli, devi mangiare da solo senza capricci, devi piantarla di rompere tutto quello che ti passa per le mani, guai a te se la maestra mi dice ancora che ti ha messo in castigo perché tratti male gli altri.
Nessuna minaccia, solo una specie di gara: ci prova il papà e ci provate anche voi.
Oh, è incredibile: Non funziona!
Però ho la sensazione che la loro ammirazione sia maggiore e che sia una base su cui costruire. O forse mi sento semplicemente meno merda. Che comunque sulla merda non si costruisce di certo.
Non so, vi saprò dire.
A presto

Scrivo poco, anche perché mi sto allenando ed il tempo, come dicevo, è poco poco. Però questo non è un motivo per ridurre l'attenzione su Occhio al Nikio. La Venice Marathon ha deciso di aggiungere alla gara principale anche la 10 km e a noi della Folgorante sta cosa è piaciuta parecchio, così ci andiamo in tanti tanti e ci si divertirà un sacco. Chi non lo ha ancora fatto, faccia un giro cliccando su quel link lì sopra. Poi, se vi va, se potete e se volete, fate la vostra offerta. Anche se abbiamo raggiunto l'obiettivo che ci eravamo dati (abbiamo sottostimanto le nostre capacità), nel nostro cuore c'è ancora posto per farci stare anche il vostro nome e correre a Venezia tutti assieme.